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Noto Antica

Tra i ruderi di un passato glorioso che la speculazione edilizia non è riuscita a cancellare.

di Piero Buscemi - mercoledì 27 maggio 2015 - 3376 letture

Decidere di andare a visitare i ruderi della Noto Antica è una scelta sofferta. Le motivazioni possono essere tante. Si potrebbe considerare la scarsa segnaletica che indirizza il visitatore alla ricerca del sito. O magari, la poca pubblicità sulla località, visitando gli altri paesi della Val di Noto. Qualche turista, incontrato e intervistato per le strade nella Noto ricostruita dopo il terremoto del 1693, era del tutto ignaro dell’esistenza dell’antica città, posta a circa dieci chilometri di distanza da quella attuale. Altri ci hanno confessato di aver creduto fosse un quartiere antico della stessa città barocca.

Questa bonaria ingenuità trova motivazione su quanto i mastri scalpellini del Settecento, guidati dagli architetti netini, siano stati in grado di creare tra le vie che si snodano nell’attuale sito turistico, conosciuto in tutto il mondo. Effettivamente, l’architettura della città, manifestata dai mattoni "dorati" che accompagnano il turista dalla Porta Reale fino al Teatro Comunale, sono un ottimo biglietto da visita che colma la curiosità e la passione per il barocco più classico che, in questa cittadina, ha trovato una delle più significative espressioni.

Nonostante i tentativi maldestri di alcuni "artisti" moderni abbiano provato a intaccare questo patrimonio dell’umanità, rischiando di privarci del tutto della Cattedrale, oggi un ricordo indelebile del viaggiatore si concentra su questo bizzarro accostamento tra il monumento mistico e il più laico Palazzo Ducezio, che si affaccia sulle scale della chiesa. E’, però, il sito archeologico, conosciuto con il nome di Noto Antica, che raccoglie le testimonianze dell’insediamento umano in questi territori che, secondo i rilevamenti, lo fanno risalire al XVIII secolo a.C. al periodo del Bronzo antico.

Partendo dalla Porta Reale, dunque, abbiamo deciso di raggiungere i ruderi di Noto Antica, seguendo la SS 287, rigidamente con l’auto, essendo l’unico mezzo, in alternativa le due ruote o per i più volenterosi la bicicletta, per percorrere i circa dieci chilometri che la separano dalla città ricostruita dopo il terremoto. Con qualche difficoltà a seguire la scarna segnaletica, si giunge ad un bivio della SS 287 e, svoltando a sinistra si imbocca la SP 64 che conduce fino a destinazione. La strada provinciale non è delle migliori: diversi tornanti e strettoie quasi a senso unico alternato, l’ultima parte è leggermente in sterrato.

Ci accoglie uno slargo delimitato da una staccionata in legno sulla destra, che porta ad un agriturismo. Alla sinistra un muro di cinta dell’antica città fa da contorno alla Porta della Montagna, di fatto l’accesso principale al sito. Vi capiterà di incontrare un simpatico cucciolone meticcio di color bianco e con delle grosse orecchie pendenti, stile cane cocker. Con la coda in mezzo alle gambe, vi farà compagnia per un tratto tra le strade scoscese, per abbandonarvi senza preavviso e andare incontro ad altri visitatori all’ingresso.

Il primo rudere da visitare è rappresentato dai resti del castello, risalente al 1091 che, nonostante le ferite provocate dal terremoto e da qualche atto di vandalismo successivo, aggiungiamo noi, conserva il fascino e l’imponenza dell’architettura tipica normanna. Superato il castello, il percorso della visita è incentrato sulla percorrenza, quasi obbligata, di un sentiero che taglia in due la città. Ai lati, diversi alberi, tipici della macchia mediterranea, custodiscono il resto delle edificazioni distrutte.

Con un po’ creatività ricostruttiva, sarà possibile immaginare la magnificenza e l’abilità dei nostri antenati, manifestata già dalla planimetria del sito a "crocefisso", per dare un’idea della sua struttura, e con la testa rivolta a sud. Si potranno ammirare in sequenza: la Chiesa del SS. Crocefisso, l’Ospedale e Chiesa di S.M. di Loreto, il Palazzo Landolina, Piazza Maggiore, l’Edicola, l’Eremo di S.M. della Provvidenza. Dal percorso del sentiero principale, si diramano altri viottoli che conducono ad altri ruderi degni di attenzione, tra i quali segnaliamo il Convento dei Gesuiti, il Ginnasio Ellenistico, la Porta S. Margherita.

I vari ruderi, lo ribadiamo, conservano il fascino di un antico splendore che, per assurdo obbliga il visitatore ad una partecipazione attiva nella ricreazione dei vari palazzi e chiese. Il tutto, mescolato con le culture che, in circa tremila anni di storia, hanno trovato custodia in un sito che, sicuramente, meriterebbe maggiore attenzione e diffusione. Cominciando con un miglioramento della fruizione, spesso legata a iniziative occasionali organizzate con guide e accompagnatori.

Pur temendo il rischio di un eccessivo sfruttamento speculativo, sottolineiamo come l’ingresso è stabilmente incustodito, non prevedendo alcun biglietto per accedervi. I segnali turistici all’interno, che spiegano con brevi cenni storici cosa si sta osservando, avrebbero bisogno di una manutenzione che permettesse di recuperare le scritte dei cartelli, in alcuni casi, illeggibili.

Contrariamente a quanto di solito facciamo, quando ci occupiamo di visite turistiche sul nostro territorio bistrattato, in questo caso non correderemo l’articolo con immagini descrittive, auspicando che il lettore possa trovare valide motivazioni per soddisfare la propria curiosità e recarsi a Noto Antica, spinto solo da quanto contenuto nel testo.


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