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La memoria (in)efficace. Analisi di un tradimento

In pochi, quasi sicuramente, conoscono le vicende in cui è stata coinvolta la persona di Ignazio Modica, sacerdote ucciso a Casteldaccia la sera del 4 Dicembre 1921...

di g.c. - mercoledì 11 settembre 2024 - 1172 letture

A distanza di un mese e a seguito di alcune affermazioni echeggiate anche nella seduta del Consiglio Comunale di Casteldaccia del 5 Agosto 2024 desidero contribuire, da cittadino, collaboratore parrocchiale e studioso, a fare chiarezza sul "caso padre Modica". In pochi, quasi sicuramente, conoscono le vicende in cui è stata coinvolta la persona di Ignazio Modica, sacerdote ucciso a Casteldaccia la sera del 4 Dicembre 1921: un prete, ma ancor prima un uomo, che ha creduto e vissuto autenticamente la lotta contro le ingiustizie sociali e la prevaricazione opprimente dei più forti sui più deboli. Una storia ancora piena di zone d’ombra, tutta da ricostruire, ma che merita, certamente, una maggiore e sincera attenzione.

Ciò che desidero chiarire, naturalmente, non sono gli eventi più o meno certi che ruotano attorno a questa triste vicenda, piuttosto le inesattezze contenutistiche di chi - con pretese del tutto infondate - ha creduto e continua a credere, forse ingenuamente, di farne memoria, vantandosi di aver tirato fuori dall’oblio questa figura indicandola - nonostante non lo sia stata e non lo è - la “prima” vittima di mafia casteldaccese.

Questo è, evidentemente, e non può che essere così, il frutto di una mancata ricerca storica. Ed è per questo che una memoria che si fonda sulla non-conoscenza rispetto al come sono andate le cose, e quindi della storia, non può dirsi che in-efficace. Ma ancor di più, quando la non-conoscenza dei fatti si somma alla totale assenza di desiderio di comprensione rispetto alle questioni storiche, politiche, sociali, ecclesiali e culturali del tempo e del luogo, si viene a costruire una narrazione che non corrisponde, per niente, alla realtà effettiva.

Vorrei che si comprendesse, perché il rischio c’è ed è stato evidentemente sottovalutato, che fare memoria è tutt’altra cosa e, a tal proposito, mi piace riportare la risposta del pensatore francese Paul Ricœuer ad un’intervista di F. Ewald. Alla domanda che cosa significa avere la memoria/fare memoria Ricœuer risponde proprio così: «Col tempo noi cambiamo. Come posso restare lo stesso attraverso il cambiamento? La coscienza di sé non è un’identità invariabile. Al contrario, si tratta di una “identità narrativa”, costruita cioè nel cambiamento. Per questo occorre che io abbia conservato qualcosa del passato per poter costruire con le sue tracce, legarle le une alle altre in un orizzonte di progetto. Non si può separare la memoria dal progetto e quindi dal futuro. Noi ci troviamo sempre nel riepilogo di noi stessi, la volontà di dare un significato a tutto ciò che ci è capitato, e la proiezione nelle intenzioni, nelle aspettative, nelle cose da fare» (Intervista di F. Ewald a P. Ricœuer in “Corriere della Sera”, 9 Settembre 2000).

Credo che Ricœuer è abbastanza chiaro. Avere la memoria, fare memoria significa anzitutto conservare (naturalmente, dopo aver cercato e trovato!) qualcosa del passato e, attraverso la sua traccia, essere in grado di pensare al futuro, progettandolo. La memoria non è separabile da un progetto e quindi dallo stesso futuro in cui essa è e dovrebbe essere inserita. Questo, come parrocchia, ma non solo, lo avevamo ben compreso.

Per tale motivo, infatti, e per una maggiore consapevolezza, desidero riportare cronologicamente gli eventi principali che hanno caratterizzato il progetto/percorso in memoria di padre Modica che abbiamo fin ora affrontato.

Tra il 2018 e il 2020, dopo anni di silenzi e imbarazzi omertosi, se così vogliamo definirli, sul piano sia civile sia ecclesiale, abbiamo iniziato ad interrogarci, all’interno della parrocchia, sulla causa (o le cause) che hanno portato all’uccisione. Il desiderio di fare chiarezza e di portare avanti una causa di verità, quasi di riconoscenza, rispetto alla figura di padre Modica, ucciso dalla mafia in prossimità del sagrato della chiesa Madre, era necessario e questo, il parroco di allora, don Salvatore Pagano, impregnato di una certa sensibilità, lo aveva compreso. Nell’archivio parrocchiale, purtroppo, sull’omicidio Modica non esisteva nessuna carta, nessun documento che poteva dirsi fonte storica attendibile. Abbiamo compreso, dunque, che la ricerca doveva essere condotta al di fuori delle nostre mura. E qualcosa, seppur con non poca difficoltà, legata poi anche all’insorgenza della pandemia da Covid- 19, si è riuscita a recuperare.

Nonostante l’assenza di fonti e documenti storici, ad ogni modo, il 4 Dicembre di ogni anno padre Modica veniva comunque ricordato durante la Santa Messa e, nell’occasione, veniva dedicata una Messa in suffragio per tutte le vittime di mafia. È chiaro che non ci si poteva spingere oltre ma si stava già lavorando, come comunità, ad una solenne commemorazione in vista del Centenario.

Nel 2021, nonostante la lenta e ostacolata ripresa dal periodo pandemico e il cambio del parroco avvenuto proprio a Settembre dello stesso anno, le iniziative vengono portate avanti e, sempre con il proposito di celebrare il Centenario dall’uccisione (1921-2021), la parrocchia indirizza una lettera formale dove si chiedeva, a chi di competenza, un ripristino dello spazio che interessava l’arco adiacente alla chiesa Madre, luogo da dove partirono i colpi d’arma da fuoco che ferirono e poi uccisero padre Modica. Il ripristino era funzionale per poter procedere poi alla posa di una lapide commemorativa che era già in lavorazione. A questa richiesta, però, non è mai seguita una risposta.

Il Centenario è stato, pur senza lapide, celebrato dalla comunità parrocchiale che ha risposto positivamente alle iniziative organizzate e proposte durante quel periodo.

Tra il 2022 e il 2023, la parrocchia, anche su mia iniziativa, ha continuato a proporre catechesi mirate, incontri e presentazioni di libri i cui temi erano certamente compatibili con la vicenda di padre Modica. Eventi che hanno permesso, fattivamente, la creazione di un vero e proprio spazio di riflessione e di dialogo aperto a tutti e a tutte.

Tra questi vorrei in particolar modo ricordare due appuntamenti significativi: (1) la presentazione del volume pubblicato da padre Francesco M. Stabile, La chiesa sotto accusa. Chiesa e mafia in Sicilia dall’unificazione italiana alla strage dei Ciaculli (Il Pozzo di Giacobbe, 2023) avvenuta a Febbraio del 2023 e in collaborazione, anche, col Centro Studio Pio La Torre, e (2) la presentazione del volume su padre Pino Puglisi di Augusto Cavadi e padre Cosimo Scordato, Padre Pino Puglisi. Un leone che ruggisce di disperazione (Il Pozzo di Giacobbe, 2023) avvenuta proprio il 4 Dicembre del 2023. Questi, come altri, sono esempi concreti di un interesse incessante e coerente della parrocchia che non si è esaurito, così come in altri casi, subito dopo il Centenario. La memoria non può essere un rito, deve saper essere di più e in questa direzione abbiamo desiderato camminare.

Ma è con grande rammarico che padre Modica viene ancora una volta ucciso, vorrei credere involontariamente, quando, a distanza di circa due anni, e più precisamente nel 2023 - nonostante la richiesta scritta nel 2021 e inviata dal parroco don Salvatore Scardina - per una improvvisata “riqualificazione urbana”, il luogo che poteva diventare il luogo-simbolo in memoria di padre Ignazio Modica è stato occupato da alcune opere artistiche di diversa natura e provenienza che, di certo, potevano trovare altra destinazione. Quello stesso spazio è stato poi intitolato - con tanto di mattonella - “arco degli artisti” (pur senza essere davvero diventato tale). Possiamo forse parlare di damnatio memoriae? Certo che sì. E, come afferma Calvino nelle sue Lezioni americane (Milano, Mondadori, 1993, p. 103), «La memoria è ricoperta da strati di frantumi d’immagini come un deposito di spazzatura, dove è sempre più difficile che una figura tra le tante riesca ad acquistare rilievo». È proprio vero.

Tra la fine del 2023 e fino a qualche mese fa, infine, un giovane consigliere, Presidente della IV Commissione Consiliare Permanente, riprendendo l’istanza del 2021 e gettando un seme di speranza, tenta di lavorare sinergicamente all’interno del Consiglio per giungere ad una soluzione che dia merito al percorso realizzato dalla parrocchia. La soluzione, poi dovuta confluire (addirittura!) in una mozione, cercava di mettere insieme quel primitivo desiderio della comunità parrocchiale con l’arroganza di chi si attribuisce una paternità di iniziativa che non gli appartiene.

Solo adesso, a distanza di qualche anno, e dopo che la Commissione Consiliare Permanente ne ha discusso arrivando a un voto favorevole all’unanimità rispetto alla richiesta del 2021, viene tirata fuori, calata dall’alto, una proposta di intitolazione di un parcheggio, da adibire a piazza, con tanto di lapide. Ancora una volta, seppur con un’iniziativa in sé lodevole, ci si allontana, coscientemente, dal luogo-simbolo che è e rimane l’arco adiacente alla chiesa Madre.

A Casteldaccia, dunque, e soprattutto in certi ambienti, pare che si soffra di presentismo, malattia della società e della cultura definita anche come “crisi della dimensione temporale”. Il tempo non viene più percepito nella sua evoluzione dal passato verso il futuro, ma si ha, invece, una immersione a-temporale nel presente ed una percezione del passato come se fosse costituito da tanti diversi momenti, tanti attimi separati l’uno dall’altro, frammenti di un insieme che appaiono privi di coerenza e di un filo conduttore. Ed è proprio la mancanza di questo filo conduttore che crea smarrimento e fa sì che la bellezza di una comunità inserita nella storia si perda in un presente senza senso perché senza progetto.

E dunque, cosa resta da dire? Quello che manca è certamente la volontà, ma anche la capacità di progettare il futuro, che scaturisce, come piaceva dire a Paul Ricœuer, dalla consapevolezza di ciò che abbiamo alle spalle, per sostenere e caratterizzare il progetto che vogliamo realizzare avanti a noi. E allora, cosa vogliamo realizzare? Sta a noi decidere.

La lotta antimafia, così come le tante altre lotte a cui siamo chiamati giorno dopo giorno, non può essere fatta solo di parole. Deve essere fatta di studio, di proposte, di sacrifici e deve mettere in conto anche qualche rischio.


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