Una sintesi da Casteldaccia in attesa della 42° Marcia Antimafia Bagheria-Casteldaccia
Si è tenuto lunedì scorso, a Casteldaccia, l’ultimo Consiglio Comunale straordinario in preparazione (e a sostegno) della 42° Marcia Antimafia Bagheria-Casteldaccia.
Non potevo certamente esimermi a proporre una sintesi/riflessione e questo (almeno!) per tre ordini di motivi: (1) perché in quanto cittadino casteldaccese mi sento pienamente e particolarmente coinvolto; (2) perché i temi dibattuti, come sa bene chi mi conosce, sono a me cari; (3) per provare a chiudere il cerchio aperto con la sintesi pubblicata qualche settimana fa (chi vuole, può rileggerla qui https://www.girodivite.it/Una-sintesi-da-Bagheria-in-attesa.html) in riferimento al primo Consiglio tenutosi a Bagheria.
Ad aprire la seduta il presidente del consiglio Roberto Russo che con una breve introduzione - oltre a ricordare il punto all’ordine del giorno - ribadisce, come di rito, l’impegno dell’Amministrazione attuale rispetto alla lotta alla mafia. “Ognuno di noi - afferma - deve esprimere il proprio grido, facendo la propria parte.”
Primo intervento quello del sindaco Giovanni Di Giacinto che pone all’attenzione dei presenti come “la mafia sia una questione culturale e che è necessaria una discontinuità - a tutti i livelli - rispetto al passato”. Si dice inoltre soddisfatto, dopo ventidue anni di attesa, per l’avvenuto e recente abbattimento della villa confiscata a Filippo Marchese (detto Fifuzzu), volto noto della criminalità organizzata che rappresentò una risorsa preziosa per i corleonesi soprattutto durante la Seconda guerra di mafia tra il 1981 e il 1982. Un dato, questo, certamente positivo ma che pone adesso (o almeno dopo la riqualificazione dell’area) un interrogativo rispetto al futuro utilizzo.
A seguire l’intervento del presidente emerito del Centro Studi Pio La Torre Vito Lo Monaco che sottolinea come la mafia sia un fenomeno tutt’oggi esistente (e i numerosi arresti avvenuti qualche giorno fa ne sono un chiaro segno) e che continua ad operare, prolificando nel tessuto sociale e influenzandone le scelte. Ed è facendo riferimento alla storia del nostro paese - e in particolar modo richiamando alla memoria la figura di padre Ignazio Modica, prete ucciso nel 1921, e quella di Andrea Raia, sindacalista ucciso nel 1944 - che ribadisce come “il parlare di questi fatti significa parlare di noi stessi”, in un orizzonte di reale consapevolezza e presa di posizione/coscienza a cui tutti, nessuno escluso, siamo chiamati. Vito, infine, si definisce preoccupato per lo stato attuale della nostra democrazia che, in maniera sistematica, viene minacciata da scelte e azioni politiche che non assicurano più, come prima, una positiva lotta alla criminalità organizzata e alle mafie in particolar modo.
A seguire l’intervento del presidente della Commissione Regionale Antimafia on. Antonello Cracolici che auspica - ribadendo quanto detto da Vito in precedenza - ad una maggiore consapevolezza non solo della memoria storica, fondamentale anch’essa, ma dell’oggi. Ciò che deve essere rilanciata è la consapevolezza poiché, ciò che ha fatto forte la mafia non è la mafia (in sé) ma l’indifferenza della gente. “Oggi, più di ieri - afferma l’on. Cracolici - dobbiamo coltivare, metterci l’acqua nella pianta della reazione civile, questa (stessa) reazione civile.”
Positiva la partecipazione di padre Cosimo Scordato e padre Francesco Michele Stabile, preti e protagonisti del primo Coordinamento Popolare Antimafia nato proprio a Casteldaccia; autori, da sempre impegnati, di studi e proposte concrete per la lotta alla mafia. L’appello dei due religiosi è chiaro: fare resistenza al fenomeno mafioso, in primo luogo sul piano culturale (sostenendo il dialogo) e lavorare affinché la coscienza si modifichi e guardi con fedeltà alla dignità che individualmente, e non solo comunitariamente, ci appartiene.
A seguire diversi interventi (talvolta ripetitivi) di consiglieri e referenti di varie realtà civili presenti in aula. Ne riporto, per coerenza testuale, nota.
Salvatore Manzella che ha ricordato, citando alcuni “fatti eclatanti”, come l’attuale Amministrazione sia da sempre impegnata rispetto a questi temi; Pippo Pinello che ha affermato quanto la lotta alla mafia debba essere un modus vivendi, uno stile di vita e le amministrazioni, in questa direzione, “devono porsi a servizio e mai padroni”; Giuseppe Di Giacinto che ha proposto una riflessione rispetto alla questione mafia, alla sua lotta, e al contributo di prevenzione che gli organismi comunali possono attuare guardando anche alle normative di cui disponiamo oggi; Nino Amato che, richiamando l’articolo 3 della nostra Costituzione, si dice preoccupato per l’avanzare di una regressione politica che danneggia il fare politico e l’espressione, oltre che della magistratura, della nostra stessa democrazia; Maria La Monica che ha ribadito, nella sua posizione di assessore alle politiche sociali, quanto sia fondamentale il compito degli amministratori rispetto alla lotta alla mafia e alla cultura della legalità e della trasparenza. “Più le comunità sono sane - afferma - più il fenomeno mafioso non trova spazio per insinuarsi”; Giuseppe Piazza che anche lui ribadisce come “l’Amministrazione Di Giacinto” ha da sempre fatto lotta alla mafia; Pino Fricano che ha ricordato quanto, nonostante le capacità e le risorse umane di noi siciliani, la mafia non abbia permesso, nel tempo, uno sviluppo di molti siciliani nella propria terra. “L’antimafia - afferma - è l’azione di ognuno di noi”; Anna Manzella che ha espresso il suo fermo sostegno alla marcia; Mariapia Di Salvo, vice sindaco, che si è associata a quanto detto in precedenza dai colleghi e tiene a precisare che questo è il secondo Consiglio Comunale aperto in preparazione alla marcia. “Noi siamo l’Amministrazione - afferma - che ha sempre combattuto la mafia con i fatti e non con le parole. Abbiamo avuto sempre posizioni chiare.” L’intervento a favore della marcia si è trasformato in poco tempo, tra le altre cose, ed era inevitabile, in una occasione propizia per ricordare le “azioni concrete” fatte dall’Amministrazione; Antonella Aquilino che, in qualità di assessore alle politiche giovanili, ritiene opportuno sensibilizzare i giovani rispetto a questi temi; Susanna Liga che si è detta “gioiosa” per l’abbattimento della, più volte citata, villa Marchese. “La vera sfida adesso - afferma - è costruire un dialogo aperto coinvolgendo tutta la comunità.”
A questi ultimi interventi si aggiunge quello di Giovanni Taibi, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo locale, che ha ricordato quanto la marcia sia un’occasione unica per educare i giovani ai valori della giustizia e della solidarietà e che si affianca alle altre attività già organizzate dall’Istituto durante tutto l’anno. A seguire l’intervento della professoressa Gisella Farina, referente alla Legalità, che ha rafforzato l’importanza della partecipazione a questo evento, ricordando ai ragazzi che fuori c’è un mondo che li aspetta e loro sono chiamati a fare delle scelte. A seguire due alunne hanno espresso un breve pensiero.
E poi, ancora: Antonino Lo Coco, in rappresentanza di Confcommercio, che ha affermato quanto la mafia ha bisogno delle aziende per fare business; Giuseppe Marchesini, in rappresentanza della CGIL, che ha ribadito l’impegno del sindacato e la partecipazione attiva alla marcia; Antonio Maggiore, in rappresentanza della Consulta Giovanile di Casteldaccia, che ha ricordato - ancora una volta - come la memoria da sola non basta; Alessandro Miranda, in rappresentanza della CISL, che si dice "a supporto" della marcia antimafia; Rosalba Ventura, in rappresentanza dell’Azione Cattolica di Casteldaccia, che ha ribadito come la stessa, in Italia, è da sempre impegnata contro la mafia e le violenze. “Il primo obiettivo di un socio di Azione Cattolica - afferma - è quello di essere buon cittadino”; Paola Russo che si augura di riuscire a “debellare” la mafia; Vittorio Panno, infine, che si trova d’accordo con gli interventi che lo hanno preceduto e riporta alla memoria - oltre gli eventi storici di cui Casteldaccia è stata protagonista negli "anni forti" - l’oggi. “Dobbiamo costruire - afferma - un muro di democrazia.” Dopo di lui, il Consiglio Comunale viene ufficialmente sciolto.
Insomma: che dire? Tante belle parole sono state spese a favore della marcia e per la lotta contro le mafie ma dopo - almeno per la maggior parte degli intervenuti - che rimane? E non solo dopo ma prima e durante, cosa è stato? L’azione, per così dire dell’Essere (e non del dire e/o del dire di aver fatto) deve continuare ad esserci facendosi tutt’una con le cose di ogni giorno; diversamente, le parole enunciate, molte delle quali banali e palesemente di circostanza, perdono della loro dignità. Ed è questo, infatti, il motivo per cui quando il pensiero, gli impegni e le responsabilità non sono in sintonia con l’essere pienamente (e non a fare) antimafia che risulta difficile credere a quanto è stato stra-detto. La gratificazione e l’impegno non deve fermarsi all’abbattimento di un bene confiscato alla mafia - azione anch’essa importante - ma deve derivare anzitutto dalla coerenza tra il risultato delle azioni e il resto (infinitamente più grande) della vita politica e personale di ognuno di noi. L’abbattimento è sì un segno tangibile di contrasto ma non pone Amministrazione, Comune o Comunità - qualunque essa sia - in una posizione di virtuosa, sincera e coerente antimafiosità. Ed è allora che siamo chiamati ad un rinnovamento autentico del crederci con coscienza che non può certamente presentarsi solo qualche giorno prima della Marcia: facendo di essa un mezzo di espressione sterile e, in-coerentemente, di parte. Chi dirà mai di non essere antimafia? A voi la risposta.
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