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Darkside

Radiodramma di Tom Stoppard sul più famoso album della storia del rock.

di Piero Buscemi - giovedì 2 gennaio 2014 - 7485 letture

Quando un disco rock può essere considerato un’opera teatrale? Sotto l’aspetto puramente musicale, molti album realizzati dai Pink Floyd meriterebbero questo riconoscimento. Sin dai tempi di Ummagumma (1969), la struttura narrativa, accostando la musica all’arte letteraria, si basa su un filone logico unico che non può essere compreso, scollegando tra loro i titoli dell’intero 33 giri, come se fossero frammenti completi e a sé stanti.

Occorre di più per addentrarci nel mondo psichedelico di oltre quaranta anni di vita artistica del gruppo. Occorre comprendere il significato intrinseco di quei pezzi fiume, quali Echoes o Shine on you crazy diamond, che occupavano intere facciate di quegli storici vinili, senza alcuna contaminazione minacciata da un qualsiasi solco divisorio. Erano, usiamo impropriamente il termine “canzoni”, che pur dando l’illusione di essere state concepite come improvvisazioni musicali con lo scopo di sedare i voli LSDizzati dell’epoca, integrate alle altre “canzoni” degli LP (long playing), costituivano in effetti un’opera unica dove solo l’ascolto attento e continuo, interrotto forse solo dall’obbligo di capovolgere il vinile per far solcare dalla puntina il lato B, permetteva di assorbire l’intero messaggio che quelle sonorità nascondevano.

Un discorso a parte meriterebbe il disco The Dark Side of the Moon, per il quale di recente si è ricordato il quarantennio dalla prima uscita (1973). Le tracce di quel disco rimarranno per sempre nella mente di chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo all’epoca e per le generazioni nuove è consigliabile l’approccio diretto con il vinile originale, magari con una buona dose di fruscio e una cuffia stereofonica alle orecchie.

darksideTom Stoppard ha voluto fare di più, rendendo omaggio ai Pink Floyd realizzando un radiodramma dal titolo scontato Darkside, commissionato dalla BBC Radio 2 per conto del direttore musicale Jeff Smith. Trasmesso alla radio la prima volta il 26 agosto 2013, è errato definirla una trasposizione del mitico album, perché in effetti dai testi scritti da Roger Waters, il celebre drammaturgo inglese ha esternalizzato la prosa che le liriche del disco gli hanno ispirato.

Il filo conduttore è lo stesso. La follia umana, autodistruttiva, mistica e opportunistica, metaforizzata dal personaggio Pink, che accompagnerà l’intera carriera musicale di Roger Waters fino a The Wall, nel radiodramma di Stoppard si fonda in un dialogo onirico sul quale adagiare le sonorità di un disco, considerato commerciale dai critici dell’epoca ma gelosamente conservato anche da quest’ultimi, dove pezzi come Breathe, Time, Money o Us and Them, cullano l’ascoltatore davanti al proprio dramma esistenziale, che è poi quello del mondo, da almeno un paio di millenni.

Se, come abbiamo visto, i Pink Floyd avevano creato Pink per impersonare le allucinazioni e le disillusioni dell’essere umano, Stoppard sgretola questa unica personificazione e l’affida a nove personaggi che, alternandosi nei ruoli di vittime e inquisitori, crollano sui loro stessi giudizi del mondo e la loro folle ricerca del Bene e dell’essenza della vita. Crollano, davanti alla consapevolezza che Juggler, metafora del giocoliere della vita, o forse di Dio, o addirittura del fato, continua a prendersi gioco di noi, illudendoci di poter seppellire le nostre paure nel Lato Oscuro della Luna.

E allora, “And all that is now/And all that is gone/And all that’s to come/And everything under the sun is in tune/But the sun is eclipsed by the moon”, i versi conclusivi di Eclipse che accompagnano il dialogo conclusivo del dramma di Stoppard, quando la lirica del disco si unisce ai personaggi, appaiono più di una sentenza su una visione realistica del mondo. Nonostante l’esortazione di Emily (chissà se il nome del personaggio voglia rendere omaggio a Syd Barrett, fondatore con Waters del gruppo) lasci all’ascoltatore l’unica responsabilità su come gestirsi la speranza: “Do you believe in the juggler? When you hear the bell, it’s time to go in”.


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