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D5: colpito ed affondato

Forse lo sport non è morto, insieme alla disperazione di Pantani, quel 14 febbraio del 2004. Forse, è risorto centinaia di volte. In altre falsità ed opportune necessità.

di Piero Buscemi - mercoledì 14 febbraio 2007 - 2999 letture

Non lo dimenticheremo mai. Quel volto colorato di protagonismo necessario. Lo stesso che apre le porte di un altro sistema, dagli indiscutibili compromessi. Regole ferree, che chiudono in contro tendenza, gli ingressi alle domande.

Accettarli o respingerli diventa superfluo, quando stai già dentro all’ingranaggio e la mente non è fatta più soltanto per pensare. Innocente è il silenzio, però. Come in tutte le cose. Come nell’omertà di chi sa, ancora oggi, ma è più prudente tacere.

Eppure, il destino di quel volto, al quale non occorre dare un nome perchè il 14 febbraio è una data che ha scavalcato una ricorrenza da innamorati. Si, quel destino si è unito e confuso con altre storie, che è difficile o ipocrita, chiamarle di sport.

Storie che abbiamo visto fuggire sulle piste di tartan, scheggiate ed oltraggiate da un velocista canadese, che avevamo anche dimenticato. Ma Ben Johnson si è ricordato di noi, da quel lontano 1988 e dal suo record sui 100 metri. Contraffatto da altre fughe al doping. Ricordiamo una catena d’oro che batteva, in meno di dieci secondi, su gonfiati pettorali. Per riposarsi sulla pelle nera della sua Ferrari.

Adesso Ben Johnson è tornato di moda. Ha chiesto ed ottenuto una riabilitazione da trainer per altri velocisti. Speriamo più puliti e meno disposti a seguire il suo esempio. E accanto alla sua, ci è apparsa la storia di un sorriso scugnizzo, che si rifletteva su una ampolla di vetro di dubbia natura e che vedemmo qualche anno fa, in un video amatoriale. Dimenticata anche lei nello spettacolo, che è continuato senza altre domande contraffatte. Esploso nella notte di Berlino. A braccia alte e baci da dispensare agli astanti. Ma Fabio Cannavaro ci ha anche regalato una Coppa del Mondo e messaggi di speranza per Scampia e Secondigliano.

Noi siamo rimasti, ingenui, a scavare una verità consegnata a metà. Tra altre storie di doping e squalifiche temporanee. Sufficienti per dimenticare e ricominciare. Siamo rimasti a domandarci l’autenticità di un risultato sportivo. Di calcio, di ciclismo o di atletica. Dimenticando altre discipline, meno inclini al fenomeno mediatico. Poi, ci hanno regalato un’altra fiction alla tv e un’altra falsa ombra sulla vita di Pantani.

Noi abbiamo spento la televisione per aspettare, ancora una volta, il 14 febbraio. Molti, per ricordare un amore. Noi, per non dimenticare il numero di una stanza d’albergo e il volto triste del Pirata.


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D5: colpito ed affondato
15 febbraio 2007

Poveretto Pantani, uno sportivo onesto, non aveva mai preso anabolizzanti....mai preso droghe....proprio non si spiega come sia morto in questa maniera........