6,25... record del mondo
Duplantis, l’atleta che... vola in alto
La disciplina sportiva regina delle Olimpiadi, da sempre, è stata considerata l’Atletica Leggera. All’interno di questa disciplina, poi, la gara dei 100 metri è quella che riscuote maggiori spettatori.
C’è una specialità, però, che costringe a rimanere con il naso all’insù, non solo metaforicamente, che lascia in apnea lo spettatore in quei pochissimi secondi dell’esecuzione dell’atleta, che ognuno dentro di sé sognerebbe di provare ad affrontare almeno una volta.
Ci riferiamo al salto con l’asta, una specialità che per anni è stata identificata come una sorta di spartiacque invalicabile tra uomo e donna, nella quale quest’ultima non era considerata particolarmente prestante e tecnica per poterla praticare. Per anni la scusante principe per non introdurla nei meeting internazionali, è stata quella organizzativa che avrebbe impegnato gli organizzatori a tour de force maggiore, vista la durata media molto lunga di queste gare che, spesso, chiudono in tarda serata le competizioni. Solo negli ultimi 30 anni, smentendo di fatto qualsiasi teoria ostativa, è entrata ufficialmente nel programma delle competizioni internazionali, grazie anche allo sguardo più attento ed emancipato della federazione cinese di atletica leggera, seguita qualche anno dopo da quella tedesca, che ha costretto la Federazione Internazionale a ufficializzare i record conseguiti dal 1994 in poi.
Che il salto con l’asta sia una delle discipline più tecniche in assoluto, è innegabile. I requisiti per poterlo praticare vanno da una velocità degna dei migliori centometristi e non è raro che gli astisti siano in grado di non sfigurare accanto agli specialisti dei 100 metri. Altro requisito è la potenza muscolare del busto e delle braccia che sono la parte del corpo che lavora di più per caricare l’asta che proietterà l’atleta in alto. Non ultimo, una buona, anzi ottima, predisposizione a quell’agilità ginnastica che consente all’atleta lo scavalcamento dell’ostacolo con una sorta di piroetta su se stesso, cadendo nel vuoto da altezze medie di 6 metri, con il materasso giù ad ammortizzare la caduta.
Il salto con l’asta ha avuto storicamente i suoi protagonisti, degni di un palcoscenico circense, disposti a sbalordire il pubblico presente e, certamente, se stessi. Sempre pronti a porsi nuovi limiti da superare e mai paghi dei successi conseguiti. Negli anni abbiamo avuto dei veri e propri idoli, con i loro personali nomignoli, le personali preparazioni al salto, le movenze ed anche i tic scaccia tensione.
Spesso dominatori in assoluto per anni, lasciando agli altri concorrenti le briciole di un successo e l’arrendevolezza di chi deve prendere coscienza dei propri limiti davanti alla classe e la potenza di questi "mostri" della disciplina.
Non andando troppo il là con il tempo, uno dei protagonisti assoluti è stato Sergej Bubka, l’uomo che ha idealmente unito la storia di Russia e Ucraina, avendo rappresentato entrambe le due nazioni, con i suoi straordinari 35 record del mondo infranti. Le sue epiche gare contro un rassegnato Thierry Vigneron, il talentuoso astista francese che le provò tutte per contrastare il dominio di Bubka, addirittura fumando con nonchalance tra un salto e l’altro, quasi a esternare un atteggiamento guascone e irrispettoso degli avversari.
Gli anni recenti sono quelli di Armand Gustav Duplantis, soprannominato Mondo. Un atleta svedese con il suo sguardo quasi spento e trasognato, pettinatura da attore degli anni ’40. In comune con Bubka, una freddezza glaciale, non giustificabile soltanto con il clima tipico delle nazioni rappresentate. E poi la sua insaziabile voglia di migliorarsi.
Quando scende in pedana Duplantis, qualsiasi avversario sa che, a meno di una giornata storta del campione, potrà lottare eventualmente per il secondo posto. Da anni ormai centellina i suoi salti con cadenza regolare e, mentre gli altri concorrenti sono già a ripetuti tentativi alle varie altezze per continuare la gara, con falsa modestia, rigido, impassibile, lo vediamo prendere la rincorsa, imbucare l’asta e volare oltre l’asticella con un margine di almeno 40 cm superiore alla misura affrontata.
Ed è così che, mentre gli avversari se la giocano fino all’estremo terzo tentativo, con un paio di salti Duplantis conduce già la classifica. Ieri sera, durante la finale olimpica di Parigi 2024, la compagine dei partecipanti era quanto di meglio si possa avere in campo internazionale per questa disciplina.
Quattro atleti sopra i 5,90 che non è mai una misura scontata, altri quattro sopra i 5,80 hanno evidenziato una gara ad altissimi livelli, come del resto le Olimpiadi esigono da qualsiasi partecipante che abbia l’onore di trovarsi lì con l’orgoglio di poterlo ricordare negli anni a seguire.
Duplantis ha usato la stessa implacabile sequenza di salti: 5,70 - 5,85 - 5,90 - 5,95 - 6,00. Una sequenza che, se da un lato esalta l’adrenalina dei concorrenti, dall’altro inibisce qualsiasi ambizione di occupare il primo gradino a fine gara.
Lasciati a quote più "umane" gli avversari più quotati, dallo statunitense Sam Kendricks fermatosi a quota 5,95 al greco Emmanouíl Karalís con la misura di 5,90 che hanno determinato il podio finale, Duplantis ancora fresco e pimpante, non poteva perdere l’occasione per provare a rendere superlativa questa sua partecipazione olimpica.
Quale migliore modo se non provare il record del mondo, per lasciare inchiodati gli spettatori sugli spalti, pronti con i cellulari in mano a portarsi a casa il ricordo della serata.
Come un copione scritto da un regista teatrale, il campione svedese ha affrontato la misura di 6,25 con l’intenzione di ritoccare il suo primato di 6,24 stabilito ad aprile in Cina. Primo tentativo che ha fatto aumentare le pulsazioni degli astanti, sfiorato di poco con l’asticella che solo all’ultimo ha negato la prestazione. Secondo tentativo che ha diffuso la sensazione di un inevitabile fallimento, nettamente mancato dallo svedese.
Il terzo è storia. Provate a immaginare di lasciarvi andare nel vuoto da un’altezza di oltre due piani di un palazzo. Con gli occhi sbarrati sull’asticella, imprecando forse anche in svedese, che faccia la sua parte rimanendo incollata ai supporti. Guardare un attimo verso l’alto e prendere coscienza di quanto appena fatto. E poi correre, correre, correre e urlare... sì, lo possiamo solo immaginare, se il nostro nome non è Armand Gustav Duplantis.
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