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Bentornata Simona!

6-3/2-6/6-3 è il risultato finale del torneo femminile di tennis di Toronto, concluso con la vittoria di Simona Halep ai danni di Beatriz Haddad Maia.

di Piero Buscemi - domenica 14 agosto 2022 - 2337 letture

Il tennis conserva il suo fascino dopo tantissimi decenni grazie anche all’imprevedibilità del risultato finale, qualsiasi sia il punteggio della partita in un dato momento dell’incontro. Addirittura è stato più volte provato che non occorre neanche vincere il numero maggiore di punti, o di quindici se preferite, per aggiudicarsi la vittoria e, più di quando si possa immaginare, molti successi si realizzano con la vincita dei punti importanti e decisivi.

Una simile situazione la si può vivere anche in altri sport, pensiamo alla pallavolo o alla pallacanestro, ad esempio. Tornando a parlare di tennis, questa regola mai scritta diventa un percorso obbligato e uno sviluppo quasi scontato, quando da una parte della rete possiamo vedere giocare la rumena Simona Halep.

Questa sua caratteristica di approccio alle partite, questa sua eterna fragilità emotiva nonostante una lunga carriera che la vede, alla soglia dei trentuno anni il prossimo 27 settembre, con una bacheca già degna per essere iscritta nella storia di questo sport come una delle tenniste più forti degli ultimi decenni, non bastano ad averle sviluppato il carattere vincente, forse anche arrogante, ma certamente necessario che questo sport impone per raggiungere certi risultati e con una certa continuità.

Confrontata con altre protagoniste del circuito femminile della WTA, appare sempre come un’atleta vulnerabile e pronta a crollare in qualsiasi momento della partita, anche quando il vantaggio è così netto da concederci un attimo di distrazione tra un cambio di campo e l’altro. Accade spesso che, mentre diamo per scontato un risultato acquisito dalla rumena, ci siamo ritrovati a commentare un’incredibile sconfitta che sconvolge qualsiasi bozza di articolo, imbastito durante la partita.

L’incredulità della stessa campionessa rumena, quando ha avuto occasione di sollevare al cielo il trofeo della vincitrice, occasione tra l’altro che ha potuto vivere anche su palcoscenisci prestigiosi, quali Wimbledon, Parigi e Roma, lascia sempre una sensazione di occasionalità dell’evento vittorioso, come se fosse un incidente di percorso tra una cocente sconfitta e l’altra.

Anche questa vittoria, conquistata col carattere e la forza di reazione che comunque hanno sempre caratterizzato il suo gioco e la sua presenza in campo, è sembrata a più riprese durante l’incontro come la solita partita della Halep, in attesa da un momento all’altro di un capovolgimento del risultato e con il solito sorriso amaro che la rumena ha dovuto sfoggiare in occasione delle cerimonie di premiazione, tre volte è successo in altrettanti finali del Grande Slam e, addirittura, diciotto volte ha dovuto cedere la vittoria in altri tornei del circuito.

Quest’anno, quasi a volerci smentire e a intraprendere una strategia diversa che possa dare una svolta alla sua carriera, ha avuto due occasioni per giocarsi una finale. La prima a gennaio al Melbourne Summer Set, la seconda al Rogers Cup di Toronto, proprio oggi 14 agosto. In entrambe le occasioni, Simona Halep ha sollevato il trofeo della vittoria.

Non sappiamo se la rumena sarà in grado davvero di acquisire dal nuovo allenatore, il francese Patrick Mouratoglou che, da qualche mese, ha preso in mano la gestione della vulnerabilità della tennista, specialmente sotto l’aspetto mentale, non trascurando alcuni fondamentali che anche nel torneo di Toronto hanno creato eccessivi ed evitabili problemi alla Halep.

Problemi che, se si sono concentrati specialmente in eccessivi doppi falli che hanno, in ogni incontro disputato, consentito a grandi recuperi sul punteggio da parte delle avversarie, spesso si sono aggiunti a una eccessiva fretta nel chiudere gli scambi che hanno provocato tantissimi errori gratuiti. Non che la tennista brasiliana, Beatriz Haddad Maia, non abbia avuto i suoi meriti nel trascinare la partita al terzo set, dopo che con molta sicurezza la Halep aveva vinto il primo con il punteggio di 6-3. La tennista brasiliana si è aggiudicata il secondo con netto 6-2 che faceva presagire un epilogo diverso.

Nel terzo set, il carattere e la voglia di vincere, o forse di non perdere di Simona Halep hanno indirizzato la partita a suo favore. Questo non le impedito di regalare all’avversaria qualche occasione di modificare il risultato finale, con altri errori al servizio della rumena e alcune sbracciate inutili da fondo campo che hanno fatto toccare la pallina molto oltre la linea di fondo dal lato di campo della brasiliana.

Quando, proprio con il suo colpo più problematico, Simona Halep ha visto la risposta della Maia fermare la sua corsa contro la rete, la rumena ha sollevato gli occhi e le braccia al cielo, quasi a voler cercare nel misticismo le reali motivazioni della sua vittoria.

Il sorriso smagliante e rilassato, apprezzato in ogni caso in tante occasioni nelle quali l’abbiamo ammirata, ha tolto la tensione anche ai suoi numerosi tifosi che hanno continuato durante tutto il torneo a urlare il suo nome e a sventolare la bandiera rumena dagli spalti.

Avremo modo di poter verificare i progressi, specialmente mentali, della rumena nei prossimi tornei di fine stagione che la vedranno protagonista. Il torneo di Cincinnati è imminente e ai trentaduesimi di finale dovrà affrontare un ostacolo alquanto duro, quale la tennista ceca Karolina Muchovà. L’ultimo slam degli US Open la potrebbe rivedere come protagonista, un torneo dove ha raggiunto soltanto nel 2015 la semifinale come miglior risultato. Nel frattempo è risalita alla nona posizione della classifica mondiale e al quarto posto in quella della corsa per le WTA Finals di fine anno. È proprio il caso di dire: Bentornata Simona!

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Halep
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Halep con il trofeo
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Beatriz Haddad Maia


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