Tra evasione fiscale e lavoro nero

Non solo: si perde e manca anche il lavoro. Soprattutto i giovani sono costretti ad andare via...

di Luigi Boggio - mercoledì 16 febbraio 2022 - 5244 letture

Non da oggi esiste una questione salariale esplosa in questi ultimi anni per non essere stata affrontata con determinazione insieme alla lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero. Su queste piaghe purulenti sono state costruite fortune politiche e blocchi di potere dominanti anche trasversali.

Non c’è stata crisi economica-finanziaria, ultimamente pandemica, che non è stata pagata e che continua ad essere pagata dal mondo del lavoro, dalle donne espulse dai processi produttivi e i giovani in cerca di un lavoro.

Il carico sempre sulle stesse spalle con il richiamo alla moderazione salariale e alla responsabilità per non mandare il Paese alla bancarotta. C’è che si faceva carico, e si fa ancora carico, dell’interesse generale del Paese e chi invece continua ad evadere e praticare il lavoro mal pagato e non dichiarato.

lavoro nero

Uno sfruttamento bestiale condito da truffe di ogni genere come il bonus edilizio ed altri ristori verso il mondo delle imprese. Con una criminalità organizzata sempre più capace nello sfruttare ogni possibilità di arricchimento senza andare per il sottile. Anche sul reddito di cittadinanza ci ha messo le mani con i suoi adepti e patronati compiacenti.

Il risultato dell’insieme di tutte queste vicende è che il mondo del lavoro si è impoverito. Non solo: si perde e manca anche il lavoro. Soprattutto i giovani sono costretti ad andare via per trovare un’occupazione ed anche migliori opportunità lavorative e salariali. Non sono solo i giovani meridionali a scappare, pure quelli di molte città del Nord.

lavoro in nero

Nel 2020 sono partiti dall’Italia circa 31 mila laureati su 120 mila emigrati. La Lombardia su 31 mila laureati ne ha visti partire oltre 6 mila e il Veneto oltre 3 mila. Un fenomeno che riguarda tutte le regioni e che necessita di politiche mirate. Che bisogna fermare la fuga dei nostri giovani, parole della ministra Messa ieri a Catania nell’ apertura dell’anno Accademico, non è sufficiente senza politiche di forte impatto formativo e lavorativo. Le nostre Università devono aprirsi ai giovani nello studio, nella ricerca e nella possibilità se meritino d’intraprendere l’attività universitaria perché c’è bisogno di aria fresca. Questo anche per contribuire alla costruzione di una nuova classe dirigente e per trattenerli. Un passo importante anche per il rinnovamento del Mezzogiorno che non potrà avvenire senza l’intelligenza e la passione delle nuove generazioni.

Convinciamoci che siamo un Paese di vecchi: che abbiamo bisogno dei nostri giovani ed anche di chi viene da lontano attraverso il mare per andare avanti mettendo da parte le ipocrisie italiche di brava gente sull’immigrazione.



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