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Settant’anni di Willy il Coyote e di Beep Beep

Sono passati solo 70 anni dalla nascita del mythoi di Willy e di Beep Beep, ma dentro di noi sentiamo che sono miti “immortali”, che “da sempre” esistono. Perché da sempre esiste la jella, da sempre le cose non funzionano mai come uno vuole

di Sergej - mercoledì 18 settembre 2019 - 5371 letture

Celebrando l’anniversario della serie di Willy il Coyote [1] e di Beep Beep [2], i due personaggi creati da Chuck Jones il 16 settembre 1949 per la Warner Bros. [3], vogliamo dirottare l’attenzione sull’azienda che fornisce a Willy il Coyote diaboliche e furbissime invenzioni, le “macchine” progettate per catturare l’insulso corridore. La ACME Corporation [4] fa recapitare direttamente a casa di Willy, nel deserto in cui vive il coyote, tutto il necessario dentro una grande scatola. Non vi ricorda qualcosa? Dopo la scomparsa di PostalMarket (che si occupava in pratica solo di vestiti) oggi abbiamo una sola grande ditta che in tutto il mondo esercita la funzione equivalente della ACME Corporation. Da questo punto di vista, la serie dei cartoons di Willy & Beep Beep, è profetica. La ACME Corporation introduce, all’interno del posto più “naturale” e incontaminato del mondo - la regione dei canyons e dei deserti statunitensi - la “civiltà” nella sua forma più efferata: la tecnologia. È proprio a questo punto che i cartoons della serie Willy & Beep Beep raggiungono la massa critica per diventare oggetto non solo per sviluppare le gag che catturano il riso degli spettatori [5], ma diventano oggetto di attenzione per chi prova a fare alcune riflessioni più generali di ordine sociologico e filosofico.

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C’è il “mondo della tecnica” (di cui parla Severino), la fiducia nella tecnica risolutiva dei problemi propria del mondo anglosassone che proprio sulla tecnica, sulla matematica e sulla potenza di fuoco (l’esplosivo) ha lastricato la nuova civiltà della macchina. Il “successo” di questa civiltà viene fondato sulla potenza delle cannoniere (intese come navi dotate di cannoni e alimentate a carbone) che dominano i mari, e del TNT che è in grado di frantumare le rocce; non a caso tra il 1861 e il 1865, cioè grazie alla “guerra civile” nordamericana, si è plasmata la nuova potenza industriale statunitense. Jules Verne assegna proprio ad un americano la possibilità di costruzione del nuovo razzo capace di raggiungere la Luna [6]: proprio grazie alla competenza accumulata nell’uso degli esplosivi e nel perfezionamento delle corazze di protezione, nel corso della guerra civile. Alfred Nobel, ideatore della formula del TNT, cercherà in Europa di farsi perdonare mettendo sù il “premio” volto a promuovere il progresso scientifico e culturale dell’umanità. Tutto si tiene. E nel momento in cui tutto sembra procedere compattamente verso una nuova esibizione di potenza e di dominio, ecco che il meccanismo si inceppa. Dall’ucronia, il futuro dominato dalla macchina, si passa allo scarto del riso, alla gag demistificante.

Il fatto è che le prodigiose macchine, le furbissime invenzioni di Willy non funzionano, e anzi si ritorcono sistematicamente su di lui. La gag è fatta. A Willy non resta che registrare stupito il mal funzionamento e l’attimo esatto in cui verrà colpito dall’effetto della sua malfunzionante macchina. E Beep Beep passerà a tutta velocità con uno sberleffo (“bip bip!”) e uno spernacchio. Nell’universo di Willy e di Beep Beep le macchine non funzionano. La gag derivata dalla reiterata speranza che invece accada il contrario, la gag è la fiducia nella macchina da parte di Willy.

In tutto questo “meccanismo” della gag, è da notare un altro particolare. L’immedesimazione. Perché una cosa funzioni dal punto di vista poetico, del mythos, occorre che lo spettatore si immedesimi nei protagonisti. Qui il processo di identificazione, ciò per cui alla fine lo spettatore si riconosce e parteggia, è per Willy. Lo spettatore sa che Willy non ce la farà mai, dunque non è tanto sul sentimento sadico dello spettatore che avviene l’immedesimazione - e ho scritto “non tanto”, perché in fase iniziale un processo di immedesimazione su questo fronte c’è innegabilmente -, quanto sulla sfiga del protagonista. Willy è come l’ “uomo comune” nordamericano, l’appartenente alla middle class e alle classi subalterne, le persone che non hanno potere e che qualsiasi cosa facciano alla fine si ritrovano con un pugno di mosche in mano. È un sentimento e una attenzione che in nordamerica è stato possibile perché gli Stati Uniti hanno conosciuto la “grande depressione” del 1929. Una attenzione per l’ “uomo comune” (vi ricordate Mr. Smith va a Washington? È un film diretto da Frank Capra nel 1939. Ma anche La vita è meravigliosa, stesso regista, ma del 1946) che segna nettamente il mondo culturale statunitense da quello europeo contemporaneo. Willy è un Paperino [7] eternamente sfortunato che a differenza del papero che vive nella civiltà urbana e del consumo degli anni Cinquanta e successivi, vive la primordialità del deserto.

Siamo nell’ambito della favola esopiana degli animali [8]. Probabilmente l’essenzialità archetipica di questo cartoon è quello che più richiama la primitività delle saghe più antiche, ancestrali (a partire dalla saga di Ghilgamesh, fondativa per tutto l’Occidente e per il Medio Oriente).

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Non sappiamo perché Willy si sia fissato proprio con Beep Beep, probabilmente anche lui ha dimenticato perché lo vuol prendere. Tutto diventa archetipico, stilizzato, ridotto all’essenziale: da una parte il “cattivo” sfortunato, dall’altro il non-sappiamo-chi, che sfreccia sotto il naso o in lontananza. Dove va Beep Beep? Perché corre tanto veloce, perché tanto dispendio di energie? Metaforicamente è il progresso inarrestabile, i processi inarrestabili della vita e della morte, tutto ciò che sfugge al nostro controllo e alla possibilità di “fermarlo” (“il tempo”). L’alieno Beep Beep in realtà finisce per essere l’antipatico del cartoon, e Willy il simpatico ma sfortunato. È un rovesciamento di ruolo che non viene mai compiuto fino in fondo, l’equilibrio rimane inalterato fino alla fine e anche questo contribuisce a far sì che il cartoon abbia potuto reggere per così tanti anni.

Attraverso la sottolineature di piani lunghi e primi piani, il cartoon opera una strategia della distrazione. Continuamente lo spettatore viene fatto distrarre dal significato e dalla consequenzialità che “in sé” ha una determinata scena. La reale esaltazione della velocità, quale unica strada per sfuggire al destino di morte (che è l’implicita ammissione del cartoon) non sta tanto nel percorso superrapido di Beep Beep, ma proprio nella strategia della distrazione adottata dagli sceneggiatori e dai disegnatori della Warner Bros sulle singole sequenze del cartoon. Willy fermo poco oltre lo sperone di roccia, sotto di sé il vuoto, sopra di sé un masso enorme; nella sospensione fatta apposta per distrarre l’attenzione allo spettatore e per permettergli di sceneggiare egli stesso, nella propria mente, quello che accadrà tra poco: Willy che cade, si sfracella in fondo al burrone e appena ne riemerge viene colpito dal masso che sopraggiunge sopra di lui. La sorpresa non è mai veramente sorpresa, la violenza non è mai sangue e morte. L’eterno ritorno di Willy che prova a prendere Beep Beep riconforta lo spettatore: potrà ancora a godersi lo spettacolo, il piacere può essere reiterato, la storia non finisce, non c’è morte.

L’unico modo in cui potrà terminare questa storia può in realtà essere solo questo, nella nostra ipotetica ricostruzione: nell’ultima puntata [9] della serie Beep Beep cala la maschera, si mette a caccia di Willy, lo prende e lo scotenna con un machete, con grande spargimento splatter di budella e sangue alla Tarantino, definitivamente. Ma questa puntata gli sceneggiatori di Warner Bros la tengono, sono sicuro, chiusa in cassaforte e non la tireranno mai fuori.

Sono passati solo 70 anni dalla nascita del mythos di Willy e di Beep Beep, ma dentro di noi sentiamo che sono miti “immortali”, che “da sempre” esistono. Perché da sempre esiste la jella, da sempre le cose non funzionano mai come uno vuole, e da sempre quell’antipatico di Beep Beep è inafferrabile e non può essere fermato: proprio come la fortuna o come il tempo.


[1] in inglese: Wile Ethelbert Coyote

[2] in inglese: Road Runner

[3] vedi: Wikipedia.

[4] Su origine e utilizzo di questa “azienda” si legga su Wikipedia.

[5] Sulle caratteristiche e sulle tecniche del riso si rimanda quantomeno a: Per ridere aggiungere acqua : Piccolo saggio sull’umorismo e il linguaggio / Marco Malvaldi. - Milano : Mondadori Libri, 2018 ; prima edizione. - 151 p., [V], ril. ; 22 cm. - (Rizzoli). - ISBN 978-88-17-07727-9.

[6] De la Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes / Jules Verne, 1865, prima parte di un dittico che si chiude con Intorno alla Luna (Autour de la Lune) scritto nel 1870.

[7] in inglese: Donald Fauntleroy Duck. Vedi: Wikipedia.

[8] Beep Beep non è propriamente uno "struzzo", è un “corridore della strada” (Geococcyx californianus), uccello che vive nelle zone desertiche degli Stati Uniti. Conosciuto in inglese con il nome roadrunner, il pennuto può correre davvero veloce, proprio come nel cartone animato, raggiungendo anche i 30 km/h. Oltre dei coyote, il corridore della strada è preda anche di falchi, aquile, moffette, procioni e gatti domestici.

[9] In realtà Warner Bros. ha effettivamente fatto una "ultima puntata", ma più prosaica e meno efficace di quella che proponiamo noi qui.

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