Una vita partigiana, e poi?
Antonello Trombadori, uno dei protagonisti della Resistenza partigiana prima e poi della nostra Repubblica raccontato in una biografia politica, morale e artistica che attraversa il Novecento dallo storico Mirko Bettozzi.
Il lavoro redazionale
Da sempre scelgo strade, collaborazioni, progetti editoriali che mi appassionano. Non ho mai fatto nulla che non mi piacesse veramente. Non so davvero in quanti possano dire altrettanto.
Ma non è abbastanza. Come redattrice editoriale freelance sento la necessità di far collimare il mio lavoro con una forte componente civile e sociale. Che sia un un’operazione di memoria, di corsi e ricorsi della Storia, che sia divulgare un pensiero innovativo o sostenere una realtà virtuosa ma marginale, non importa. Importa promuovere buone pratiche sociali e civili che abbiano effetti concreti e reali.
- Copertina di Antonello Trombadori una vita partigiana, di Mirko Bettozzi
In questa ottica rientra aver curato la redazione del libro di Mirko Bettozzi, "Antonello Trombadori. Una vita partigiana" novità edita da Castelvecchi, che racconta la parabola partigiana, civile, politica, artistica e morale di uno dei protagonisti della seconda metà del Novecento italiano. Nome che ai più oggi rimarrà vago ma fu uno dei protagonisti della Resistenza romana all’occupazione tedesca operando all’interno dei GAP (Gruppi d’Azione Partigiana).
Una giornata particolare, via Rasella
Riguardo alla Resistenza romana durante l’occupazione fascista e nazista si è discusso e se ne discute ancora molto, se sia stato fatto o meno abbastanza. Si è addirittura dubitato di una vera resistenza all’oppressione, se non piuttosto di una obbedienza generale all’oppressore.
Sappiamo oggi quanto, in realtà, sia la popolazione civile che le cellule partigiane organizzate abbiano fatto per contrastare il dominio nero. Tra i fatti, spicca il famoso episodio di via Rasella, il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l’Europa occidentale, guidato da Giorgio Amendola. La risposta tedesca, come sappiamo, non si fece attendere con l’eccidio delle Fosse Ardeatine nelle ventiquattro ore successive all’attacco partigiano. Ne parla bene Aldo Cazzullo nella puntata dedicata di “Una giornata particolare”, che consiglio di recuperare per la costruzione dettagliata con cui affronta tutti i nodi della Storia ufficiale che si intrecciano con quelli dei singoli individui.
Peraltro il caso volle che vidi quella puntata solo un paio di settimane prima che mi fosse proposto il libro di Mirko Bettozzi in redazione. L’ho considerata una sincronicità da non lasciar passare e ho accettato di buon grado di occuparmene.
Ricordavo il nome di Trombadori citato da Aldo Cazzullo per raccontare un fatto particolare che gli salvò la vita. Antonello non partecipò all’operazione di via Rasella il 23 marzo 1943 poiché fu arrestato il 2 febbraio dello stesso anno e condotto prima nel carcere di via Tasso e poi in quello di Regina Coeli, nel braccio gestito dai tedeschi. Proprio da quelle celle sceglieranno i 335 prigionieri da condannare a morte.
Antonello era tra questi. Ma il medico del carcere, il socialista Alfredo Monaco, lo ricovera in infermeria diagnosticandogli un’inesistente grave malattia. I tedeschi non lo trovano nella sua cella e nella concitazione del momento, da risolvere al più presto per ordini diretti superiori, sostituirono il prigioniero con un altro. Antonello è salvo. Evaso dai lavori forzati a cui sarà condannato di lì a poco, ritornerà al suo posto nei GAP, collaborando attivamente fino alla liberazione della Capitale. L’assidua attività antifascista gli valse il conferimento della medaglia d’argento al valore militare.
Antonello Trombadori: il ritratto di un’Italia intera
Sarà poi destinato a essere un intellettuale poliedrico, un protagonista politico e culturale della seconda metà del Novecento. Per il resto della sua vita, fino letteralmente agli ultimi giorni del gennaio 1993, la sua attività si sviluppò instancabile su più livelli, tra l’impegno politico all’interno del PCI e nelle relative formazioni di Governo, la critica d’arte, la scrittura poetica, i suoi amati sonetti in romanesco, il cinema neo-realista di cui fu profondo promotore e il lavoro giornalistico. A tal proposito, il giornalista Paolo Franchi che firma la Prefazione al libro di Mirko Bettozzi, editorialista e capo dell’ufficio romano del «Corriere della Sera», ricorda:
Fino all’ultimo ha letto, ha scritto, polemizzato, telefonato dal suo letto d’ospedale, il partigiano Antonello. La sua ultima chiamata mi ha raggiunto nella redazione romana del «Corriere»: «A Paolofra’, che fine ha fatto il mio pezzo contro Luciano Canfora?». Non sapendone niente, gli ho detto che mi sarei subito informato con quelli della cultura a Milano, e lo ho assicurato che sarebbe stato pubblicato prestissimo. Gli ho chiesto come stava, mi ha risposto che stava morendo. Poi ha aggiunto: «E mi permetterai che non voglio morire senza attaccare Canfora?». Pochi giorni dopo se ne è andato, e il «Corriere» gli ha dedicato una pagina intera.
Mirko Bettozzi raccontando i diversi filoni di cui Antonello Trombadori si occupò, costruisce sia un ritratto completo di Antonello, ma anche il cammino di un’Italia che, in pochi decenni, cambia pelle e attraversa stagioni politiche, artistiche e sociali ampie e complesse che porteranno a enormi evoluzioni. È interessante vederle riflesse in un’unica persona. In un movimento continuo dal particolare dell’individuo al macroscopico della dimensione di un intero Paese.
Alcune considerazioni
Lavorare a questo libro è stata un’occasione per continuare a limare un pensiero che si va delineando da tempo, grazie all’incontro redazionale di altre figure, penso ad Adelelmo Campana o a Ursula Hirschman (entrambi progetti editoriali di Aras Edizioni).
È doveroso chiarire che sto entrando in una sfera tutta personale di riflessione, da lettrice e frequentatrice della materia ma non certamente da studiosa. Dunque passibile di numerose inesattezze.
In ogni caso è un dato di fatto che gli anni dal dopoguerra in poi vedano un cammino socio-economico e politico di stravolgimenti continui, con una rapidità che mai prima si era conosciuta. Ecco, credo che molte personalità protagoniste disobbedienti, visionarie e portatrici di grandi ideali di libertà e uguaglianza durante la Seconda Guerra Mondiale, poi, non riuscirono più a identificare quegli stessi ideali nella mutevolezza dei decenni successivi e per le generazioni successive. Penso alle nette posizioni prese contro la rivolta studentesca, il movimento femminista o nel dibattito sull’aborto…
Il perché di tutto questo, con un po’ di indulgenza, è chiaro. Letteralmente, l’Italia in poco diventa un altro mondo. Impensabile fino a qualche anno addietro. Ma mi piace anche pensare che, con lo stesso sforzo visionario di credere possibile liberare un Paese da un esercito straniero con una rete sotterranea di civili e scarse risorse, poteva ugualmente essere possibile, forse anche con uno sforzo minore, accogliere idee distanti dalle proprie posizioni, con la stessa generosità di un tempo, che invece incontrarono resistenza, negazione e svilimento.
Devo dire che in questo fa eccezione Ursula Hirschmann pensatrice e intellettuale raffinatissima capace sempre di mettere in discussione perfino se stessa.
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