“Ritratto di cavaliere” di Vittore Carpaccio

1510. Olio su tela, cm 218,5 x 151,5. Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid

di Orazio Leotta - mercoledì 26 novembre 2014 - 8693 letture

Un enigmatico cavaliere domina solitario tutto il paesaggio circostante: posa fiera ed elegante, mano destra pronta a sfoderare la spada, sguardo assorto in tristi pensieri. La sua collocazione al centro del quadro, la sua armatura luccicante e il berretto nero che si staglia sul bianco delle nuvole, 98)_Ritratto_di_cavaliere enfatizzano la sua presenza, ma al tempo stesso isolano la sua mesta figura dal vivace e variegato contesto naturale che lo circonda. Intorno a lui, Carpaccio ha dipinto con pazienza e fine descrittività (come avrebbe fatto un pittore fiammingo) un paesaggio brulicante di animali, in un contesto di una luce nitida tipica di una giornata primaverile.

Un piccolo foglietto appeso all’esile ramo secco di un ceppo sulla destra reca una scritta in cui si leggono la firma dell’artista e la data dell’opera “VICTOR CARPATHIUS PINXIT MDX”. Quanto all’identità del cavaliere pare trattarsi del ritratto di un membro dell’ordine cavalleresco napoletano dell’Ermellino, a cui alluderebbe il piccolo ermellino bianco raffigurato nel margine sinistro, i colori dell’abito del paggio a cavallo in secondo piano e il motto “MALO MORI QUAM FOEDAR” che si legge sulla sinistra su un foglietto stropicciato appena caduto fra gli steli dei fiori e le piante.

Carpaccio, pittore celebre per la vena narrativa, per la rappresentazione minuziosa di vedute e interni veneziani e dunque profondamente legato alla tradizione artistica veneta del Quattrocento, in questo dipinto dà notevole importanza alla figura umana e meno al diletto della narrazione e pertanto possiamo dire che questo dipinto rappresenta per Carpaccio un importante momento di passaggio nel suo percorso artistico, adesso più incline alla celebrazione della monumentalità della figura umana.

Da alcuni dettagli presenti nel dipinto (la firma, la data, il motto moralistico, l’ermellino a sinistra, i gigli in primo piano, il pavone in equilibrio, il combattimento fra i due uccelli etc..) si possono evincere sottili allusioni alle alterne fortune che caratterizzano la vita e la carriera di un cavaliere o, come altri critici sostengono, è probabile che il ritratto rappresenterebbe un omaggio ad un importante personaggio scomparso.


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