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Perché non possiamo non dirci antifascisti

Oggi la minaccia più forte e diffusa proviene dall’appiattimento del pensiero, riduzionista e miope, dove ci si ritrova incapaci di immaginare approcci alternativi al sistema economico, in funzione dell’interesse collettivo.

di Massimo Stefano Russo - lunedì 29 aprile 2024 - 512 letture

L’antifascismo ogni anno il 25 Aprile Festa della Liberazione dal fascismo suscita contrasti di parte. C’è chi persevera nell’affermare tutto il proprio diritto se non il dovere di dichiararsi fascista e lo dichiara con forza polemica che non ammette obiezioni. Un ministro alla domanda “Lei è antifascista?” motteggia e “Lei è anticomunista” e chiosa: “io sono antifascista, anticomunista e antitotalitario”. Peccato che sia anche antipatico e che la cultura non gli si addica, soprattutto quando ne fa sfoggio. Il fascismo è un prodotto italiano, made in Italy e anche per questo i nazionalisti, sovranisti ne vanno fieri e ne sono orgogliosi. Il prefisso anti ha due accezioni: il latino anti indica l’anteriorità, la precedenza temporale o spaziale; in greco antì ha il significato di contro, esprime l’antagonismo, l’avversione, l’opposizione.

I “Fratelli d’Italia” sono contro il fascismo? Ah, saperlo, saperlo! Un nuovo vate avanza sotto le vesti di generale win win. Che Dio ci aiuti! Che il fascismo sia il destino degli italiani? C’è chi sostiene: “i politici avrebbero meglio da fare che stare a parlare di fascismo”. Perché interessarsi del fascismo? Negli show televisivi, dove imperano signori di una certa età, ma ancora in piena forma, l’interesse rimbalza tra discussioni sfilacciate, dove tra volgarità e contumelie, non si capisce granché. Il fascismo non mi appartiene, mi è sempre apparso una via impraticabile nel difendere la libertà e cercare la giustizia. Un potere fondato sul primato della forza nell’imporre regole e procedure formali con la minaccia della violenza, intollerante, liberticida e imperniato su leggi discriminatori.

Essere antifascisti è un dovere costituzionale da tradurre nella prassi, in difesa della democrazia. Davanti a chi dichiara il proprio diritto di essere fascista si ha il dovere di essere antifascisti. L’antifascismo in politica sarà sempre un buon punto di partenza. Comprendere il fascismo che per decenni soffocò la libertà e la democrazia, per finire poi col portare a una guerra letale è di importante, per evitare di replicarne la storia. La distanza temporale dal fascismo basta per poter dire di non avere niente a che “spartire” col fascismo e giustifica il dichiararsi a-fascisti? Perché continuare a inquinare la politica nel dichiararsi fascisti?

Oggi la minaccia più forte e diffusa proviene dall’appiattimento del pensiero, riduzionista e miope, dove ci si ritrova incapaci di immaginare approcci alternativi al sistema economico, in funzione dell’interesse collettivo. Dimenticare è facile, ancor più nel dare una lettura semplificata e semplificante di fenomeni complessi. Il fascismo, spesso ricordato e citato a livello divulgativo con sfrontatezza singolare, si trascura di riportarlo nell’orizzonte più ampio a cui storicamente appartiene. Il fascismo è estraneo alla cultura, ai riferimenti degli a-fascisti, dei post-fascisti?

Le idee fasciste nel passare dalla periferia al centro rincorrono tuttora l’intento di affermarsi nel dibattito pubblico. Il fascismo, incapaci di accettare le differenze e la diversità, si esprime sul piano argomentativo e del linguaggio, nel voler imporre a tutti i costi un proprio pensiero unico, senza dissenso né contestazione alcuna: una sfida e una minaccia per la democrazia, nel voler affermare la parola del potente e di chi governa. La censura utilizza i media per dare una immagine altra della realtà, distorta, così da arrivare a cancellarla. Nella reticenza che facilmente si traduce in vigliaccheria corriamo il rischio di dimenticare il valore delle parole che permettono di esprimere e controllare i concetti, gli oggetti e i sentimenti. In un clima di diffusa ignoranza la vita tradotta in politica totalitaria la si può considerare solo in relazione con la morte. L’antifascismo va inserito in un sentiero di sviluppo economico, culturale e istituzionale, capace di generare e garantire il progresso.

Possiamo ignorare l’incapacità nell’attuale premier di fare i conti sinceramente con la propria provenienza politico-ideologica, senza assumersene le responsabilità? Riconoscibile come una derivata dal fascismo, alla cui origine, nel saper “il fatto suo”, acclimatatasi alla politica, nel passare da underdog oggi si propone straordinariamente popolare per risultare vincente: solo lei ha il diritto e il potere di dire di essere Giorgia la “fratellona” d’Italia.


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