L’emancipazione in Camillo Berneri

Camillo Berneri anarchico controcorrente ha trattato dell’emancipazione della donna senza disgiungerla dall’emancipazione maschile. Emancipare significa liberare dalle strutture economiche del capitalismo
Camillo Berneri anarchico controcorrente ha trattato dell’emancipazione della donna senza disgiungerla dall’emancipazione maschile. Emancipare significa liberare dalle strutture economiche del capitalismo, le quali liberano senza emancipare dai vincoli tradizionali per poter sfruttare in modo nuovo i “liberati”. Il capitalismo ha il fine di includere nel “sistema capitale” per convertire i liberati in soggetti dipendenti dall’autorità padronale. L’uomo e la donna sono spinti verso l’omologazione, in modo da poterli liberamente utilizzare nel sistema economico. La libertà si paga con la rinuncia alla specificità di genere. Gli individui, a prescindere dal genere, sono in tal modo resi interscambiabili. Nel testo di Camillo Berneri la donna che perde la sua femminilità è indicata con il termine “garçonne”.
La garçonne è la donna che “vuole mascolinizzarsi” e che in questo processo diventa la copia del maschio. Il maschio a sua volta è a immagine e somiglianza del capitalismo. Entrambi i generi non sono liberi di attualizzare la loro natura.
Lo scritto di Camillo Berneri, L’emancipazione della donna, è attualissimo, poiché l’uguaglianza che omologa non è tale, in quanto non è rispettosa della natura umana, la quale è comune ad ogni essere umano, ma si materializza nelle differenze. L’uguaglianza che elimina le differenze tra i generi e favorisce la trasformazione delle donne in copie sbiadite del “maschio a misura del capitalismo”, è una forma di assoggettamento in funzione della produttività e del plusvalore da riconoscere e da decriptare.
La libertà è il riconoscimento della comune natura umana nella differenza dei generi, si è eguali nei diritti, ma diversi e complementari nelle differenze. L’uguaglianza borghese è astratta, e dunque è artificiale. L’universale astratto borghese elimina le differenze che possono comportare una limitazione nell’uso degli esseri umani nelle fabbriche, pertanto proclama l’uguaglianza solo formale, che volontariamente ignora le differenze. L’anarchismo, invece, persegue l’uguaglianza concreta. Le individualità sono eguali nella dignità, ma vi sono differenze irriducibili. A nessuna donna sarà proibito nullanel comunismo libertario, semplicemente saranno libere di vivere la specificità di genere nella modalità propria. Le differenze nell’anarchismo potranno esprimersi senza conflitualità e senza giudizi gerarchici, mentre il mondo borghese eguaglia riducendo la donna ad immagine dell’identità maschile definita anch’essa dalla struttura economica capitalistica.
La garçonne è la nuova antropologia di struttura che il capitalismo già sperimenta all’inizio del Novecento. Le differenze si assottigliano fino a scomparire. Oggi anche fra giovani e vecchi si assiste alla stessa deriva omologante.
Il depauperamento dell’identità dei generi rende le donne e gli uomini adattabili al sistema e dunque liquidi e resilienti, ma mai resistenti, come nel nostro tempo. La natura umana, invece, esiste, resiste e persiste, pertanto l’imposizione di modelli non confacenti alla natura umana non potranno che essere fonte di malessere. Il linguaggio di Camillo Berneri risulta provocatorio e graffiante, ma da esso bisogna trarre il “messaggio critico”. Ci dona osservazioni su cui bisogna riflettere prima di rigettarle in modo. La differenza tra i generi, nell’analisi di Camillo Berneri, è evidente nella diversità dell’organismo. Il modo di amare e di essere al mondo non si esplica in astratto o in relazione ai propri desideri soggettivi, ma si materializza nel corpo storicizzato, pertanto le differenze devono essere riconosciute. Il genere ha una intrinseca finalità oggettiva, che si materializza nelle scelte e nella progettualità individuale e collettiva.
L’anarchia descrive le differenze di genere all’interno della complementarietà e dell’uguaglianza. I due generi hanno il loro oggettivo senso nella reciprocità delle funzioni e delle sensibilità. Entrambi sono “diversamente fondamentali”. Le sensibilità tra i due generi non possono che essere diverse, poiché la finalità naturale predispone a modalità complementari di sentire e di pensare l’esperienza empirica, vitale e dialogica. Non c’è gerarchia dunque ma eguale dignità. La complementarietà tra il genere maschile e il genere femminile è il fondamento della vita e già questo evidenza logicamente che non vi può essere una gerarchia tra i generi. Senza differenza non c’è generatività biologica e psichica:
“La differenza tra i due sessi implica per l’uno e per l’altro una particolare maniera di amare. Per il maschio il rapporto sessuale è un fugace momento, un atto che non lascia tracce. Per la donna l’amore vale maternità, cioè l’amore che modifica profondamente il suo organismo e vi si inviscera. La vita sessuale è, nella donna, qualche cosa di intrinseco a tutto il suo organismo. Fin da fanciulla soffre quella malattia mensile che è il mestruo. Impiega nove mesi a partorire, e nausee, dolori, paralisi, follia aggravano spesso il peso della gravidanza. Lo strazio del parto può ucciderla, può renderla invalida alla maternità, può farla impazzire. Si aggiungano i vari mesi di allattamento. Solo la donna può chiamare la propria creatura «viscere mie»” [1].
La natura è iscritta nella forma del corpo. Le donne sono differenti dagli uomini, poiché custodiscono il feto, pertanto anche la loro vita affettiva ed erotica si realizza nella famiglia. Camillo Berneri non ha mai affermato l’obbligo alla maternità, ma verifica un dato inaggirabile che l’uguaglianza che non riconosce le differenze naturali è solo violenza, in quanto non vi è il riconoscimento dell’identità, in questo caso di genere e in genere dell’altro. Egli si sofferma sulle donne che lavorano nelle industrie, le operaie, per le quali l’emancipazione è una doppia negazione, poiché ad esse è negata la maternità e sono alienate come persona. Alle operaie bisogna permettere di vivere la maternità senza la quale una donna non vive la sua natura. La famiglia è corpo medio della società che prepara alla solidarietà e, pertanto, è continuamente oggetto di attacchi ideologici:
“Concludendo: nella donna, l’istinto sessuale è vivo, ma fuso e confuso con l’istinto della maternità. Questa fusione ha una base anatomica e nessi fisiologici evidenti. Al carattere sperperatore della vita sessuale maschile, corrisponde la funzione prevalentemente sociale dell’uomo, mentre al carattere economizzatore della vita sessuale femminile corrisponde la funzione prevalentemente biologica e familiare della donna. Notevole è, infatti, l’antagonismo fra la sessualità e la maternità. Le femmine di certi uccelli, come le amadine, si rifiutano al maschio dopo la seconda covata, (Brehm). Le femmine dei ruminanti sfuggono i maschi quando sono pregne, e lo stesso fanno le cagne (De Courmelles). Secondo Icard, anche nelle donne gravide si spegnerebbe quasi del tutto il desiderio sessuale. Possiamo concludere col Lombroso e col Ferrero, così: «La donna ha minore erotismo e maggiore sessualità... L’amore femminile non è in fondo che un aspetto secondario della maternità; e tutti quei sentimenti d’affetto, che legano la donna all’uomo, non nascono dall’impulso sessuale» [2]
Scissioni
La donna specularmente all’uomo non è mai solo femmina, come l’uomo non è mai solo maschio. Scindere la femmina dalla donna è tipico della pornografia. L’ideologia borghese divide, aliena e frammenta ciò che invece è in relazione proficua e feconda. La scissione è sempre una forma di depauperamento alienante.
La sovrastruttura falsifica la natura della donna, in quanto per poter sfruttare e alienare inchioda in ruoli che sono funzionali al sistema capitalistico. Le madri costrette alla vita famigliare diventano fattrici che offrono braccia e menti al capitale, mentre le prostitute sono oggetto di sollazzo per il maschilismo capitalistico. Le donne sono usate come corpi privi di anima e di pensiero. La natura non conosce scissioni, essa prende forma nella storia conservando l’interalità delle dimensioni che sono in realtà un flusso unico nel quale la vita si genera e si rigenera. La fecondità è biologica e spirituale, è un corpo unico che per poter generare necessita di relazioni di cura. Da tale fecondità non può che prendere forma la famiglia come spazio dello spirito in cui la cura è il centro irradiante della buona vita.
Liberare la donna da visioni angeliche o dallo stereotipo di Eva corruttrice e seduttiva significa restituirle un corpo vivente e reale e ciò è d’ausilio ad emancipare l’uomo dallo stereotipo del mandrillo pornografico o del santo. Gli stereotipi sono una forma di semplicismo e di derealizzazione, in quanto alzano barriere mediante processi di incomunicabilità fondati su pregiudizi dogmaticamente accettati.
La falsificazione produce infelicità nelle relazioni tra uomo e donna e con se stesso. L’uomo e la donna visti attraverso l’immaginario pornografico sono sviliti nella loro umanità e dignità. L’uomo e la donna non realizzano pienamente la loro umanità, se non fondano la famiglia nella quale si completano nella generazione biologica, psicologica e spirituale. Le differenze erotiche negli scritti di Camillo Berneri sono accettate, in quanto le diversità affettive sono parte integrante della natura e come tale debbono essere accolte.
L’uomo e la donna in modo speculare sono una totalità con una finalità oggettiva. Le donne, d’altronde come gli uomini, si realizzano nella comunità famigliare nella quale si impara la pratica della condivisione. Le donne in quanto totalità vivente non sono solo madri e non sono solo lavoratrici. Nel progetto anarchico devono vivere la maternità, il lavoro e la politica.
Il comunismo anarchico dona dignità ad ogni essere umano, pertanto le donne saranno libere di attuare la maternità senza rinunciare alle loro potenzialità e lo sviluppo tecnologico, afferma Camillo Berneri, nel medesimo testo, sono finalizzate a consentire la piena realizzazione delle donne, in quanto consentono ampi spazi di tempo libero, giacché sostituiscono gli esseri umani umani nei lavori gravosi:
“Concludo: l’abolizione della famiglia è un programma mostruoso non solo perché cozza con la natura spirituale della donna, ma anche perché annienta la grande missione della madre. Quello che fu il fuoco per il progresso, fu la famiglia per la civiltà. La donna è la Vestale della civiltà, la donna che non è vergine costretta da un voto sacerdotale, che non è la zitella che invecchia sognando un qualsiasi Romeo che la impalmi, che non è la bestia da soma del marito e dei figli, ma la donna che considera la maternità un segno di dignità e una missione, la donna che alterna il dovere del lavoro con il godimento del diritto al riposo e allo svago, la donna che vive in un’atmosfera di laboriosa serenità, di sincero e generoso amore, capace di oltrepassare le mura della casa per abbracciare l’umanità ed accelerarne i supremi destini. Di fronte a questa Madonna umana, la garçonne è una ridicola maschera di una femmina spregevole. La ragazza che si paga la vita è simpatica. Ma quali danni e quali pericoli essa incontra!” [3].
La dignità di ogni essere umano è dunque nel riconoscimento della sua specificità di genere e individuale. Oggi siamo ben consapevoli, che paternità e maternità possono essere vissuti da ogni uomo e da ogni donna in modo diretto con la procreazione o con l’impegno spirituale nella cura delle nuove generazioni e dei più fragili. Maternità e paternità sono l’espressione massima della capacità di ogni essere umano di fondare relazioni di condivisione e di crescita qualitativa nelle quali si impara ad umanizzarsi e ad elevarsi verso l’universale concreto. Nel tempo del capitalismo senza madri e senza padri e nel quale la gratuità dell’amore disinteressato è vilipeso, la prospettiva di Camillo Berneri ci offre motivi di riflessione, tanto più che egli fu un uomo “libero e resistente”.
[1] Camillo Berneri, L’emancipazione della donna (considerazioni di un anarchico), liberliber, 2008, pag 8.
[2] Ibidem, pag. 10.
[3] Ibidem, pag. 181.
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