Kenya: nove difensori dei diritti umani minacciati di morte
Kenya: Amnesty International lancia un’azione urgente per proteggere nove difensori dei diritti umani, minacciati di morte.
riceviamo e pubblichiamo
Amnesty International ha lanciato un’azione urgente (on line su www.amnesty.it), mobilitando i propri soci nel mondo per proteggere nove difensori dei diritti umani, sei uomini e due donne, che hanno ricevuto minacce di morte.
Le nove persone, alcune delle quali sono figure di spicco di organizzazioni locali per i diritti umani, hanno ricevuto una serie di sms, mail e telefonate anonime in cui sono accusate di aver ‘tradito’ la loro etnia. Otto di loro appartengono al gruppo etnico kikuyu, che sostiene in larga parte il presidente Mwai Kibaki.
Nelle ultime settimane, i nove difensori dei diritti umani avevano denunciato le irregolarita’ delle elezioni di fine dicembre e le violazioni dei diritti umani commesse dalla polizia e dalle bande armate, comprese quelle formate dai kikuyu.
Quattro di loro sono citati in un volantino non firmato diffuso all’interno della comunita’ kikuyu, nel quale vengono elencati i nomi di 25 persone, definite ‘traditori che vivono tranquillamente in mezzo a noi’, e viene fatto un velato invito alla loro uccisione.
I nove difensori dei diritti umani hanno adottato alcune precauzioni, abbandonando le proprie abitazioni ed evitando ulteriori dichiarazioni pubbliche. Amnesty International chiede al governo del Kenya di garantire l’incolumita’ e la protezione di tutti i difensori dei diritti umani, indagare sulle minacce e portare di fronte alla giustizia i responsabili.
Ulteriori informazioni
Dopo le elezioni generali e l’insediamento del presidente Mwai Kibaki, il 30 dicembre 2007, le violenze sono scoppiate in tutto il paese, istigate soprattutto dai sostenitori del partito di opposizione, il Movimento democratico arancio, che ritiene irregolare lo svolgimento delle elezioni.
Vi sono stati numerosi attacchi contro i kikuyu, con machete, pugnali, pietre, frecce e archi. Le bande armate kikuyu hanno aumentato le rappresaglie contro i due gruppi etnici, i luo e i kalenjin, che sostengono il candidato dell’opposizione, Raila Odinga. La polizia ha fatto ricorso a un uso eccessivo della forza contro i manifestanti, con esiti mortali. Il bilancio delle violenze e’ di almeno 600 vittime eoltre 250.000 sfollati. Altre migliaia di persone si sono rifugiate oltre confine, in Uganda e Tanzania.
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A proposito di "diritti umani" mi è capitato di sentire parlare della tecnica di tortura del waterboarding. Non sapendo in che consistesse ho cercato in rete ed ho trovato la seguente descrizione: consisterebbe nel "lavare la faccia" al prigioniero. A dire il vero pensavo che fosse quella usata su Ernesto ’Che’ Guevara e consistente nel gonfiare lo stomaco del prigioniero a dismisura facendogli ingerire dell’acqua dopo aver provveduto ad occludere l’ano con un oggetto qualsiasi. Per rendersene conto è sufficiente osservare le foto di Guevara dopo il trattamento riservatogli. Qualcuno sa dirmi se ho ragione io, oppure i vari sostenitori dell’energico lavaggio di faccia con un secchio? Waterboarding è una parola composta: water=acqua, board=a bordo. Io penso che significhi "acqua nella stiva", concludo dunque che per quanto inumano far entrare acqua da un naso reclinato e considerando che in ogni caso si respira anche con la bocca, il waterboarding sia probabilmente quello da me descritto, piuttosto che la ’lavanda’ pentacostale descritta da educande catto-filo-governative di provata fede CIA.
Sempre in tema di diritti umani si è parlato ieri di arresti per pedofilia a Siracusa: fuori i nomi di questi due stimati professionisti (nessuno li ha citati nei telegiornali). Mentre altri due arrestati di altre città sono stati indicati e inchiodati da prove inconfutabili. Debbo pensare che nei confronti degli arrestati della mia città non sussistano prove, oppure qualche solerte esponente delle forze dell’ordine non divulga i nomi coprendoli? Visto che siete abili nel fare dossier, come altre volte ho riscontrato, perchè non fate voi quello che altri non hanno fatto?
In fine, dato che parlate della situazione keniana, dico che se la situazione non è tale da sfociare in conseguenze che vanno al di fuori del territorio keniano, come è stato per il Darfur ad esempio, non sia il caso di sponsorizzare interventi di caschi blu, perchè trattasi di questione di ordine interno. Quando in aree in crisi le organizzazioni internazionali si ostinano ad esporre a rischio propri aderenti, creano situazioni di disagio per i governi che sarebbero poi chiamati ad intervenire. Non si possono criticare gli States perchè intervengono inopinatamente in Iraq e poi chiedere a gran voce interventi ovunque vi siano ribellioni, e situazioni di guerra civile. Solo gravi situazioni possono giustificare un intervento: in caso contrario si aprirebbe uno scenario di guerra permanente in ogni parte del globo in cui vi siano situazioni di crisi. Il che va contro ogni ragionevole possibilità di pacificazione fra i popoli. Ciascun popolo deve fare il proprio cammino verso un assetto democratico e rispettoso dei diritti umani mettendoci molto del suo. Le imposizioni con le armi non servono. Mi pare strano che Amnesty chieda un intervento (che per forza di cose deve essere armato), mentre dovrebbe limitarsi a denunciare nelle sedi istituzionali più appropriate avviando un dialogo in seno alle organizzazioni preposte cui aderiscono anche i governi interessati. Gli operatori di Amnesty a rischio lascino i territori in cui operano, o vi rimagano, ma in quest’ultimo caso la scelta (altamente nobile) è e resta una scelta personale rispetto alla quale non si può pretendere intervento armato. In caso contrario Amnesty negherebbe i propri stessi valori.