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Intervista immaginaria a Paolo Volponi

"Non è facile trovare chi ti accoglie davvero, senza chiederti di cambiare o di spiegarti troppo. E ora dimmi, com’è mutato il mondo?". Il 6 febbraio è l’anniversario della nascita di Paolo Volponi, di cui Massimo S. Russo fu amico...

di Massimo Stefano Russo - mercoledì 5 febbraio 2025 - 364 letture

Caro Volponov [1], come stai?

"Come sto caro mio barone di Lentini? Sto come sta il mondo, perché non si può stare bene se intorno c’è ingiustizia. Ma se mi chiedi se sono ancora vivo, allora sì, sono vivo in ogni parola che ho scritto, in ogni idea che non si è lasciata piegare. E tu, come stai?"

Io sto in piedi e talvolta mi siedo, naturalmente per riposarmi.

"Bravo. Stare in piedi è già un atto di resistenza, e sedersi solo per riposare significa non essersi ancora arresi. L’importante è non sdraiarsi mai davanti al potere. Bene. L’importante è sapere sempre perché ci si alza e perché ci si siede. Chi sa questo, non si farà mai mettere a terra del tutto. Cosa vuoi chiedermi, su parla, dì?"

Nei tuoi romanzi, spesso il mondo industriale si intreccia con quello poetico. Come hai vissuto questa dualità?

Volponi: "Non vedo una dualità, ma piuttosto una lotta incessante. L’industria è stata la grande illusione del Novecento: prometteva progresso, ma spesso ha schiacciato l’uomo, rendendolo un ingranaggio di un sistema che non ha anima. La poesia, invece, è ciò che può restituire dignità all’uomo, farlo respirare, dargli voce. Nei miei libri ho cercato di raccontare questa battaglia: l’operaio, l’intellettuale, il dirigente, tutti intrappolati in una macchina che li sovrasta."

La tua esperienza in Olivetti ha influenzato la tua visione del mondo del lavoro?

Volponi: "Adriano Olivetti era un visionario, uno dei pochi industriali che capiva che un’impresa non può vivere senza un’idea di società. Lì ho visto il tentativo, forse l’unico in Italia, di conciliare industria e umanità. Ma poi ho visto anche il tradimento di quell’idea. L’Italia ha scelto la speculazione, il profitto cieco, il lavoro alienante. Io ho sempre cercato di denunciare questo fallimento."

Se potessi riscrivere il futuro dell’Italia, quali valori metteresti al centro?

Volponi: "La giustizia sociale, la cultura, la libertà di pensiero. Ma temo che siamo andati nella direzione opposta: oggi l’Italia è un paese che si è dimenticato della sua gente, che ha svuotato la scuola, che ha reso il lavoro una condanna e non un diritto. Serve una rivoluzione morale, prima ancora che politica."

Credi che il ruolo dello scrittore sia cambiato con l’avvento del digitale e dei social media?

Volponi: "Lo scrittore deve sempre restare una voce fuori dal coro, anche se oggi il coro è più rumoroso che mai. I social illudono di dare voce a tutti, ma spesso amplificano solo il conformismo. Uno scrittore vero non deve rincorrere il pubblico, deve disturbare, deve far pensare. Se oggi scrivessi, probabilmente sarei ancora più scomodo di quanto non lo fossi già."

Se potessi scrivere un romanzo ambientato nel presente, quale sarebbe il tuo protagonista?

Volponi: "Sarebbe qualcuno ai margini, come sempre. Forse un giovane precario, uno che lotta per non essere inghiottito dalla mediocrità del suo tempo. Oppure un ex operaio, uno di quelli che ha visto il declino dell’industria e non sa più che posto abbia nel mondo. Il mio protagonista sarebbe un uomo in lotta, perché è solo nella lotta che l’uomo si riconosce veramente."

Qual è il messaggio più importante che vorresti lasciare ai lettori delle nuove generazioni?

Volponi: "Non accettate il mondo così com’è. Leggete, studiate, ribellatevi. La letteratura non serve solo a raccontare, ma a trasformare. Il potere vuole uomini docili, io voglio lettori inquieti. Solo chi è inquieto può cambiare qualcosa."

Tu hai raccontato il conflitto tra l’individuo e il potere, tra l’uomo e la macchina sociale. Credi che oggi ci sia ancora spazio per la ribellione o il sistema ha ormai vinto del tutto. Paolo rispose col suo solito tono lucido e combattivo, con un velo di amarezza, ma senza mai rinunciare del tutto alla speranza.

"Il sistema vince solo quando l’uomo smette di pensare, quando accetta senza più interrogarsi. Certo, oggi la ribellione è più difficile: il potere non ha più il volto brutale delle fabbriche ottocentesche, si è fatto più sottile, più persuasivo. Ti convince che non c’è alternativa, che il mondo è così e non può essere cambiato. Ma io non ci credo. La ribellione esiste sempre, anche quando sembra invisibile: è in chi ancora rifiuta di piegarsi, in chi legge, in chi non si accontenta di sopravvivere. La letteratura stessa è una forma di resistenza, perché costringe a guardare oltre la superficie. Quindi no, il sistema non ha vinto. Ma chi vuole combatterlo deve essere più ostinato, più consapevole, più libero."

Lo salutai a braccia aperte. E lui, forse un po’ sorpreso ma con sincera gratitudine, con un gesto asciutto, senza troppa enfasi, come chi non è abituato agli abbracci facili, ma sa riconoscere un’accoglienza autentica col suo sguardo profondo mi rispose:

"Grazie. Non è facile trovare chi ti accoglie davvero, senza chiederti di cambiare o di spiegarti troppo. E ora dimmi, com’è mutato il mondo?"

Che ti devo dire? Il mondo pare che ci si rivolti contro. Pensa te… c’è addirittura un generale che dice che “è un mondo al contrario”. Buon Compleanno, Paolo!


* L’intervista è stata svolta dal prof. Massimo Stefano Russo avvalendosi del metodo gamma da lui generato e sviluppato, col contributo di chatgpt. Il testo è opera del prof. Massimo Stefano Russo che ne è l’autore e il diretto responsabile, chatgpt ha contribuito nel fornire indicazioni e informazioni indispensabili e per questo merita di essere citata.


[1] Vòlponov era il nome con cui Massimo S. Russo si rivolgeva amichevolmente a Paolo Volponi.


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