Il quadro della settimana: “Cristo morto” di Andrea Mantegna

Tempera su tela,
 cm 68 x 81. 1470 – 1480 circa.
 Ubicato nella Pinacoteca di Brera (Milano).

di Orazio Leotta - martedì 4 dicembre 2012 - 9811 letture

Il “Cristo morto” è uno di quei dipinti eseguiti dal Mantegna durante il suo periodo mantovano alla corte di Lodovico Gonzaga. I principali elementi di forza di questo dipinto sono l’ardito scorcio prospettico e lo strabiliante nitore dei particolari. L’insolito punto di vista adottato da Mantegna, che pone in primissimo piano le carni lacerate di Cristo, aveva lo scopo di suscitare nello spettatore intensi sentimenti di pietà e compassione, sentimenti che ben si confacevano a un dipinto pensato per essere oggetto di meditazione e devozione domestica. Cristo giace disteso su una lastra di marmo. Si tratta della pietra su cui, prima della sepoltura, il suo corpo sarebbe stato lavato e cosparso di olio, come indica la presenza a destra di un vasetto che possiamo immaginare pieno di unguento profumato. 21) Cristo morto.jpg La testa di Cristo è circondata da un’aureola realizzata con polvere d’oro e poggia su un alto cuscino, un espediente, questo, adottato da Mantegna per rendere più visibile allo spettatore il volto santo. Il lenzuolo che cinge i fianchi di Cristo è il sudario con cui il suo corpo verrà avvolto al momento della sepoltura. Il compianto di Cristo morto si svolge in un interno: a destra si intravedono il pavimento composto da piccoli mattoni e una porta che si affaccia su una seconda stanza completamente buia. Accanto al corpo di Cristo sono presenti la Madonna, Giovanni d’Arimatea e una terza figura che dovrebbe essere Maddalena. Il nitore con cui ancora oggi risaltano i particolari del dipinto è stupefacente: basti osservare le lacrime, trasparenti e fragili come cristallo, che solcano i volti di Giovanni d’Arimatea e della Madonna. Se tali dettagli sembrano cesellati piuttosto che dipinti, ciò dipende dalla tecnica che in quest’opera è stata adottata da Mantegna: il maestro ha utilizzato la tempera invece dei più brillanti colori a olio e non ha steso sul dipinto il consueto strato di vernice trasparente. Quest’ultimo, infatti, esaltava i colori della superficie pittorica ma aveva il difetto di nascondere i dettagli più delicati.

Biografia a cura di Storiadell’arte.com

Andrea Mantegna nacque a Isola di Carturo verso la fine del 1430, inizi del 1431. Verso i 10 anni si trasferisce a Padova dove entra nella bottega di Francesco Squarcione. In questa città, a quel tempo, operavano artisti come Paolo Uccello, Filippo Lippi e Donatello quindi un panorama culturale ricco e stimolante per un giovane artista come Mantegna. Nel 1448 viene chiamato a far parte della squadra di artisti che decoravano la cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova dove dipinse: Storie di San Giacomo e San Cristoforo. Di questo ciclo di affreschi oggi ci restano solo le figure di Apostoli, L’assunta dell’abside e le due storie del Martirio di San Cristoforoe il Trasporto del corpo del Santo che furono trasferite altrove a causa del loro cattivo stato di conservazione, gli altri affreschi rimasti in loco sono andati perduti durante l’ultima guerra mondiale.

Comunque in queste opere è possibile osservare il carattere dell’opera di Mantegna il quale utilizza un disegno incisivo dando alle forme un profilo angoloso che si staglia nettamente sul fondo, la prospettiva viene usata per dare monumentalità alle scene e ai personaggi che le animano. Nel Martirio di San Cristoforo e nel Trasporto del corpo del Santo possiamo notare una minor durezza e una minor asprezza dei colori, questo perché intanto il pittore era venuto in contatto con le opere di Gentile e Giovanni Bellini caratterizzate da minore durezza rispetto alle sue; esemplare in questo senso è L’orazione nell’orto della National Gallery di Londra.

Di poco posteriore è il Polittico di San Luca alla pinacoteca di Brera e la Sant’Eufemia della galleria di Capodimonte a Napoli. Nel 1457 riceve la commissione per il Polittico di San Zeno per la chiesa del santo a Verona che è uno dei suoi massimi capolavori. La scena principale, rappresentante la sacra conversazione, è rappresentata all’interno di un quadriportico classico; mentre nella predella sono dipinte Scene della Passione oggi conservate al Louvre e al museo di Tours, tra le quali la Crocifissione. Nel 1460 fu invitato da Ludovico Gonzaga a Mantova dove diventerà artista di corte. Qui si dedica alla decorazione della Camera degli sposi nel palazzo ducale, per la quale idea una serie di grandi scene con punto di vista unico coincidente con il centro della stanza e una fonte di luce che corrisponde a quella reale.

In alcune scene fa una ricostruzione precisa dei personaggi e dell’ambiente che si trovava alla corte dei Gonzaga, come l’Incontro di Ludovico Gonzaga con il figlio Francesco appena eletto cardinale e la Corte dei Gonzaga. Nella volta dipinge il famoso oculo circolare aperto verso uno splendido cielo dipinto, e dal quale si affacciano figure e animali. Gli affreschi per la camera degli sposi vengono terminati probabilmente nel 1474. Dipinge in questo periodo anche una serie di ritratti dei personaggi di corte e affresca una cappella del castello di San Giorgio oggi il tutto però è andato perduto.

Dipinge inoltre una serie di piccole tavole che in origine dovevano essere collegate tra loro, ma che oggi si trovano smembrate in vari musei, tra le quali La morte della Vergineoggi al museo del Prado di Madrid e il cosiddetto Trittico degli Uffizi dicui fa parte l’Adorazione dei Magi. Sempre a questo periodo appartengono il Cristo morto di Brera famoso per lo scorcio piuttosto ardito e il San Sebastiano del Museo del Louvre.

Nel 1485 inizia una serie di grandi tele dipinte a tempera con il Trionfo di Cesare che però interrompe per un viaggio a Roma dove per Innocenzo VIII dipinge una cappella dei palazzi Vaticani poi andata distrutta nel 1780. Alla fine del quattrocento Mantegna è a Mantova dove dipinge la Madonna della vittoria commissionatagli da Francesco Gonzaga per celebrare la vittoria ottenuta nella battaglia di Fornovo del 1495, nel 1497 dipinge per la chiesa di Santa Maria in Organo a Verona la Madonna di Trivulzio.

Dipinge poi per lo studiolo di Isabella d’Este due tele a carattere mitologico: il Parnaso e Minerva che caccia i vizi, una terza tela rappresentante la Favola del dio Como rimase incompiuta a causa della morte dell’artista che avvenne il 13 settembre del 1506.


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