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Good Bye, Lenin!

Decidere di affrontare un fatto storico cosi importante, come la la caduta del muro di Berlino, con una “Commedia” potrebbe sembrare un azzardo, ma etichettare Good Bye Lenin con un solo genere è fin troppo riduttivo.

di Fabrizio Cirnigliaro - mercoledì 11 novembre 2009 - 2950 letture

Alex ( Daniel Bruhl) è cresciuto nella repubblica sociale tedesca con la madre e la sorella. Il padre è fuggito nell’ovest, è passato dall’altra parte del muro, quella del nemico. L’ottobre del 1989 a Berlino est è molto caldo, i ragazzi iniziano a scendere in piazza, e la madre di Alex, che abbandonata dal marito si è dedicata anima e corpo alla causa della patria socialista, dopo aver assistito alle percosse che i poliziotti danno ai ragazzi che manifestano, vedendo il proprio figlio arrestato, ha un infarto ed entra in coma. Si risveglierà solo dopo 8 mesi dopo. Nel frattempo tutto è cambiato, il muro è caduto, la repubblica sociale tedesca non esiste più, e anche i suoi figli sono cambiati. Alex decide di far dimettere la mamma dall’ospedale e la porta a casa, fingendo che nulla sia cambiato durante i suoi mesi di coma. E’ dell’idea che i mutamenti della Germania potrebbero essere una grossa delusione e causare ulteriori danni alla salute della mamma. Mantenere la messa in scena non è però semplice, il crollo del muro ha causato - oltre alla compravendita d mattoni usati più lucrosa della storia - anche la scomparsa dal mercato dei prodotti tipici della repubblica federale, un’altra valuta, arrivano i fast food e le sigarette delle corporation americane. Alex è quindi costretto ad inventare storie sempre più assurde per nascondere alla madre la realtà.

Decidere di affrontare un fatto storico cosi importante con una “Commedia” potrebbe sembrare un azzardo, ma etichettare Good Bye Lenin con un solo genere è fin troppo riduttivo. Un pellicola con continue trovate geniali in cui non mancano dei colpi di scena che modificano totalmente la chiave di lettura del film. Non c’è solo la nostalgia del passato, il “si stava meglio quando si stava peggio”. Alex mostra alla madre la Germania socialista che non c’è mai stata, ma che lui credeva possibile. Il gioco diventa troppo grande, ma lui non demorde. Si inventa delle storie assurde, come la presunta origine “tedesca” della coca cola, sostenendo che la formula segreta sia stata messa a punto nei laboratori tedeschi. La sua propaganda è utopistica ma originale e convincente. Nella Germania di Alex i profughi sono i cittadini di Berlino Ovest, schiavi del consumismo e “dell’insensata lotta alla sopravvivenza capitalista”. Lui ha subito la propaganda per tutta la vita, ha dovuto sempre far finta di niente, ha partecipato passivamente al teatrino della politica. La malattia della madre gli ha dato l’occasione per passare dall’altra parte, questa volta sarà lui a dirigere la messa in scena, e la fantasia di certo non gli manca. I servizi televisivi che prepara con il collega antennista sono spettacolari, precisi, emozionanti.

Momenti epocali, storici , di cambiamento, possono offrire ottimi spunti per raccontare delle vicende umane. Per gli americani ad esempio risvegliarsi dopo 8 mesi e scoprire che il presidente della nazione non è più il repubblicano , cristiano rinato, del Texas, ma un afroamericano, sconosciuto ai più solo un anno prima, che sta tentando di apportare una riforma “socialista” del sistema sanitario più pazzo del mondo, potrebbe essere un trauma come quello vissuto dalla mamma di Alex. Benigni, quando era Benigni e non ostaggio del sommo poeta, aveva in un suo vecchio spettacolo giocato su un “cambiamento” italiano, l’imprenditore amico di Craxi, non in galera ma a capo del governo. Sono passati 16 anni da allora, ed è l’Italia ad essersi addormentata, lo testimonia il fatto che nulla è mutato rispetto allo scenario descritto allora dal comico toscano, mentre intorno tutto cambia. Nei nostri confini i muri continuano ad alzarsi, negando ogni volta che accade libertà agli stranieri, alle giovani coppie, alle famiglie, alla stampa. Una nazione che dopo l’ultima crisi finanziaria dell’occidente sta pian piano tramutando in un popolo di “profughi” e poeti.


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