Agguato nel web

Intervista a Roberta Cecchetti, coordinatrice del progetto Stop.it, contro la pedo-pornografia su Internet di Save the Children
Oltre 14 milioni di italiani navigano in Internet, più di un milioni sono bambini di età compresa tra i 2 e i 13 anni, ed almeno il doppio di essi vive in case dotate di connessione al web. Un esercito di ragazzi che invia e riceve messaggi, chatta con il computer, nel chiuso della propria stanzetta, senza alcun controllo da parte dei genitori. Ed è in questa fitta rete di scambi che si insinua il pericolo sotto forma di amico, di confidente capace di discutere, di dialogare e di comprendere. Ne discutiamo con Roberta Cecchetti, coordinatrice del progetto Stop.it contro la pedo-pornografia su Internet di Save the Children.
Internet luogo senza regole, ormai largamente usato, poco sicuro per i bambini perché facilmente accessibile. Cosa, secondo te, devono fare i provider e i genitori per tutelare i giovani utenti?
Va detto che Internet è, per ragazzi e bambini, anche un luogo di grandi potenzialità, di grandissima esperienza, di contatto, di informazione, di gioco e di divertimento. Certo, come per tutti i luoghi, accanto a questi aspetti positivi ci sono, anche, quelli negativi. Rischi che devono essere portati a conoscenza dei genitori, degli adulti e degli stessi ragazzi. Ci sono alcune volte delle regole molto semplici a cui attenersi; regole di buon senso che si adottano in qualsiasi luogo come quando si cammina per strada o quando si è in una grande stazione. Per internet bisogna insegnare ai ragazzi il valore della privacy; essere gelosi dei dati personali; non sempre, infatti, si è consapevoli e sicuri di chi sia il nostro interlocutore, con chi viene effettuata una conversazione, con chi si chatta, con chi si messaggia. Bisogna insegnare a non essere completamente aperti nel dare le informazioni personali: dove si va a scuola, quale classe si frequenta ecc.
Come riesce il pedofilo attraverso internet a carpire la fiducia dell’adolescente?
Le persone che sono affette da questa patologia utilizzano qualsiasi tipo di strumento che hanno a disposizione per mettersi in contatto con le loro potenziali vittime. Strumenti che anche Internet fornisce. Per esempio un luogo che sicuramente bisogna tenere sotto controllo sono le famose chat room dove i ragazzi vanno, si incontrano, scambiano informazioni, dialogano, si conoscono; sono tante, a volte pubbliche a volte private, nelle quali si possono, potenzialmente, inserire persone con interessi sessuali nei confronti di questi bambini. Ora ci sono chat di diversi tipi: alcune possono essere moderate, con un controllo del provider, rispetto anche ai contenuti che vengono scambiati; altre, invece, vengono lasciate libere. Sicuramente è questo un modo attraverso cui potenziali abusanti possono mettersi in contatto con il ragazzo, cominciare a discutere con lui, carpirgli la fiducia, entrare in amicizia fino a creare , nelle fasi più avanzate, rapporti di esclusività e riuscire ad ottenere un incontro con il ragazzo o con la ragazza. L’identificazione delle vittime di abusi per la produzione di materiale pedo-pornografico resta l’obiettivo a cui tendere con forza. E’ una sfida di vitale importanza affinché alle vittime venga dato l’aiuto terapeutico necessario per affrontare il doppio trauma costituito in primo luogo dall’aver subito un abuso, e, in secondo, dalla consapevolezza che le immagini circoleranno per un tempo indefinito tramite Internet.
Save the Children, attraverso il sito www.stop-it.org, raccoglie segnalazioni di materiale pedo-pornografico casualmente incontrato in rete. Nel 2004 avete redatto un dossier. Rispetto a quei dati come valutate l’andamento dei primi mesi del 2005?
Non ci sono grossi cambiamenti e la percentuale si è assestata. Le segnalazioni, oltre 6000 dal novembre 2002, passano al vaglio del team di operatori di Save the Children e, qualora giudicate potenzialmente illegali, vengono girate alle autorità competenti. Va detto che sono diminuiti in maniera drastica, i siti web, con materiale pedo-pornografico ospitato su macchine italiane; il che si spiega con la maggiore attenzione al problema da parte delle Istituzioni e del settore privato e con una più incisiva attività di contrasto portata avanti dalle Forze dell’Ordine e da hotline come Stop-It. Una tendenza che abbiamo osservato negli ultimi sei-sette mesi.
Problema superato?
No. Significa che, magari, gli stessi siti sono ospitati in altri paesi; tenga presente che Internet, per sua natura, non è uno strumento di questo o quel paese. Così come il fenomeno della pedo-pornografia non è solo squisitamente italiano ma riguarda moltissime nazioni. Se ciascun paese operasse in questa direzione, se avesse una legislazione e la mettesse in atto, se ci fossero le forze dell’ordine con unità specialistiche per combattere il crimine informatico ed in particolare la pedo-pornografia si avrebbero sicuramente dei risultati molto più importanti e rilevanti.
La vostra esperienza vi fa dire che l’internet-pedofilo è un malato o un criminale? Un giovane o un anziano? Un uomo o una donna?
Chi ha interessi sessuali nei confronti di un bambini non appartiene ad una categoria sociale, ad un genere specifico o ad un particolare gruppo di età; è un soggetto che può, anche, non avere interessi sessuali.
Non bisogna,quindi, avere degli schemi ben precisi: come l’usuraio il pedofilo si cela dietro qualsiasi volto, qualsiasi professione?
Esattamente. Quello che noi usiamo spesso come termine di paragone è che, in Europa, la stragrande percentuale di abusi sessuali sui bambini avviene nell’ambito familiare più o meno allargato; questo ci spinge a dire che chi ha interessi sessuali nei confronti dei bambini può essere anche il genitore, uno zio, il nonno e non necessariamente un soggetto che potremmo riconoscere come affetto da particolare patologia.
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