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Un nuovo Risorgimento per battere la corruzione

Se ne è accorto anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. «È l’ora – dice nella Prolusine del 24 settembre - di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione.

di Vincenzo Raimondo Greco - mercoledì 10 ottobre 2012 - 3725 letture

L’Italia è un paese di corrotti e corruttori. I secondi non esisterebbero senza i primi e viceversa; è un intreccio amoroso per l’illecito, la violazione delle leggi in sfregio dei tanti bischeri che ‘rigano dritto’, non per paura ma per innata predisposizione a rispettare la legge. Da un lato fiumi di denaro per ottenere favori e vantaggi da amministratori, politici, professionisti. Dall’altra persone che si servono del proprio potere per ottenere denaro, concedendo favori illeciti. Un cancro sociale e politico che non scopriamo oggi.

«L’Italia del Settentrione è fatta,non vi sono più né Lombardi, né Piemontesi, né Toscani, né Romagnoli, noi siamo tutti italiani» scriveva Camillo Benso Conte di Cavour ma, aggiungeva «vi sono ancora i Napoletani. Oh! Vi è molta corruzione nel loro paese». Ma per il primo Presidente del consiglio dei ministri dello Stato unitario la responsabilità era da ricercare nei governanti:«Non è colpa loro, povera gente, sono stati così mal governati» Oggi la corruzione non riguarda solo le regioni meridionali ma l’Italia intera. E’ un cancro che si è allargato, ha invaso tutto il tessuto sociale, si è esteso come una ragnatela.

Se ne è accorto anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. «È l’ora – dice nella Prolusine del 24 settembre - di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione. Quando, per interessi economici, sull’uomo prevale il profitto, oppure, per ricerca di consenso, prevalgono visioni utilitaristiche o distorte, le conseguenze sono nefaste e la società si sfalda. Dispiace molto che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile. Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a sottovalutare. Ed è motivo di disagio e di rabbia per gli onesti».

La domanda che i bischeri come me si pongono è semplice: è possibile che l’arruolamento in politica sia ormai così degradato? Se scorriamo i numerosi casi di corruzione che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Se in Parlamento c’è un alto numero di indagati e condannati per corruzione, concussione, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, finanziamento illecito, associazione per delinquere e favoreggiamento alla mafia. La risposta non può che essere sì. «C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma – scrive Italo Calvino nel suo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti” – questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti».

Ecco perché si nota un allontanamento sempre più marcato del cittadino dalla politica; ecco perché un numero sempre più alto di italiani pensa di non andare a votare. Si parla di austerità, della necessità per tutti di partecipare alla salvezza di questo barcone in avaria e vicino all’autoaffondamento; eppure ogni giorno veniamo a conoscenza di tanti piccoli furbetti che si sono ingrassati in modo illegale; «di una classe – scrive Eugenio Scalfaribarricata a difesa dei suoi privilegi, dall’appropriazione delle risorse pubbliche da parte dei potenti di turno». E non c’è modo di mandarli a casa; la legge elettorale, il cosiddetto ‘Porcellum’, ha affidato ai gruppi dirigenti dei partiti la possibilità di scegliere i rappresentanti del popolo. Una scelta improvvida, votata da Forza Italia, Alleanza Nazionale, Unione Democratici cristiani e Lega Nord, che rende dal 2005 impossibile un reale controllo dell’elettore sull’eletto. Non a caso oggi l’Italia tocca il punto più basso della storia repubblicana. Dal 1994 ad oggi solo la Giunta delle Autorizzazioni della Camera ha analizzato 500 casi di procedimenti giudiziari.

Ma torniamo alla questione principale:l’Italia paese di corrotti e corruttori. «Poco importa – diceva Giuseppe Mazzini - che voi possiate dirvi puri se avete a due passi la corruzione e non cercate combatterla». E’ l’invito a non tacere, a denunciare, a scegliere un candidato diverso e, quindi, un Paese diverso. Ma i cittadini ‘bischeri’, quelli che in Toscana sono considerati poco furbi, devono avere tutti gli strumenti per poter reagire a questo abbraccio colerico al quale sono sottoposti dal malaffare e dalla corruzione. E allora ha ragione il cardinale Bagnasco che dice: «Bisogna certo che gli stessi cittadini, che pure oggi sono così scossi, insieme al diritto di scelta dei propri governanti esercitino un più penetrante discernimento, per non cadere in tranelli mortificanti la stessa democrazia».

Un nuovo Risorgimento dei ‘bischeri’ d’Italia per rompere quel sistema politico-sociale e culturale nel quale molte persone possono trovare il loro tornaconto, il loro vantaggio pratico. Il Risorgimento dei diversi e degli onesti; di questo ha bisogno l’Italia per ritornare ad essere una grande nazione.


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