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The Wrestler

Un film di Darren Aronofsky. Con Mickey Rourke, Marisa Tomei e Evan Rachel Wood.

di Antonio Cavallaro - mercoledì 25 marzo 2009 - 5592 letture

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Venti anni dopo essere stato un campione di wrestler, a Randy “Ram” Robinson è rimasto solo il suo mito, la sua ingombrante leggenda che si trascina in giro quando non si esibisce nelle palestre dei licei per pochi soldi, o in altre patetiche occasioni in cui riesce a spremere ancora qualcosa dall’eco che suscita nei fan il vecchio campione degli anni 80. Solo, Randy vive in una roulotte, dimentico di quella figlia che ha abbandonato anni fa e con la sola amicizia di una spogliarellista che lo tratta però alla stregua degli altri clienti.

Quando dopo l’ennesimo imbarazzante incontro, Randy è costretto - a causa di un infarto - ad abbandonare la lotta, proverà a portare la sua “carne maciullata” dentro la vita normale e allora Randy tenterà di riallacciare i rapporti con la figlia, troverà un lavoro per tirare avanti, cercherà l’affetto della stripper Pam/Cassidy. Nel tentativo di diventare quell’uomo che non è mai stato, il lottatore immagina il boato del suo vecchio pubblico che lo sostiene e lo ama ancora, ma fuori dal ring è relegato solo al ruolo di perdente e allora, The Ram, incurante della sua stessa vita deciderà di tornare a combattere.

Vincitore del Leone d’Oro all’ultimo festival di Venezia e della Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, “The Wrestler” è il miglior film di Darren Aronofsky. Abbandonati gli eccessi e i barocchismi visivi delle prove precedenti, il regista opta per un schema narrativo più semplice ma dagli effetti molto coinvolgenti. Lo sguardo della macchina da presa che segue l’errare del campione provato dalla vita, annulla fin dalla prima scena in cui si osserva Randy al di fuori del ring l’estraniazione dello spettatore. Randy Robinson è l’archetipo del fallimento, del perdente, che Aronofsky rende – attraverso la finzione cinematografica – nella maniera più reale possibile: un personaggio incredibile ma privo di eccessi e a cui il registro filmico non concede nulla; uno dei più “veri”, fra i protagonisti proposti negli ultimi anni dal cinema americano.

La cifra stilistica adottata dal regista è uguale per tutti i personaggi coinvolti nella storia, dai ruoli più importanti a qualunque dei comprimari minori (basti pensare alla scena in cui Randy si ritrova con altri vecchi lottatori in una sala per firmare autografi), nondimeno accade per i diversi luoghi narrativi affrontati dalla storia. E più di altri, emerge la resa spietata e quasi brutale per la sua crudezza, del mondo del wrestling. Aronofsky stravolge la normale prospettiva attraverso la quale si osserva questo finto sport fatto di messe inscena , paillettes e calzamaglie aderenti, mostrandone la drammatica realtà fatta di abusi, droghe e corpi storpiati.

A rendere “The Wrestler” un film solido e concreto, è l’assenza di patetismi e facili sentimentalismi ad effetto a cui la storia poteva facilmente prostituirsi; ma soprattutto è la grande prova di Rourke, che ci mette l’anima e si vede benissimo. Il personaggio di Randy Robinson gli restituisce su celluloide gli onori e gli oneri di una vita eccessiva, spinta sempre al massimo. E Rourke non si tira certo indietro in questa interpretazione. Oltre a prestare la sua ormai incredibile faccia e il suo smisurato talento, mette a dura prova durante la lavorazione il suo corpo e la sua salute, finendo tre volte in ospedale. Il suo Randy “The Ram” Robinson” meritava l’oscar più del Harvey Milk di Sean Penn. Ottima la prova di Marisa Tomei, nel personaggio di una spogliarellista non molto diversa come affinità dal protagonista e forse per questo così spaventata e al contempo attratta da lui.

Ottima anche la colonna sonora, tutta anni 80 (la Sweet Child O’Mine dei Guns ‘N Roses che parte alla fine dell’ultimo dialogo fra Rourke e la Tomei dà i brividi), a cui si accompagna la ballata pluripremiata e scritta appositamente per il film di Springsteen.


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