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Parigi celebra Pier Paolo Pasolini

Un rapporto sempre vivido nella cultura francese, per “l’artista più scandaloso del XX secolo”, come viene considerato dal curatore dell’allestimento parigino Serge Toubiana

di Armando Lostaglio - martedì 5 novembre 2013 - 4838 letture

E’ la Roma di Pier Paolo Pasolini quella che Parigi celebra nella sua celeberrima Cinématèque Francaise. Un omaggio che la cultura d’Oltralpe decreta all’intellettuale, scrittore, regista e poeta che ha molto amato e non ha mai dimenticato. Si intitola Pasolini Roma l’imponente retrospettiva corredata di proiezioni e immagini, di dibattiti e confronti, interviste inedite del poeta e foto rare; viene proposta nel centenario della nascita del fondatore della Cinématèque, Henri Langlois, inaugurata mercoledì 30 ottobre e sarà a Parigi fino al prossimo 26 gennaio.

Proseguirà il suo percorso europeo grazie alla proficua collaborazione con altre importanti istituzioni culturali come il Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Cccb di Barcellona ed il Martin-Gropius-Bau di Berlino. Pasolini a Parigi, in memoria delle iniziali collaborazioni con il regista Jean-Luc Godard ed il saggista Roland Barthes. Ma anche per l’amore ritenuto “impossibile” con Maria Callas, nato sul set di “Medea”.

Un rapporto sempre vivido nella cultura francese, per “l’artista più scandaloso del XX secolo”, come viene considerato dal curatore dell’allestimento parigino Serge Toubiana, che ospiterà fra gli altri la scrittrice Dacia Maraini e l’attore Ninetto Davoli. “Come un Rimbaud senza genio” Pasolini giunse a Roma in treno nel gennaio del 1950 insieme all’adorata madre Susanna, che in seguito immortalerà in alcune sequenze di due suoi capolavori: “Il vangelo secondo Matteo” e “Teorema”.

Pasolini considerava la Città Eterna “stupenda e misera”, che tuttavia lo plasmò oltremodo anche verso quella “vita ignota” delle borgate e le periferie, con la loro umanità senza tempo e senza storia. Il poeta e scrittore ne scrutò le atmosfere e le immortalò come un moderno Caravaggio, nel rappresentare i toni chiaroscuri, verso la valorizzazione di una complessità antropologica, che fino ad allora mai era stata affrontata con simile acutezza (tipica del regista), tanto che si possa parlare di una Roma prima e dopo Pasolini.

Una retrospettiva, dunque, che legittima una fruttuosa ed indispensabile cooperazione europea, nel nome e nel segno di uno dei più ammirati e controversi geni del nostro tempo.


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