Il mio grande grosso governo

Si ricomincia con le miserie di sempre: posti da occupare e giornali fashion

di Adriano Todaro - mercoledì 11 settembre 2019 - 19227 letture

L’eterno ministro Franceschini deve amare molto le cose e le persone “grandi”. Infatti è d’accordo per far entrare le “grandi” navi in piazza San Marco, a Venezia (ma ora ha affermato che alla fine del suo mandato le navi non entreranno più), e ha deciso di riportare al potere il “grande” Salvo Nastasi che, oltre che grande è anche grosso. Diventerà Segretario generale del Mibact, Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Classe 1973, questo “grande” è stato già tutto e, soprattutto, è marito di Giulia Minoli della famosa casata Bernabei ammanicata con Gianni Letta e non solo. Fra l’altro è stato commissario di vari Teatri fra cui il San Carlo di Napoli. E chi diventò direttrice del teatro, giustamente retribuita? Bravi! Proprio sua moglie Giulia, la nipotina della ex ministra Giovanna Melandri, prima Ds e poi Pd. Quando si dice il caso. Il grande e grosso Salvo è stato con Giuliano Urbani, Rocco Buttiglione, Francesco Rutelli, Sandro Bondi, Giancarlo Galan, il sobrio Monti, Lorenzo Oranghi, il sereno Letta e lo statista di Rignano Matteo Renzi. Deciderà lui, Nastasi, a chi dare i soldi del ministero.

Nel nuovo governo, però, non ci sono solo i grandi e grossi. Ci sono anche quelli magri ma che hanno ambizioni grosse. Uno è, ad esempio, Piero De Luca che è magro ma che sembra abbia buon appetito di poltrone. Lui di mestiere fa il deputato Pd e, anche, il figlio del governatore campano Vicienzo. Per lui si parla di una poltroncina da sottosegretario al ministero del Lavoro. Non va bene? Nessun problema. Luca è flessibile come lo sono tutti i giovani: si può spostare al ministero dello Sviluppo economico. Non va bene. Allora si sposta alle Infrastrutture. Non ci siamo ancora? Beh, allora lo possiamo mandare al Viminale.

Una che, invece, si è portata avanti con il lavoro è Anna Ascani, classe 1987 e, nientepopodimenoche, vicepresidente del Pd. Renziana di stretta osservanza giacchettina, aspirava a diventare ministra degli Affari regionali ma è stata fregata dal compagno di partito Francesco Boccia. Allora ha ripiegato a diventare “Viceministro dell’Istruzione”. Ma è già stata nominata? Macché. Però venerdì 13 settembre, va a parlare alla sede del Pd di Londra (me cojoni!) e sull’invito c’è già stampigliato “Viceministro dell’Istruzione” (ma lei non c’entra hanno detto i demolondinesi che, come tutti sanno, sono dei mattacchioni. La colpa è stata di un iscritto che ha compiuto un errore di sbaglio). Questa Ascani è da tenere d’occhio perché è una del fare e occhio anche perché il venerdì 13 porta sfiga. Vedi mai che gli salta anche questo strapuntino?

I giornali poi si sono sbizzarriti nelle critiche ai ministri effettivi come Teresa Bellanova, ministra all’Agricoltura. Criticata, soprattutto, per due motivi: che ha solo la terza media e che si è presentata con un allegro vestito blu a sbalzi nel momento del giuramento. Intanto, sul titolo di studio, c’è da dire che, per esempio, Ignazio La Russa, è laureato ma non per questo ha mai capito niente. Come del resto è laureato Danilo Toninelli. E anche Alessia Morani è laureata, ma insomma… E mi fermo qui. Lei, invece, la Bellanova capisce molto di agricoltura considerato che a 14 anni ha cominciato a lavorare la terra e lottare contro il caporalato. A me, il vestito blu è piaciuto. È stata una nota di allegria in mezzo alla tristezza degli altri vestiti, tutti neri o simili. Ha un solo punto negativo, per me, la ministra. Che dopo aver lottato da sindacalista contro il tentativo di Berlusconi di abolire l’art. 18, ha difeso strenuamente lo job act e, di conseguenza, l’abolizione dell’articolo 18. Tanto è vero che Renzi l’ha subito chiamata alla Leopolda a parlare.

Frattanto il dibattito sul nuovo governo è volato alto, soprattutto per merito dei “grandi” giornali. Voi state ancora lì a pensare se gli evasori andranno in galera, se la scuola uscirà dall’eterna crisi al punto di non doversi portare da casa la carta igienica, se ci sarà un futuro per i giovani e tanto altro. Tutte cazzate! Il problema fondamentale è se Conte continuerà a portare la pochette a 4 punte oppure a 3. Guardate che è un quesito da togliere il sonno e gli operai della Whirpool di Napoli lo vogliono e lo debbono sapere. Ne hanno il diritto. Per fortuna Repubblica è andata proprio a Napoli ad intervistare il signor Marinella, famoso sarto e noto per le sue famose cravatte, quelle di Berlusconi. E qual è stato il responso di Marinella? “La tradizione napoletana vuole che siano tre, ma possono diventare quattro se il taschino è ampio, l’importante è che il fazzoletto sia rigorosamente in tinta unita, misuri 33 cm x33 e che sia di lino, in battista o in misto lino e cotone perché la seta non tiene”.

Capito? Il problema è il vestito blu della signora Bellanova e la pochette di Conte. Tutto il resto è noia. Ho detto noia non gioia.


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