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"Dias de Santiago": Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?

Dias de Santiago è un dramma shakespeariano e non essere è l’epilogo della pellicola.

di Teresa Geria - mercoledì 18 maggio 2005 - 5684 letture

DIAS DE SANTIAGO / Regia: Josué Méndez. - Produzione : Perù, 2004.

Nascere per essere combattente. Combattere per sentire l’adrenalina in corpo. Uccidere per non essere uccisi. Santiago è tutto questo per 6 anni. Il suo rientro in società è scomodo, è un voler essere altrove, è continuare a vivere una missione. Salvare anche una sola anima. Allora sì. Sarebbe proprio come essere nella selva, in silenzio, dove il fucile è la continuazione del tuo braccio. Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo come leitmotiv del primo lungometraggio di Josué Méndez.

Se il film fosse un dipinto sarebbe espressionista. Il bianco e nero si alterna al colore in un montaggio che prosegue a singhiozzi. La mirada costante. Il nemico che senti alle spalle. Tu lo vedi. Lo schivi. Lo annienti. I ponti sonori e le voci si accalcano in un flusso di pensieri, che assilla Santiago e lo spettatore. L’immagine, volutamente imperfetta, è visibilmente una somma di pixels/tasselli di un puzzle temporale non costante.

Il protagonista pensa che tutto ha un ordine, altrimenti nulla esiste. Ma ogni suo tentativo di miglioramento è pura illusione. E intanto Lima non fiata nella notte. E intanto Lima ruggisce in riva al mare.

Santiago non dorme, non può. Tranquilo, quiero star tranquilo! Nella percezione della realtà patologicamente esasperata, lui trova una via di fuga. Una solitaria roulette russa è più semplice della vita.

Dias de Santiago è un dramma shakespeariano e non essere è l’epilogo della pellicola.


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