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Australian Open 2018

Il tennis è uno sport dove non sempre vince il più forte. A volte basta essere più furbi.

di Piero Buscemi - sabato 27 gennaio 2018 - 5132 letture

Che il tennis sia uno sport che per portare risultati necessita di due indissolubili qualità, la tecnica e la testa, è da sempre risaputo. La condizione mentale, oggi allenata alla stessa stregua di quella fisica, fa la differenza tra due avversari che esprimono le stesse caratteristiche di gioco. Riuscire a mantenere la freddezza e la concentrazione giusta, consente di non commettere eccessivi errori e di interpretare la partita con un approccio vincente. 20180127_111036

Molti giocatori si distinguono proprio per questo, non solo per le loro qualità di gioco. Sono quelli definiti glaciali, per la loro capacità di nascondere la tensione e l’emotività in certi frangenti dell’incontro. La finale femminile degli Australian Open vedeva di fronte la numero 1 del mondo, adesso ex, la rumena Simona Halep contro la danese Caroline Wozniacki, nuova leader della classifica mondiale. 20180127_112456

Era noto a tutti che si sarebbe assistito ad una partita combattuta e senza una favorita netta, considerando che in queste due settimane, si erano apprezzate ambedue, la Halep per una maturità e crescita tattica che, non solo aveva giustificato la sua prima posizione mondiale, ma anche un miglioramento mentale che, nel recente passato le aveva fatto fallire proprie le ultimi fasi di importanti tornei internazionali. La Wozniacki, per essere tornata a grandi livelli di gioco e di risultati. In pratica, tutti erano d’accordo che questa fosse la finale più giusta. 20180127_120054

Ma non vogliamo dedicarci alle note statistiche della partita. La danese ha scritto il suo nome nell’albo dello slam australiano, vincendo l’incontro e tornando al numero 1 del mondo, dopo sei anni di assenza. E’ più che sufficiente per riassumere i dati salienti. A noi importa risaltare come questa atleta sia arrivata ad aggiudicarsi il primo slam della stagione e della sua carriera.

La serata si era presentata subito molto umida e calda, niente di particolare considerando la location del torneo posta sull’altro emisfero e quindi nella stagione opposta a quella che stiamo vivendo in Europa. Le condizioni atmosferiche hanno inciso sin dall’inizio con maggior peso sulle caratteristiche della rumena, da sempre molto sofferente del caldo e dell’eccessiva umidità. A dimostrazione di questo, alla fine del secondo set, che la Halep si è aggiudicata portando il risultato su un set pari, le due atlete hanno potuto beneficiare della pausa di dieci minuti richiesta dalla Halep, costretta qualche game prima a farsi misurare la pressione sanguigna.

Al rientro in campo, ci si accorge subito che la pausa ha fruttato maggiori benefici alla Wozniacki che si porta subito sul 2-0. Un interminabile terzo gioco del set decisivo, riporta in partita la Halep che, dopo aver riperso il proprio turno di servizio, lasciando a tutti la sensazione di aver abbandonato la presa, con molta forza d’animo e abbreviando molto gli scambi si porta in vantaggio sul 4-3. Si va al cambio di campo con Simona che dovrà servire per allungare il vantaggio.

Il colpo di genio di tutta la partita lo confeziona Caroline. No, non stiamo parlando di un colpo tecnico di incredibile fattura o di un recupero a fondo campo miracoloso. Si tratta di ben altro. La Wozniacki che, fino a quel momento non aveva dimostrato alcuna fatica o risentimento muscolare o articolare che sia, si inventa, si, non troviamo altro verbo da utilizzare per rendere bene l’idea, un infortunio al ginocchio sinistro, chiedendo l’intervento del medico e dei dieci minuti di assistenza sanitaria.

Dieci minuti che decideranno il risultato finale. Si ritorna in campo con la Halep visibilmente danneggiata da questa imprevista interruzione, mentre era in vantaggio. Si spezza il ritmo agonistico che le aveva consentito di vincere gli ultimi tre game di fila e di preparare il colpo di grazia per la Wozniacki. Ed invece, è proprio quest’ultima che, miracolosamente, come se l’infortunio al ginocchio non fosse mai esistito, si trasforma in una furia e, approfittando del crollo mentale della Halep, inanella tre game consecutivi e si aggiudica il torneo.

Intendiamoci, il tennis ci ha abituati molte volte a questi capovolgimenti del risultato, ma qui è fin troppo evidente un comportamento furbesco e al limite della correttezza sportiva. Chi si appassiona di tennis e lo preferisce agli spettacoli, spesso indecorosi, che il più popolare sport italiano offre, è anche perché la correttezza ed il rispetto per l’avversario ed il pubblico, è messo al primo posto rispetto al risultato. In tempi di tecnologia applicata allo sport, il tennis è sempre stato all’avanguardia, dovendo essere supportato da macchine in grado di aiutare i riflessi dell’occhio umano, visto che un punto è sempre questione di centimetri, con palline che negli scambi viaggiano a 150 km/h.

Ciò non toglie che sia diventato veramente raro l’episodio di giocatori che vanno in escandescenze e non solo per le multe previste dalla Federazione. Quello che ha sempre fatto la differenza con il calcio, è l’assenza del pareggio che costringe gli atleti a provare a rimanere in gioco fino all’ultimo. Ricorrere ad espedienti come quello messo in opera dalla danese, riporta il tennis a quel meschino atteggiamento che, nel calcio, ha visto entrare in scena la Var, per provare ad impedire a cascatori, simulatori e sviste volute degli arbitri, spesso verificatasi inutile.

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Senza nulla togliere ai meriti sportivi della Wozniacki, alla ancora fragilità di tenuta mentale della Halep, ci uniamo anche noi a quanto sarà diffuso a caratteri cubitali sui giornali sportivi: Caroline Wozniacki è la nuova campionessa. Si, di furbizia.


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