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SE METTI LA CENTRIFUGA ALLA TELEVISIONE - Paolo Rossi al Manifesto

Domenica, 04 Gennaio. La televisione italiana compie 50 anni. Che auguri le facciamo? Intanto me li faccio a me che preferisco, anche perché ho quasi gli stessi anni: siamo cresciuti assieme... Io la la televisione continuo a considerarla un elettrodomestico che a volte ha anche dei guizzi artistici, come li ha la lavatrice se metti in centrifuga delle vesti molto colorate e variopinte:

di Giuseppe Castiglia - sabato 3 gennaio 2004 - 5765 letture

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50 anni di TV

una sorta di caleidoscopio, che uno può stare lì tranquillo con un buon bicchiere di vino e dopo un po’ comincia a vedere delle cose interessanti......I miei auguri? Beh, una volta la tv insegnava a leggere e a scrivere a molti italiani, il programma si chiamava Non è mai troppo tardi. Questa è una delle cose più importanti che può fare la televisione, oltra a intrattenere. Credo però che in questi ultimi anni la tv sia stata responsabile di tutti quei modelli di arroganza, individualismo, consumismo, egoismo e superficialità che circolano nelle nostre strade. Dunque le faccio l’augurio di essere proprio libera e di poter dare ancora spazio a programmi di alfabetismo, di educazione. Quantomeno civica, morale, culturale e artistica. E poi di avere dentro delle persone coraggiose, perché il volto della tv cambia davvero solo quando arrivano delle persone coraggiose come fu Guglielmi, senza il quale io non avrei mai messo piede alla Rai, o come Freccero e altri che hanno saputo dare alla tv anche un senso artistico, senza obbligare chi guarda a ripiegare sulla lavatrice.

La Rai celebra se stessa nel momento di massima sterilizzazione dei propri programmi...

Non so se questo è il momento di massima sterilizzazione perché anche negli anni `50 e ’60 non scherzavano mica poco. La prima volta che sono andato in Rai all’inizio degli anni ’80, avevo un pezzo sulle infiammazioni perché allora si cominciava a parlare di Aids. Sostenevo che la gente non ha cultura perché quando uno si prendeva l’infiammazione faceva finta di niente e andava con un’altra persona, che si prendeva l’infiammazione, faceva finta di niente e via così, come una catena infiammata di Sant’Antonio. E quando l’ultimo della catena andava col primo che era guarito da un pezzo, tutto ricominciava da capo per una sorta di ignoranza e onestà del proporsi agli altri. Credo che quel discorso fosse anche altamente pedagogico. Venne il funzionario Rai - era l’83, le prime volte che andavo in tv - mi prese da parte e mi disse che la parola infiammazione era nella lista delle parole che non si possono dire in tv. Guardi Rossi - mi disse ancora - lei deve capire che la censura talvolta stimola la creatività degli artisti, non deve prenderla da un punto di vista di castrazione, perché in realtà Petrolini senza la censura non sarebbe arrivata al Futurismo. Io allora chiesi cosa avrebbe fatto Petrolini e lui rispose che l’avrebbe sostituita con un’altra parola perché così era troppo volgare. E con che? Con peperone, ribattè il funzionario. Così uno si prendeva un peperone, faceva finta di niente e andava con un altro che si prendeva un peperone e faceva finta di niente... Alla fine dissi infiammazione, dopo aver promesso che non lo avrei detto. Ovviamente non feci tutte le mie puntate. Uno o due anni dopo, al Cappello sulle 23 che era una trasmissione serale della Rai con uno spogliarello, cominciarono a controllarmi i testi. Oggi è ancora più grave perché abbiamo uno schieramento monopolistico di tv. I veri problemi non sono quelli miei, di Sabina Guzzanti, di Luttazzi o di Dario Fo, il problema è di tutti quelli che hanno delle idee un minimo originali e fuori dal coro, anche al di là della satira. Noi almeno siamo sotto i riflettori, possiamo fare le interviste, abbiamo i teatri, comunque nella tv in un modo o nell’altro riusciamo a infilarci. Gli altri invece non entrano neanche nel cortile del garage del penultimo ufficio dell’ultimo burocrate del terzultimo network, cazzo. E questo è uno spreco di talenti, noi in Italia stiamo sprecando intere generazioni, non solo nel campo televisivo. Alcune le hanno rincoglionite completamente e quelle nuove non hanno spazio. Senza voler essere pessimisti a oltranza, l’unica speranza è che con internet e il moltiplicarsi dei canali tutto si frantumi. La televisone si può usare in tanti modi, credo che quello che è successo doveva essere previsto un po’prima, abbiamo avuto un governo di centrosinistra o sbaglio?

Non ci sono grandi differenze?

Le persone che vedevo far la fila nei luoghi del potere quando il potere era in mano ai socialisti, sono le stesse che ho visto quando c’erano quelli del centrosinistra e sono le stesse che vedo a volte nel bar davanti alla sede di Forza Italia in viale Monza a Milano. Questo paese deve fare i conti con la propria identità e quindi anche con i propri lati oscuri, anche se non è piaceviole.

Qual’è il tuo primo ricordo della tv?

Due ricordi. Uno è un lampo nella mia memoria: mio nonno che mi porta a vedere I Magnifici Sette. A metà, il film viene interrotto, si accendono le luci e ogni cinque file c’è un grande sgabellone con sopra la televisione che proietta la finale di Lascia o Raddoppia. Io ero un bambino, piccolissimo e incazzato perché volevo vedere quanti sopravvivevano dei Magnifi Sette e a me di quello lì che faceva il quiz non interessava niente. E poi ricordo che mio nonno comprò la tv, nel `66, per vedere la partita Italia-Corea che gli azzurri persero 1-0. Tanta era all’inizio la felicità per avere finalmente un televisore dentro casa e tanta la disperazione nel vedere l’Italia perdere - era il mio primo mondiale - , che mio nonno per consolarmi disse: piglia un bicchiere di vino, và. La tv mi ha fatto scoprire il teatro e mi ha accompagnato per tutta la vita. Il problema è che la considero un elettrodomestico, così mi allegerisco il peso di sapere che in realtà è una arma micidiale. A volte a casa ho voglia di farmi i cazzi miei e non pensare al mondo. Comunque, se non sbaglio, è Licio Gelli ad avere il copyryght dell’idea che con il controllo dei media si può portare la popolazione a un livello di ottundimento e di omologazione tale da poterla governare con estrema facilità.

E’ quello che sta succedendo ora?

Purtroppo è già successo.

Quando torni in tv?

Ogni tanto mi ci infilo in mezzo. Io sono molto autoironico su quello che sta succedendo, non mi va di prendermi troppo sul serio, non mi sento una vittima. A chi fa satira, far casino piace, ci si diverte. Io tornerò a fare tv quando ci sarà lo spazio e quando avrò un’idea mia, come per Su la testa. Purtroppo non dipende solo dal fatto che mi vengano le idee, che in questo periodo sono poche perché non saprei dove metterle. Il problema è che non c’è più spazio per l’originalità.


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