Sei all'interno di >> :.: Primo Piano | Politiche |

Ricorsi

Una diatriba mai risolta assegna alla Sicilia la nascita anche della lingua italiana, ma di questo a Firenze non tutti sono d’accordo, preferendo attribuire al fiorentino l’ufficialità e lasciando ai siciliani la nascita della poesia con la Scuola Siciliana del XII secolo.

di Piero Buscemi - mercoledì 17 novembre 2010 - 2512 letture

Molte cose sono nate in Sicilia. Alcune vere, altre legate al mito e la tradizione. Questa terra è stata sempre accostata alla leggenda, utilizzata per spiegare e giustificare, il più delle volte, le contraddizioni e le rassegnazioni del suo popolo.

Si va dalla nascita del gelato, per mantenerci ad un livello più terreno, ma qui ha origine anche la polis, che originerà le città-stato dei successivi secoli. Grazie ai Greci, la Sicilia può vantare la nascita del gusto per l’architettura dorica ma anche, a detta di molti, dell’uso della moneta.

Una diatriba mai risolta assegna alla Sicilia la nascita anche della lingua italiana, ma di questo a Firenze non tutti sono d’accordo, preferendo attribuire al fiorentino l’ufficialità e lasciando ai siciliani la nascita della poesia con la Scuola Siciliana del XII secolo.

Per avvicinarci ai giorni nostri, difficile tralasciare la Sicilia se si vuole parlare di Unità d’Italia, più spesso decantata che sentita, in modo particolare alla vigilia del 150° anniversario che ricorrerà il prossimo anno.

Sappiamo anche, e con conseguenze ormai nazionalizzate, che questa è la patria della originariamente cultura mafiosa, e poi sistema organizzato criminale, che ha trovato applicazione e consenso da parte del potere politico per risolvere le proprie questioni di convivenza.

Ma non è sulla mafia che vogliamo focalizzare la nostra attenzione, e lasciamo volentieri ad altri l’incombenza di occuparsene con professionalità. Preferiamo analizzare, per un attimo e da profani, le vicende politiche di questi giorni che, a dimostrazione di quanto fino ad ora esposto, ci danno la conferma della sicilianità degli eventi che hanno mostrato una Sicilia spesso precorritrice dei stravolgimenti dell’intero paese.

Mantenendoci, ancora una volta, su un livello molto terreno, ci sovvengono in mente dei primordiali tentativi di coesione (parola inflazionata negli ultimi tempi, quasi come libertà e democrazia), tra forze politiche storicamente agli antipodi.

Ricordiamo la composizione delle liste elettorali di un paesino della provincia messinese ionica che, all’ultima tornata elettorale vide come contropartita alla coalizione uscente degli ultimi trent’anni, una lista di nomi che contemplava candidati di estrazione di centro-sinistra (difficile poi, individuare quali requisiti occorra avere per essere giudicati di centro-sinistra) con altri che, nella storia politica del paesello, erano cresciuti sotto la fiamma del “nostalgismo”.

Il fenomeno, che qualcuno ci fa notare sembra sia stato già vissuto in altre realtà della zona ma non dubitiamo anche in altre parti della Sicilia, creò già allora i presupposti di una incoerenza di ideali con i quali, opportunisticamente, ci si poteva schierare con qualsiasi oracolo del momento ed avere la certezza di stare dalla parte della ragione.

Un fenomeno che, a parte le risposte delle urne, ha consentito l’opportunità, da non sottovalutare, di costruire piccole carriere politiche in ancor più piccole realtà, dove in certi casi ha rappresentato il modo per assicurarsi un reddito per almeno cinque anni. Una situazione che ha imposto, per necessità irrinunciabile, di evitare particolari crisi e pericolose elezioni anticipate. Un obbrobrio pensare addirittura al commissariamento.

Reduci da queste prime esperienze, Palazzo d’Orleans a Palermo ha affinato la tecnica e la formazione del quarto governo Lombardo ha trovato il suo più alto livello di "coesione" con il sostegno dei "compagni", per la solita ragion di stato, ad una coalizione legittimamente e democraticamente scelta dal popolo. E sostenuta dal governo nazionale di centro-destra.

Ora, soffermarsi a farsi domande sulla logica e la coerenza di tutto questo, lo abbiamo detto in altre occasioni, vuol dire perseverare nell’ingenuità. Chiedersi come si possa condividere un programma di governo regionale, partorito da chi culturalmente dovrebbe stare all’opposto degli ideali e i principi di centro-sinistra, è veramente da ingenui. Sarebbe come ripercorrere gli ultimi quindici anni di vita e scelta politica di Gianfranco Fini.

Intanto, in attesa degli ulteriori sviluppi nazionali, figli della creatività siciliana, per la cronaca vi informiamo che le elezioni comunali del paesello messinese furono vinte, per l’ennesima volta, dal candidato uscente. Ma per altri cinque anni, molti hanno avuto un "futuro" garantito. Per la "libertà", aspettiamo il corso degli eventi.


- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -