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Nel territorio algherese nuovi orizzonti di ricerca per una storia della Sardegna romana

Le recenti scoperte archeologiche nelle vicinanze di Alghero (SS) richiamano l’attenzione su un territorio che ancora nasconde molti misteri sulla sua storia in età romana.

di pietro g. serra - mercoledì 31 ottobre 2007 - 7837 letture

Nel territorio algherese nuovi orizzonti di ricerca per una storia della Sardegna romana

Le recenti scoperte archeologiche nelle vicinanze di Alghero (SS) richiamano l’attenzione su un territorio che ancora nasconde molti misteri sulla sua storia in età romana.

Di Raffaele Sari Bozzolo

Il territorio di Alghero presenta ancora molti campi d’indagine storica ed archeologica, ad oggi sviluppati in modo solo parziale. Le recentissime scoperte archeologiche nell’area di Monti Carru (già zona di interesse archeologico per la presenza nelle estremità ovest ed est della collina di due torri nuragiche) hanno rivelato la presenza di alcune tombe di età romana (di I^ sec. d.C.) facenti parte di una necropoli, costituita al momento da circa 160 tombe di varia tipologia (a fossa terragna, alla cappuccina, a cassa, in anfora).

Si tratta di uno dei ritrovamenti più importanti degli ultimi anni in Sardegna. Questa necropoli conferma la presenza nelle vicinanze di un abitato romano di notevole estensione ( le cui tracce erano già state ritrovate negli anni passati nell’area limitrofa della Purissima). Si dovrebbe trattare dell’antica città di Carbia citata in antichi documentati ma mai localizzata con certezza.

Ciò che resta certo comunque è che tra i periodi più misteriosi della storia del nostro territorio c’è quello relativo all’età romana. Dopo la seconda guerra punica i romani sbarcarono in Sardegna, interessandosi soprattutto alle coste, alle pianure fertili e alla costruzione di strade che potessero collegare tra loro i più importanti centri. Nel territorio algherese la loro presenza fu piuttosto massiccia eppure ciò che è giunto a noi sono tracce piuttosto labili.

Secondo fonti di epoca romana, nelle vicinanze di Alghero sorgevano i centri di Tilium, Ninpheus Portus (Porto Conte), Calmedia, Barax, Carbia, Corax, Nure. L’itinerario Antoniniano (cosidetto perchè scritto forse sotto l’imperatore Antonino Caracalla, 211-217 d. C.), nel descrivere la grande strada romana che portava da Turris Libisonis (Porto Torres) a Carales (Cagliari) lungo la costa occidentale dell’isola, citava due "stazioni" nei dintorni del golfo di Alghero: Nure, il cui nome richiama alla regione in cui doveva essere collocata, la Nurra, e Carbia.

Certamente nel tempo c’è stato un certo disaccordo su dove realmente sorgessero i centri citati dall’Itinerario Antoniniano: Giuseppe Manno mantiene Nure sulla costa occidentale ed in particolare nella Nurra, dove all’Argentiera sarebbe documentata l’attività di miniere in età imperiale; Carbia è sempre rimasta di incerta localizzazione, anche se oggi – in virtù dei sopracitati ritrovamenti archeologici – si propende a collocarla nei pressi della chiesa di Santa Maria di Calvia : il Manno riferisce l’opinione del Cluverio, seguito dal Braudand, Briet e La Maritinière, che vogliono il porto di Coracodes e l’antica (seppure archeologicamente inesistente) città di Corax «nel luogo ove ora fa di se bella mostra la dolce patria mia Alghero» (301 s.), ipotesi recentemente ripresa anche da Rafael Caria.

Fra Nure e Carbia un’importante strada correva lungo la costa, toccando il Nympheus Portus, l’attuale Porto Conte, dove - in località Sant’Imbenia - sono stati trovati i resti di una splendida villa romana del periodo imperiale, probabilmente costruita nel I-II secolo d.C., periodo in cui raggiunse il massimo splendore. I resti della villa, parzialmente sommersi, suggeriscono che si trattasse di una villa d’ozio sul mare, dove il padrone si recava in villeggiatura, anche se come tutte le ville doveva essere collegata ad un latifondo ed ospitare strutture produttive di un certo rilievo.

E’ stata però avanzata anche l’ipotesi che la villa, fosse addirittura di proprietà imperiale, dotata di strutture portuali dalle quali far partire per Roma il grano proveniente dall’entroterra. La costruzione è composta da due blocchi separati distinti: uno a nord, dove si conservano resti di strutture termali (nelle tipiche stanze dedicate alla cura del corpo: calidarium, sala riscaldata da aria calda utile per la sauna; tepidarium, sala tiepida di passaggio; frigidarium, sala fredda con vasca d’acqua fredda per ritemprare le membra) e alcuni ambienti dipinti ad affresco; l’altra più a sud rivela resti di strutture pertinenti ad un impianto di tipo industriale.

I bellissimi stucchi e mosaici policromi, che decoravano i pavimenti delle stanze più eleganti della villa, sono oggi conservati al Museo Sanna di Sassari. Gli scavi hanno mostrato che nel corso della sua storia il complesso fu più volte distrutto, forse a causa di incendi accidentali o addirittura saccheggi, e ogni volta parzialmente ricostruito secondo le necessità delle varie della sua storia.

Un’altra interessante vestigia dell’età imperiale è rappresentata dal ponte romano di Fertilia, la dove le acque del Calich sboccano al mare; questo ponte in origine era formato da 24 arcate, 13 delle quali sono tuttora in piedi. Durante il dominio romano il ponte faceva parte della strada che provenendo da Turris Libisonis (Porto Torres) si dirigeva verso quel Ninpheus portus (Porto Conte), citato anche da Tolomeo (Geografia 3, 3, 2), nota e frequentata rada di attracco e di riparo per le navi mercantili e militari. Le attuali rovine del ponte risalgono probabilmente ad una ristrutturazione o ricostruzione in epoca medioevale.

Se poi volessimo trovare conferma alla convinzione che spesso ha animato gli archeologi più fortunati, che ad ogni leggenda corrisponde una qualche verità, dovremmo concentrare le nostre ricerche intorno, o persino sotto, al lago di Baratz (unico lago naturale della Sardegna); questo posto dal fascino così particolare ha da sempre alimentato leggende molto insolite, una delle quali, già dall’epoca romana, sostiene che la vallata che oggi accoglie le acque sia dovuta allo sprofondamento del terreno che accoglieva una città (Barax), la quale oggi sarebbe sepolta da acqua e limo.

Il fatto che le antiche carte della zona confermino l’esistenza di Barax, fa pensare che comunque - per quanto i passaggi nei secoli di bocca in bocca abbiano inevitabilmente distorto la realtà - qualche fondo di verità comunque possa esserci.

Dunque teorie, ipotesi, poche tracce e poche certezze. Il territorio algherese in età romana resta un affascinante e aperto campo di ricerca anche se purtroppo sembra esercitare, almeno sugli studiosi locali, un fascino piuttosto limitato, come dimostra il silenzio seguito alla notizia che una volta ripulita dai manufatti asportabili la necropoli di Monti Carru verrà tranquillamente ricoperta e si procederà ad una massiccia edificazione soprastante.

Con il beneplacito della dott.ssa Rovina della Soprintendenza Archeologica di Sassari - Nuoro. Nomen omen, dicevano i romani.


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Nel territorio algherese nuovi orizzonti di ricerca per una storia della Sardegna romana
26 dicembre 2007, di : A. Nieddu

Mi piacerebbe sapere di più sull’antica città di Calmedia. Attuamente l’area in cui forse si trovava è resa inaccessibile a cura della soprintendenza Arch. di Sassari. Le rovine situate proprio in riva al mare sono state coperte da una coltre di cemento e, di fatto, cancellate. Le pendici della collina, oltre la strada,sono disseminate di frammenti di vasi e di tegole romane per una profondità di almeno 500.metri. Tuttavia non si notano resti di antiche costruzioni .