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La Costituzione che cambia

"Credo che pochi cittadini abbiano letto il nuovo testo costituzionale ma quando, con il passare dei giorni, delle settimane e dei mesi, saranno migliaia e, spero, centinaia di migliaia si accorgeranno di quale pasticcio è stato fatto.” Intervista a Marco Boato sulle modifiche costituzionali

di Vincenzo Raimondo Greco - mercoledì 30 marzo 2005 - 3860 letture

Quello che il Senato ha approvato è “un’assemblaggio di rigidità ideologiche che non permetteranno alla Costituzione di funzionare”. Il duro giudizio è di Marco Boato, membro della Commissione per gli Affari costituzionali della Camera. Il parlamentare, che ho raggiunto telefonicamente mentre si trovava a Trento, tiene a precisare che la sua non è una posizione “settaria” e aggiunge: “ci sono esigenze condivisibili: rafforzare il ruolo del governo, differenziare le due Camere, rafforzare il federalismo, accentuare il sistema delle garanzie” ma le “risposte date” non vanno nella giusta direzione. Per Boato bisognava completare la “riforma iniziata nella passata legislatura e dalla Bicamerale D’Alema”.

Quali sono i punti che l’opposizione contesta?

“I punti su cui noi esprimiamo un profondo e radicale dissenso sono numerosi ed è una materia anche complessa per chi non è addetto ai lavori. Siamo in presenza della più ampia riforma che si sia mai fatta dal 1 gennaio 1948, da quando, cioè, è entrata in vigore la Costituzione. Una riforma, meglio sarebbe chiamarla controriforma, che manca di quei requisiti di sistematicità, di organicità, di coerenza fra le varie parti, di equilibrio fra i diversi poteri dello Stato che una Costituzione deve avere. C’è un eccesso di poteri in capo a quello che oggi è il Presidente del Consiglio e che domani diventerà il primo ministro; c’è il superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto.”

Ma anche voi avevate proposto delle modifiche?

“E’ vero. Anche da parte nostra c’era la disponibilità ad un rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio ma, in questo caso, c’è una concentrazione dei poteri. E’ giusto, anche, differenziare il ruolo tra la Camera politica ed il Senato federale. In realtà non c’è nulla di federale nel Senato che esce dalla riforma in quanto è, sostanzialmente, una seconda Camera politica. Su questi temi saremmo stati disposti ad un confronto positivo ma le soluzioni individuate sono sbagliate.”

E poi?

“C’è un pesante indebolimento del ruolo di garanzia e di equilibrio costituzionale che fino ad oggi ha avuto nella nostra Costituzione, ma anche nella prassi, il Presidente della Repubblica; da un lato c’è la cosiddetta devolution in materia di sanità, scuola e polizia locale ma , dall’altro, un riaccentramento di poteri in capo allo Stato con una vera e propria controriforma rispetto alla modifica del Titolo V fatto nella scorsa Legislatura.”

Viene modificata anche la Consulta. Qual è il suo parere?

“Siamo in presenza di un indebolimento delle garanzie costituzionali, in particolare un eccesso di politicizzazione della Corte Costituzionale. Oggi c’è un equilibrio sapiente che i costituenti avevano introdotto: 5 giudici di nomina del Presidente della Repubblica, 5 nominati dalla Magistratura dello Stato e 5 giudici scelti dal Parlamento a camere riunite. In questo testo è stato sbilanciato l’equilibrio della Corte a favore delle nomine politiche: il Capo dello Stato avrà quattro giudici di sua nomina, la Magistratura quattro e non cinque, la Camera ed il Senato nomineranno rispettivamente tre e quattro giudici. Non c’è più il Parlamento in seduta comune ma soprattutto ci sono sette giudici della Corte di nomina politica. Uno sbilanciamento a favore della maggioranza politica che mi sembra un gravissimo errore proprio mentre la Consulta dovrebbe essere l’organo supremo di garanzia di tutti i poteri dello Stato e di tutti i cittadini.”

Come giudica la riforma?

“Nella riforma abbiamo la giustapposizione di norme rigidissime: il cosiddetto antiribaltone, con poteri quasi assoluti in capo al primo ministro, che era una rivendicazione soprattutto di Forza Italia; la cosiddetta devolution, bandiera quasi ideologica della Lega; l’inserimento dell’interesse nazionale caro ad Alleanza Nazionale. E’ un’ assemblaggio di presupposti di tipo ideologici più che una riforma organica della forma di governo, della forma dello stato e delle garanzie costituzionali. Una clausola di salvaguardia, come la definiscono i costituzionalisti, nel sistema di tipo federale è opportuno che ci sia. Inserire, invece, il principio del cosiddetto interesse nazionale che viene deciso a Camere riunite, che impone la cancellazione di una legge regionale, che mette l’esercizio di questo potere in capo al Presidente della Repubblica significa fare una operazione di facciata. Passando, inoltre, da un bicameralismo cosiddetto paritario e perfetto ad un bicameralismo differenziato bisognava, ovviamente, differenziare il procedimento legislativo; oggi l’articolo 70 che riguarda questo argomento è di una riga e mezzo in Costituzione; il nuovo articolo 70, che era giusto riformare, è un tale pasticcio che il procedimento legislativo, cuore del sistema parlamentare, diventerà un rebus quasi indecifrabile. A me piacerebbe invitare i suoi lettori a leggere quello che sarebbe, mi auguro che non lo diventi, il nuovo articolo 70. Un pasticcio inestricabile dove illustri costituzionalisti, che lo stanno studiando ed approfondendo, non riescono a raccapezzarsi. Figurarsi un Parlamento che deve funzionare correttamente; figurarsi i cittadini che sono i destinatari delle leggi.”

Un pasticciaccio che raccoglie le esigenze dei vari partiti della Casa della Libertà probabilmente per non perdere pezzi in vista delle elezioni di aprile?

“E’ quello che è emerso agli occhi di tutti negli ultimi giorni. Abbiamo avuto un ministro che ha fatto finta di dimettersi semplicemente per ricattare il resto della maggioranza e lo stesso Presidente del Consiglio, per imporre questa riforma senza cambiare neppure una virgola. Se al Senato ci fosse stata l’intelligenza e la capacità di riaprire un confronto fra centro sinistra e centro destra e correggere, almeno, le storture e le contraddizioni più evidenti ci sarebbero voluti due o tre mesi in più; avrebbero avuto, però, un vantaggio la Costituzione, che è un patrimonio di tutti i cittadini, e la credibilità delle nostre istituzioni. Credo che pochi cittadini abbiano letto il nuovo testo costituzionale ma quando, con il passare dei giorni, delle settimane e dei mesi, saranno migliaia e, spero, centinaia di migliaia si accorgeranno di quale pasticcio è stato fatto.”

Riforme a colpi di maggioranza: se questa è la strada come escludere che dopo le prossime elezioni, se dovesse cambiare la maggioranza , si possa tornare a parlare di riforma della Costituzione?

“Non lo escludo anche se spero, e mi auguro, che sia il popolo sovrano, i cittadini, chiamati ad esprimersi con il referendum costituzionale, a fermare questa riforma. In tal caso, nel corso della prossima legislatura, si potrebbe tentare di ripartire cercando di trovare soluzione condivise. Se questo non avvenisse, se la seconda lettura venisse approvata, se nel Referendum, per ipotesi, prevalesse una maggioranza a favore di questa riforma, anche se lo ritengo improbabile, bisognerebbe porre di nuovo mano alla revisione costituzionale quanto meno cercando di correggere gli errori più clamorosi che sinteticamente ho elencato. Una nuova maggioranza, anche se governerà il centro sinistra, non deve spazzar via tutto quello che ha fatto la precedente anche quando non lo condivide.”


Marco Boato è nato a Venezia il 27 luglio 1944. Laurea in sociologia, docente universitario, giornalista. Eletto alla Camera dei deputati con il sistema maggioritario nella circoscrizione VI (TRENTINO-ALTO ADIGE) Collegio: 6 - Rovereto, Lista collegata: SVP. Proclamato il 17 maggio 2001. Già deputato nelle legislature VIII, XI, XIII e senatore nella legislatura X.

Iscritto al gruppo parlamentare: MISTO (VERDI-L’UNIONE) (già MISTO-VERDI-L’ULIVO fino al 14 febbraio 2005) dal 13 giugno 2001. Capogruppo del gruppo parlamentare MISTO dal 5 giugno 2001.


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