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L’amorosa menzogna. Per una storia del fotoromanzo

L’amorosa menzogna è il titolo di un documentario del 1949, del regista Michelangelo Antonioni. Come un’introduzione alla storia del fotoromanzo

di Pina La Villa - martedì 14 maggio 2024 - 439 letture

L’amorosa menzogna. Per una storia del fotoromanzo

Nel 1949 il regista Michelangelo Antonioni gira un documentario dal titolo L’amorosa menzogna. Racconta il mondo del fotoromanzo, dalla produzione alla diffusione. Il tono del documentario è di curiosità verso un inedito fenomeno di cultura popolare, ma non riesce a nascondere un fondo di snobismo verso questo genere, fra l’altro tutto italiano.

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L’Amorosa menzogna - Foto di scena - Annie O’Hara e Sandro Roberti

Nel 1949 il fotoromanzo, era appena nato: la data ufficiale è il 1947, anche se non c’è accordo sulla primogenitura.

L’Italia era da poco uscita dal fascismo e dalla guerra, e non erano ancora arrivati i soldi del piano Marshall. Il boom economico sarebbe arrivato dieci anni dopo, al momento occorreva rimboccarsi le maniche e fare i conti con l’eredità della guerra. Miseria e macerie caratterizzavano la vita quotidiana della maggior parte della popolazione.

Il regista definisce il genere anche cinematografo tascabile, documentandone la larga diffusione fra quei ceti popolari che non potevano andare neanche al cinema, ma che avevano fame: non solo di pane ma anche di illusioni.

Nel raccontare anche le tecniche di costruzione del fotoromanzo, Antonioni ci fa vedere chiaramente la sua origine dal fumetto. Ogni inquadratura era infatti preceduta da un disegno, gli attori assumevano esattamente le espressioni e le posizioni dei personaggi disegnati in maniera dettagliata, e al via del regista il fotografo scattava la fotografia.

All’inizio il set era molto rudimentale e i problemi venivano affrontati in maniera “creativa”. Seguiamo una posa in cui i tre personaggi brindano, ma al momento di scattare la foto sul set mancano i bicchieri. Il regista non si scoraggia. Dice agli attori di mimare l’atto del brindisi, immaginando di avere in mano una coppa di champagne. Successivamente, a foto fatta, vediamo che i calici vengono disegnati perfettamente sulla foto appena stampata, fra le mani dei personaggi, creando l’effetto realtà.

La diffusione del fotoromanzo nel 1949 è di 2 milioni di copie, ma i lettori sono almeno 5 milioni.

Antonioni documenta anche la nascita del divismo. All’inizio è Sergio Raimondi, un meccanico, che ebbe grande popolarità. accolto dalle ragazze con sospiri, occhiate di desiderio e danze. L’attrice è Anna Vita, la seguiamo sul set mentre si trucca e appare nel suo vestito elegante (che fa pensare, e non a torto, ai film americani della stagione dei telefoni bianchi). Un’altra coppia è quella formata da Anna Ottone e Sandro Roberti. Una ragazza scrive a Roberti: “Beato lei che vive tante passioni!", mentre Anna Ottone riceve un complimento strano da un uomo che fra l’altro le dice che occorre “guardarsi dalle donne come voi” (perdura il mito della femme fatale!)

La conclusione di Antonioni è “Sorridiamo ma non ridiamo di questi personaggi… Ogni epoca ha i suoi eroi e i nostri sono quelli dei fumetti”.

P:S: L’ostracismo verso il fotoromanzo ha fatto scomparire dalla filmografia di Antonioni (almeno su Wikipedia) questo documentario, che pure fu premiato a Cannes, sempre nel 1949.


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