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In 40 mila a Torino contro tutte le mafie

"La mafia è figlia del silenzio... noi urliamo" c’ era scritto sullo striscione che hanno portato da Piazza Vittorio a Piazza S. Carlo...

di Michele Schinella - giovedì 30 marzo 2006 - 3918 letture

C’erano anche 18 ragazzi di Messina fra i circa 40.000 che il 21 marzo hanno sfilato per le vie della città di Torino nella Giornata della Memoria e dell’ Impegno in ricordo delle vittime delle mafie organizzata, per l’ undicesimo anno consecutivo, da Libera, la rete di associazioni che dal 1995 si batte per la legalità.

Si sono sobbarcati 20 ore di viaggio pur di esserci e di dire, anzi di urlare, no alla mafia. "La mafia è figlia del silenzio... noi urliamo" c’ era scritto sullo striscione che hanno portato da Piazza Vittorio a Piazza S. Carlo. Con loro, sotto una pioggia fitta e incessante, familiari delle vittime, rappresentanti delle istituzioni, enti locali, scuole, associazioni, società civile. Uomini, donne e soprattutto giovani arrivati da ogni parte d’ Italia. Molti dalla Sicilia. Da Carlentini, da Lentini, da Palermo, da Gela.

Da Locri sono giunti 19 ragazzi dell’ associazione “ la gurfata” che all’ indomani dell’ omicidio Fortugno ha guidato il movimento di ribellione dei giovani calabresi. Tra le personalità presenti anche Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso nel 1992 e candidata per l’ Unione alla Presidenza della regione Sicilia.

I nomi delle centinaia di vittime della violenza mafiosa scanditi dagli altoparlanti hanno accompagnato il corteo per l’ intero tragitto. Morti sì. Ma solo fisicamente, a leggere sulle magliette dei ragazzi che sorreggevano lo striscione di apertura del corteo: ” Non li avete uccisi. Le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Uccisioni che, a molti, hanno ingenerato indignazione e ad alcuni dolore e disperazione. “ Per voi questi nomi sono solo nomi. Per noi sono persone, volti, occhi” dice la figlia di un morto ammazzato dal palco allestito in Piazza S. Carlo . “ La mafia ha portato via il loro sguardo, noi lo portiamo per loro” conclude il suo intervento.

E’ toccato a don Ciotti, leader storico di Libera, rappresentare il senso della Giornata.” Siamo qui non per esprimere solidarietà ma per assumerci le nostre responsabilità e lottare per la verità, la libertà e la giustizia. Tutti insieme. Solo così potremo sconfiggere la mafia “ dice con passione. L’ intervento più toccante è però quello della figlia di una donna morta suicida dopo avere lottato per anni, invano, perchè le uccisioni del fratello e del marito non rimanessero impunite.” Siamo stati lasciati soli. Lo stato non c’è stato” ha accusato con rabbia.” Voglio vedere se da adesso in poi ci sarà ” ha urlato in segno di sfida.

Lo Stato sfidato dalla giovane è lo stesso che, fino al 1984, non aveva neanche riconosciuto l’ esistenza della mafia come ha cercato di spiegare il giudice Caselli a centinaia di giovani che hanno affollato uno dei seminari pomeridiani a cui hanno partecipato anche l’ onorevole Lumia, il senatore Zancan e Bruno Piazzese. “I più giovani di voi penseranno che sono pazzo, che mi devo dare una calmata. Ma è questa la verità. E’ servita la morte di Pio La Torre e del generale Dalla Chiesa perché lo stato prendesse atto dell’ esistenza della mafia e approntasse degli strumenti di contrasto. Eppure la mafia esisteva già da 150 anni”.

L’ ex procuratore di Palermo ricorda quali umiliazioni hanno subito giudici come Falcone e Borsellino, colpevoli solo di fare seriamente il loro lavoro, prima che la loro uccisione li facesse martiri. “ Ancor oggi- ha accusato il giudice torinese-nel nostro paese si conduce la lotta non contro la mafia ma contro l’ antimafia”. Della necessità di passare dalla logica del giorno dopo a quella del giorno prima ha parlato Peppe Lumia, deputato siciliano e membro della Commissione Parlamentare Antimafia che ha denunciato come “nel corso dell’ ultima legislatura si sono dati alla mafia segnali di incoraggiamento”. Senza tanti giri di parole ha additato il tentativo di modificare la legge sulla confisca dei beni mafiosi come un regalo alla mafia.” Per fortuna anche grazie alla mobilitazione di Libera siamo riusciti ad arginarlo” ha sottolineato.

Nel corso del seminario si è parlato anche di testimoni di giustizia. Di uomini e donne che decidono di comportarsi da cittadini autentici permettendo attraverso la denuncia di fare giustizia. Alcuni erano presenti. Tra questi Bruno Piazzese, imprenditore siracusano, che la denuncia dei suoi estortori l’ ha pagata cara. Per ben tre volte gli hanno fatto saltare l’ esercizio commerciale. Ora è il presidente dell’ associazione anti-racket di Siracusa e vive sotto scorta. Nel suo intervento ha spiegato come la mafia privi i cittadini dei diritti elementari di libertà.” Denunciare i miei taglieggiatori è stata una cosa naturale. Il calvario che ne è seguito neanche me lo aspettavo. Vivere sotto scorta e con la paura addosso è come non vivere” racconta.” Mi è stato proposto di entrare nel programma di protezione. In sostanza, di lasciare la mia terra e di cambiare generalità, ma ho rifiutato. Non posso accettare di perdere la mia identità solo perché ho fatto il mio dovere di cittadino”.

L’ avvocato Zancan, membro della Commissione Antimafia, ha insistito sull’ importanza di difendere le istituzioni democratiche da ogni possibile inquinamento mafioso. Punto che lui, che si definisce “ professionalmente impregnato di garantismo” , considera prioritario.“ Non si può attendere una sentenza di condanna passata in giudicato per allontanare uomini accusati di collusione con la mafia dalle istituzioni: la politica, i partiti devono farlo prima. Specialmente ora che con la nuova legge elettorale i cittadini non potranno più scegliere fra più candidati” ha spiegato a conclusione del seminario.

Prima del suo intervento, in video conferenza, ci si era collegati con il Consiglio comunale di Trabia, grosso centro vicino Palermo, con brevi interventi di L. Violante, ospite della seduta, e del nuovo sindaco. Il vecchio è stato arrestato il mese scorso per collusioni mafiose al termine di un indagine che ha messo in luce come la sua quinquiennale attività fosse stata funzionale agli interessi delle cosche locali.


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