Dimenticare Villa Niscemi

Candidati sindaco di Palermo. Vincerà chi saprà immergersi maggiormente nei bisogni, nelle aspettative, nelle miserie, nella voglia di riscatto della popolazione.
L’immagine di Diego Cammarata che si prepara a lasciare Villa Niscemi all’atto delle sue dimissioni da sindaco ha percorso Palermo suscitando stati d’animo contrastanti. Più che del sindaco si è avuta l’impressione che si trattasse dell’addio del Signore della città.
Un Signore solitario, lontano dai fragori del popolo e dalle invadenze di consiglieri, funzionari, postulanti, chiuso nella splendida e inavvicinabile Villa dei Principi Valguarnera di Niscemi. Ha detto al cronista: "Ho amato queste sale. A Palazzo delle Aquile non avrei potuto lavorare: come convivere con tutti i consiglieri comunali che ti bussano alla porta?"
La Villa fu acquistata dal Comune nel 1987 da Maita di Valguarnera e Maria Valguarnera Principessa Romanov per farne sede di rappresentanza. Al piano nobile si susseguono vasti saloni riccamente affrescati e addobbati, quello di Santa Rosalia con i vivaci affreschi a trompe-l’oeil, quello delle Quattro Stagioni con gli affreschi allegorici e la grande scena di Carlo Magno che dona ai Valguarnera lo stemma di famiglia, il salone da ballo o Sala Verde, la Sala degli Specchi.
La Villa ospitò Ferdinando IV e Maria Carolina d’Austria. Il sindaco Cammarata vi diede, nella Sala degli Specchi, un pranzo di gala in onore dei reali di Spagna, il Principe delle Asturie, Felipe e la consorte Letizia. Una residenza, quindi, da mille e una notte che ben contrasta con le condizioni di estremo disagio di gran parte dei palermitani e che in qualche modo richiama alla mente lo splendore dei palazzi di città dei nobili siciliani e le miserabili catapecchie e le fetide vie in cui viveva il popolino.
Il chiudersi del Sindaco in una villa favolosa, circondata da un magnifico parco, sembra quasi la perfetta metafora della distanza del Primo Cittadino dalle strategie, dai problemi, dai bisogni veri della cittadinanza. I senzatetto dello Zen si attendavano e tumultuavano in piazza delle Vergogne, davanti al Palazzo delle Aquile, il nostro Sindaco rimaneva nel suo aristocratico isolamento, stava immerso nel silenzio e nella pace delle sale vellutate di Villa Niscemi. Per oltre due anni e mezzo Cammarata non ha messo piede nella sala del Consiglio comunale. Crediamo sia un record perlomeno europeo.
Un sindaco non può amministrare senza una stretta intesa con la sua maggioranza. Ma a Palermo questa semplice verità non ha avuto alcun riscontro per anni. Fino a quando il rapporto Sindaco-Città non è arrivato al suo completo esaurimento.
Adesso, dopo un breve periodo di commissariamento, sarà eletto il nuovo sindaco. Siamo dell’idea che tra i possibili papabili, Rita Borsellino, Roberto Lagalla, Luca Orlando, vincerà chi saprà immergersi maggiormente nei bisogni, nelle aspettative, nelle miserie, nella voglia di riscatto della popolazione, vincendo le dure resistenze della conservazione, dei poteri forti, delle camarille, degli spietati speculatori.
Il futuro sindaco dovà dimenticare Villa Niscemi e i suoi fasti, lasciarla alla sua naturale vocazione di sede di rappresentanza, alle cerimonie, ai solenni ricevimenti, agli incontri diplomatici e culturali, agli eventi d’arte, alla celebrazione dei matrimoni di rito civile (un lusso che è giusto concedere ai giovani che iniziano una nuova vita); dovrà riconquistare Palazzo delle Aquile, porvi il suo gabinetto di lavoro (e di sudore), attendere qui le onde dell’inquietudine e delle speranze della cittàdinanza, pilotare con mano ferma Giunta, Consiglio e città verso il risorgimento dalle attuali condizioni di vita e di vivibilità inaccettabili.
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