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"Buscie, Roma nun te teme!"

Eppure siamo in tanti. Nonostante gli allarmi, le bombe e i black bloch supposti, la città blindata, i cecchini sui tetti dei bellissimi palazzi romani, siamo in tanti a sfilare per la pace e contro Bush per le strade di Roma il 4 giugno.

di Lorenzo Misuraca - mercoledì 9 giugno 2004 - 3887 letture

Eppure siamo in tanti. Nonostante gli allarmi, le bombe e i black bloch supposti, la città blindata, i cecchini sui tetti dei bellissimi palazzi romani, siamo in tanti. Saremo pure lo zoccolo duro, i "pacifisti", quelli che paradossalmente si dovrebbe pregare per non demolire le città, "siamo solo noi" - direbbe il signor Rossi. Ma siamo in tanti a sfilare per la pace e contro Bush per le strade di Roma il 4 giugno. 250 mila è una cifra troppo irreale anche per quelli che a fine manifestazione prendono sempre per buone le stima degli organizzatori.

Ma centomila donne, uomini, bambini, vecchi, bianchi, neri, gialli, riformisti (quelli che però i valori fondamentali non li riformano) e radicali, suore e mangiapreti, cristiani e musulmani probabilmente c’erano per le vie della capitale. E pazienza per quelli che, spaventati dai "ragionevoli sospetti" sulla manifestazione espressi da Berlusconi, hanno preferito appendere una bandiera e guardarci alla tv. Prime su tutte le associazioni cattoliche schierate da sempre contro la guerra di Giorg Dabliu, come l’Acli, che momentaneamente immemori del coraggio dei loro martiri sono indietreggiate di fronte al rischio dei manganelli (legittima la paura, ma negli ultimi anni il movimento italiano ha superato traumi ben peggiori).

Da piazza della Repubblica a Piazzale dei Partigiani sfiliamo insieme: centri sociali e Cobas, Donne in Nero contro la Guerra e anarchici, collettivi universitari e disobbedienti, Verdi Rifondaroli e diessini di sinistra (in senso ormai più assoluto che relativo). E su tutti per allegria e originalità il Pink Bloch, il blocco rosa: fatine (di entrambi i sessi) vestite di rosa che distribuiscono caramelle e ironia inneggiando all’amore e assicurando che è "meglio battere che combattere".

Ci sono anche tanti ragazzi e ragazze che partecipano senza nessuna sigla alle spalle. In molti casi sono quelli più tesi all’inizio del corteo. La tensione si spegne con lo scorrere del fiume colorato e grazie all’ironia dei romani che partecipano alla manifestazione: tra gli slogan "caserecci" più esilaranti, "Busche Roma nun te teme" e "Ma chi ve se ’ncula?!", evidentemente rivolto a George e Silvio, specialisti in pacche e patacche.

Si arriva alla fine della manifestazione un po’ stanchi, dopo esser passati indenni da alcune "scaramucce" tra idioti bardati di nero e polizia a piazza Venezia e al Circo Massimo. I gruppi di amici dispersi si danno appuntamento e si ritrovano, qualcuno va a fare pipì negli angoli più acuti di Porta San Paolo, gli imberbi aspiranti giornalisti (ahimè destinati a lunghi anni di sfruttamento) rimettono in tasca il taccuino zeppo di slogan e impressioni. Dal palco comincia un comizio e un concerto che in pochi seguiranno.

Rimane la soddisfazione di esserci stati e l’amarezza di essere meno delle altre volte. Personalmente, non riesco più a ricordare come occupavamo il tempo quando non si era ancora costretti a manifestare un giorno si e un giorno no…


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