Bullismo o microcriminalità. A Gela non esiste la differenza

Dovranno rispondere di lesioni aggravate, minacce e ingiurie, con l’aggravante dell’uso di armi improprie. Hanno solo sedici e quindici anni, ma la loro fedina penale è già da professionisti.
Dovranno rispondere di lesioni aggravate, minacce e ingiurie, con l’aggravante dell’uso di armi improprie. Hanno solo sedici e quindici anni, ma la loro fedina penale è già da professionisti.
Si trovano nel carcere minorile di Caltanissetta i ragazzi che hanno picchiato a colpi di spranga il loro compagno di scuola albanese insieme al suo defender. Gli indagati, cinque giovani studenti dell’istituto professionale per l’industria e artigianato, identificati grazie alle telecamere a circuito chiuso della scuola, sono stati raggiunti da poliziotti in borghese con macchine civetta durante le ore di lezione. Tutto questo davanti agli occhi dei loro compagni di scuola, ancora increduli della gravità della situazione.
L’episodio di violenza si sarebbe verificato nelle scorse settimane all’interno dell’area scolastica, ma solo dopo qualche giorno la notizia dell’aggressione è arrivata alle orecchie dei media e delle forze dell’ordine. La dirigenza scolastica, infatti subito dopo il pestaggio (il ragazzo albanese e il suo compagno hanno fatto ricorso alle cure mediche del pronto soccorso) non ha preso alcun provvedimento disciplinare. La preside della scuola ha giustificato l’assenza di alcuna disposizione, lasciando ogni responsabilità alle forze dell’ordine e alla magistratura, dimenticando che la scuola è un luogo di formazione oltre che didattica anche di partecipazione alla vita pubblica e sociale e di educazione civica.
Un fenomeno difficile da giudicare. E’ arduo catalogare l’episodio come fenomeno di bullismo o di microcriminalità. Sembra infatti riduttivo parlare di bullismo, lo dimostra una lettera inviata subito dopo il pestaggio, al sindaco Rosario Crocetta. Parole di un giovane che si definisce “ragazzo stanco”… Stanco di assistere a continui soprusi dei mafiosetti senza scrupoli, che approfittano del loro passato turbolento o dell’amicizia di qualche mafioso per definire le loro zone di influenza. Si prende di mira qualcuno, senza motivo - scrive l’anonimo universitario al primo cittadino - costringendolo a subire minacce, sberleffi, e nei casi più gravi, schiaffi e quant’altro... un modo chiaro per segnalare a tutti che nessuno si può mettere contro di loro... loro sono i mafiosi! Viviamo nella paura, nella sfiducia. Quale futuro ci sarà per le nuove generazioni? Si vedono in giro bambini di 10 anni che si sentono già persone malavitose: si sentono parte di una realtà per loro giusta, si sentono mafiosi!
Voglio scappare da qui – conclude ragazzo stanco - voglio andare via da una città dove devo stare attento anche a camminare, dove mi devo guardare le spalle e chiedere ai miei amici se nei posti in cui andiamo ci sono "quelli".
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Ciao,sn una tua concittadina e credo anche coetanea. Non devi aver paura, ma devi reagire.E’ vero, si ha paura, anch’io ce l’ho, ma non possiamo permettere a loro di vincere e non dobbiamo soccombere alle loro minacce. Fatti forza, alza le testa e guarda avanti!!! Purtroppo la nostra è una dura, anzi durissima realtà, e dobbiamo far di tutto affinchè la parte buona della nostra città riemerga. Noi siamo il futuro di Gela, noi uniti, possiamo farcela...
Cosa dire...Mi ritrovo giorno per giorno a dover assistere a casi "assurdi" nella scuola in cui lavoro.Spesso decido di rinunciare a fare la mia lezione di lingua straniera per parlare di educazione civica...di buon senso,di ciò che è giusto e sbagliato,nella speranza di risvegliare gli animi di questi piccoli bambini travestiti da "ometti", il cui linguaggio fa paura i cui atteggiamenti fanno semplicemente orrore. Poi penso..quale colpa hanno questi bambini se a casa ricevono questi insegnamenti? Credo che nessuno nasca cattivo.."Siamo ciò che riceviamo" e un bambino di 10 anni non può che riflettere le mura domestiche e la strada dove passa pomeriggi interi. Purtroppo la scuola non è esaustiva nel suo compito di educatrice e nonostante io abbia tanta speranza che le cose possano cambiare, a volte mi lascio scoraggiare dagli eventi...poi guardo negli occhi gli stessi bambini e leggo ancora speranza. Sono ritornata a Gela, dopo tre anni al nord...nella civiltà assoluta.Ho voluto far rientro con tutte le mie forze..ora sono qui e so anche il perchè. Sono questi i bambini che hanno più bisogno di me...sono loro, vittime delle loro famiglie e della strada che è la loro prima maestra. Gela non è però solo questo,ed è giusto dire che insieme possiamo cambiare qualcosa. Bisogna risvegliare la parte buona degli animi assopiti.