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La parola che uccide: I Siciliani, di Pina La Villa | [1] | [2] | [3] | [4] | [5] | [6] | [7] | [8] | [9] | [10] | Addamo | Orioles | [Bibliografia]
[7] I Siciliani nuovi: 1992-1996

La storia de "I Siciliani" continua dopo la chiusura del 1986, agli inizi degli anni Novanta.
Il contesto è, ancora una volta, quello della ripresa della lotta antimafia dopo la morte di Falcone e Borsellino e dopo le stragi del 1993.
Occorre sottolineare, per capire alcune delle vicende politiche dell'isola in questo periodo, la forza ideale del movimento antimafia. L'indignazione dei ceti medi colti sembrò quasi una riscossa, una nuova stagione di impegno politico si apriva al di fuori dei partiti e l'elezione diretta del sindaco sembrò essere l'opportunità perché questa riscossa della cosiddetta "società civile" trovasse finalmente la sua espressione e potesse cambiare radicalmente le regole del gioco.
Così almeno apparivano le cose ai giovani che si avvicinavano al gruppo de "I Siciliani" nei primi anni novanta.
In Sicilia con la morte di Pio La Torre - che aveva animato una lotta antimafia che aveva agganci nazionali - si ha la perdita del ruolo antimafia del PCI. L'antimafia diventa (torna a essere) quella del Centro Impastato e dei gruppi di "testimonianza" [35].

Tuttavia esistono elementi che incrinano un quadro altrimenti monolitico. Ennio Pintacuda, sulla strada della teologia della liberazione, il segno che l'uccisione del democristiano Piersanti Mattarella non era stato che il tentativo di tappare il dilagare di una falla nel "muro" cattolico. La nascita della Rete con Leoluca Orlando è il primo tassello di questo quadro di mutamento. Poi c'è l'incontro fra l'anima cattolica e quella di sinistra. Accomunati dalla ideologia del radicalismo come unica possibilità di nettezza nei confronti delle attitudini al trasformismo in atto.
Nel 1986 i giornalisti de "I Siciliani" espatriano a Roma, fondano il gruppo giornalistico di "Avvenimenti". "Avvenimenti" non divenne solo l'organo politico della Rete, ma cercò di coagulare una "società civile" nazionale, cooptando le esperienze che avevano subito l'esclusione e la sconfitta prima nell'ambito del blocco del "compromesso storico" e poi con il formarsi del blocco DC/PSI.
Il gruppo degli "espatriati" mantiene viva non solo l'esperienza e il ricordo, ma anche i contatti con l'origine della propria vicenda politica e professionale. Il 5 gennaio di ogni anno sotto la lapide eretta in memoria di Pippo Fava, sul luogo dell'uccisione, ci si incontra. I giornalisti del gruppo de "I Siciliani" sentono di fare parte di un gruppo, ritualizzano questa loro appartenenza. Il rito serve a rafforzare l'identità e l'appartenenza, a dare un senso alla propria attività personale e politica. In un quadro di disgregazione dei valori tradizionali e politici, questi ragazzi si aggrappano al nome di Pippo Fava e alla sua vicenda costruendosi una religione laica ma egualmente forte e "appartenente". L'appartenenza diventa per essi motivo di forza e di coagulo, ma anche momento di debolezza quando si vorrebbe allargare il consenso e la comunicazione al di fuori.

Il ritorno

Nel 1993, a giugno, c'è l'elezione diretta del sindaco al comune di Catania. Sono contrapposti due rappresentanti della sinistra - sono i mesi che precedono la "discesa in campo" di Berlusconi, siamo nel clima dello sbando dei potentati tradizionali sotto tangentopoli -: Enzo Bianco e Claudio Fava.
Il giugno del 1993 viene vissuto in alcuni come "l'ora della riscossa". E' forte il risentimento e il sospetto politico nei confronti delle forze tradizionali della sinistra, oltre che la rivendicazione antimafiosa.
Il "ritorno" di Claudio Fava a Catania nel 1993 ha una matrice personale, familiare, ideologica; ed è parallela al "ritorno" del gruppo "storico" giornalistico de "I Siciliani" a Catania: Miki Gambino, Riccardo Orioles. E' una vicenda complessa: il gruppo giornalistico non è "retino", ma senz'altro appoggia Claudio Fava. Fava all'interno della Rete fa un discorso proprio, nella caratteristica della Rete di accogliere elementi eterogenei e spuri, di matrice culturale e linguaggi diversi. Vi è uno sfasamento tra il "fare giornalistico" dei giornalisti de "I Siciliani", e il "fare politico" del gruppo retino dei "I Siciliani" di Claudio Fava. Tale sfasamento, posto in secondo piano nel momento in cui si intravede una vittoria, diventa visibile al momento della sconfitta. Il gruppo giornalistico de "I Siciliani" dà una lettura realistica della situazione: se si vuole fare un giornale a Catania occorre un appoggio politico, che veicoli i finanziamenti necessari. E' attorno al tavolo politico che si vuol mettere insieme gli imprenditori di sostegno; non è neppure ipotizzabile che gli imprenditori siciliani potessero mettersi attorno a un "progetto d'impresa"; il gruppo di giornalisti de "I Siciliani" è convinto della validità anche dal punto di vista economico dell'iniziativa, la sua sostenibilità e il ritorno economico, ma sanno bene che l'imprenditoria siciliana non è abituata a pensare un giornale come impresa ma solo come espressione di una lobby politica. D'altra parte senza sostegno finanziario un giornale non è possibile: non un giornale che voglia essere concorrente reale al blocco economico e culturale che il quotidiano "La Sicilia" rappresenta.

Obiettivo del gruppo giornalistico de "I Siciliani" tornati a Catania è quello di realizzare il progetto di Pippo Fava: un quotidiano.
Attorno al "progetto quotidiano" cominciano a lavorare il gruppo dei giornalisti, attivi nel reclutamento delle nuove leve e nel recupero degli ex rimasti a Catania. Sul fronte dell'appoggio finanziario, Claudio Fava assicura il contatto con una serie di imprenditori che assicurano all'inizio il loro impegno.
Su progetto grafico di Orioles esce in formato tabloid "I Siciliani nuovi" mensile. La sede, che era in via Crociferi, di fronte alla Camera del lavoro (CGIL) di Catania è troppo angusta per cui si passa di lì a poco in una più ampia struttura, affittando una nuova sede in via Regina Margherita, su due piani di una villa settecentesca. Il giornale viene stampato a Roma, a causa dei minori costi che si riesce a spuntare (attraverso la sinergia con "Avvenimenti"). Sono di volta in volta i redattori stessi de "I Siciliani" che fanno da corrieri per le pellicole e per il ritiro delle copie da distribuire.

Il tentativo di Faillaci

La direzione di Faillaci, tra la fine del 1995 e l'inizio del 1996 è l'ultimo tentativo di tenere in vita la testata. Si abbandona la grafica del tabloid, vengono pubblicati alcuni numeri in nuovo formato: fascicolo della dimensione dei settimanali dell'epoca (Espresso, "Avvenimenti", Panorama) ma "patinato". Il tentativo è quello di presentare un prodotto appetibile al mercato e ai lettori, dimostrare che si è in grado di fare un "prodotto bello", cercare di attirare in questo modo gli investimenti pubblicitari che nel corso di questa esperienza sono rimasti risibili. Pur senza rinunciare al contenuto "pesante" e "impegnato" - si veda la pubblicazione dei lunghissimi elenchi con i nomi dei massoni siciliani, le inchieste ecc. Il generoso tentativo di Faillaci muore dopo pochi numeri. Non si riesce a trovare nessuna agenzia pubblicitaria, nessuna azienda disposta a investire in pubblicità su "I Siciliani" [36].


Note:
[35] Cfr. anche: Claudio Riolo, L'identità debole: il PCI in Sicilia tra gli anni '70 e '80, Palermo 1989.

[36] I protagonisti di quest'ultima vicenda alla metà del 1996 emigrano in gran parte, trovano una collocazione all'interno di "Avvenimenti". Orioles rientrare in "Avvenimenti", partecipa all'esperienza di Sud - evoluzione del progetto network - che non si realizza; partecipato all'esperienza di Zeta; per le elezioni comunali a Catania nel 2000 torna in città, tenta di costituire un gruppo di redazione appoggiato da un politico locale ex retino (Guarnera) ma non si va oltre qualche riunione interlocutoria; crea La Catena di San Libero, interessante uso dei mezzi di comunicazione digitali "poveri". Faillaci e il suo gruppo lavorano a "Avvenimenti". Danno vita a Ultime Notizie, tentativo di quotidiano nazionale che parte da Roma. Il progetto dura un paio di anni, chiude definitivamente nel 2000 insieme alle difficoltà economiche e di vendite di "Avvenimenti".


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