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Un errore tutto mio

I 5 Stelle siciliani avevano votato contro non a favore della delibera di Crocetta. Com’è avvenuto l’errore e l’uso delle rettifiche

di Adriano Todaro - mercoledì 27 settembre 2017 - 4404 letture

Quando si fanno errori bisogna riconoscerli. Ed io ho fatto un errore proprio la scorsa settimana nel pezzo titolato “Uniti nelle cazzate” all’interno della rubrica “Neuroni in fuga”. Parlando dei 5 Stelle siciliani sulla questione degli abusivi avevo scritto, in pratica, che anche loro avevano votato a favore per sollevare gli uffici regionali e comunali dalle responsabilità nelle demolizioni degli immobili abusivi. In realtà, come si è saputo dopo, i 5 Stelle erano stati gli unici, fra le forze politiche, a votare contro questo atto del governo Crocetta di chiaro sapore elettoralistico.

Mercoledì 20 settembre, girodivite è riuscita a fare una correzione. Ha cambiato una mia frase, sostituendola in parte, opportunamente, con la seguente: “La norma salvataggio è stata votata da tutti, escluso i 5 Stelle. E come hanno votato? Con un metodo nuovo, rivoluzionario. Mica per niente in Sicilia ci sono stati anche i Bizantini. Quando è stato il momento di votare, il presidente Ardizzone ha utilizzato un metodo rivoluzionario e bizantino ma anche normanno e ostrogota nello stesso tempo: ‘Chi è favorevole alzi la mano; chi è contrario no’. A parte i rappresentanti pentastellati, hanno alzato tutti le mani!”.

Una correzione quantomeno dovuta, per correttezza, ai 5 Stelle. Vorrei però spiegare un po’ come nascono i miei pezzi e, soprattutto, farvi sapere quali sono le mie fonti. Prima di tutto il cartaceo e, poi, il web. E qua bisogna dire che anche molti quotidiani importanti hanno portato la notizia che i 5 Stelle avevano votato a favore dell’immorale provvedimento forse anche influenzati dal fatto che sulle demolizioni non c’è una visione unitaria degli amministratori siciliani pantastellati. Tanto è vero che Il Fatto pubblica la notizia che i grillini hanno votato a favore, ma poi il suo sito web riesce ad aggiornarla, esattamente alle 16.26 del 12 settembre 2017.

Quindi avrei dovuto seguire maggiormente le fonti web per non cadere nell’errore e il fatto di essere in buona compagnia non mi assolve per nulla.

Ora c’è un’altra notizia che riguarda la Sicilia e gli amministratori siciliani dei 5 Stelle. Si tratta del Comune di Bagheria e del sindaco Patrizio Cinque che, come scrive l’Ansa, “è indagato nell’ambito di un’inchiesta della procura di Termini Imerese sulla gestione del servizio dei rifiuti. A Cinque i carabinieri, su disposizione del Gip, hanno notificato la misura cautelare dell’obbligo di firma… L’inchiesta ruoterebbe attorno a due vicende: la gara per il noleggio degli automezzi impiegati nella raccolta dei rifiuti e un abusivismo edilizio contestato a un familiare del sindaco. Relativamente a questa seconda vicenda Cinque sarebbe indagato per violazione del segreto d’ufficio e omissione di atti d’ufficio…”.

Una versione ripresa un po’ da tutti, dall’ Huffingtonpost al manifesto. Come tutti riportano la frase infelice del sindaco Cinque: “È un attacco ad arte, un attacco ad orologeria si mette dentro di tutto per attaccare un sindaco e un’amministrazione Cinque stelle a meno di due mesi dalle elezioni regionali”. Frase infelice perché viene in mente subito Berlusconi e i suoi attacchi alla magistratura. Il Corriere aggiunge: “Poi però, dopo qualche ora, la marcia indietro e la precisazione che da lui non è partito alcun attacco alla magistratura, una precisazione che fa riferimento a una nota, si sottolinea in ambienti M5s, diffusa per errore”.

Insomma, tutto già visto perché, come risaputo, quando interviene la magistratura è sempre un “attacco ad orologeria” per non far vincere le elezioni a questo o a quel politico. Ecco se io avessi dovuto scrivere di questa vicenda, in termini ironici com’è appunto la rubrica “Neuroni in fuga”, avrei portato questa frase e magari l’avrei messa vicino a Di Maio che è “costretto” a baciare la reliquia di San Gennaro con una faccia che sembra dire: “Guarda nu’ po’ ca’ me toccà fa’”. Oppure all’altra terribile frase pronunciata da Grillo che vorrebbe mangiarsi i giornalisti per il solo gusto di vomitarli.

Poi, magari, dopo due giorni si viene a sapere che quella frase, ascritta al sindaco di Bagheria, non è stata mai pronunciata. A questo punto cosa bisogna fare? Una smentita. Una correzione. Una rettifica. Bisogna aver il coraggio di dire che abbiamo sbagliato.

Faccio ammenda, quindi, per essere stato inesatto nella descrizione della votazione sulle demolizioni. Nello stesso tempo, però, vorrei farvi notare che ci sono vari tipi di smentite e, spesso, i giornali smentiscono per non smentire nulla anche perché un testo non è mai neutro. Basta cambiare un avverbio, un aggettivo ed ecco che la frase è completamente diversa.

Quindi ben vengano le rettifiche ma senza esagerare per non peggiorare la situazione. Un giornale inglese, anni fa, aveva portato la notizia di una donna morta a causa di una malattia rara. Poi la smentita: “Vorremmo precisare che [la donna] non andò dal suo medico perché aveva una macchia sulla gamba e lui non le prescrisse un antidolorifico. Non tornò dal dottore per una seconda visita né fu ricoverata in ospedale il 26 ottobre. Non fu portata di corsa in sala operatoria e la sua morte non fu dovuta a un collasso degli organi. Inoltre, suo padre ha 45 anni, non 52 come abbiamo affermato, sua madre 46 e non 50, e sua sorella 26 e non 27”.

E, allora, quanto sono affidabili le notizie? Oggi il giornalista ha sempre meno possibilità di verificare le notizie, la loro veridicità, le finalità per le quali sono state diffuse. L’unico antidoto a tutto ciò è l’onestà intellettuale del giornalista. Può capitare di sbagliare ma l’errore non deve avere secondi fini. E per fare bene, fino in fondo, questo mestiere è necessario essere umili e correggersi. Come in questo caso.


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