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Racconti ischitani (ragazzo di strada 20)

di junior - giovedì 6 novembre 2008 - 5139 letture

Il corpo del ragazzo era in penombra. Alessio notò il piede. Era ben fatto. La caviglia sottile, la gamba lunga e slanciata mostrava un muscolo tonico, perfettamente modellato.
- Cosa guardi...? - chiese il ragazzo voltandosi in direzione di lui.
- Nulla, nulla... - rispose l’ingegnere - rivestiti. Aspetto una persona. Sarà qui tra poco. -
- Devo andarmene...? - continuò Alessandro.
- Si, sbrigati per favore... - rispose l’ingegnere. Lo studente si alzò pigramente dal divano. Infilò le gambe nei jeans. Raccolse la cintura sul tappeto. La maglietta di filo era molto aderente.
- Chi è...? - domandò il ragazzo.
- Non lo conosci... - aggiunse Alessio.
- Posso rimanere...? - domandò lanciandogli un’occhiata indagatrice.
- No, non è possibile... - spiegò l’uomo estraendo il portafoglio dalla tasca dei pantaloni. Sfilò le banconote.
- Bastano...? - chiese il padrone di casa. Alessandro allungò il braccio. Afferrò il denaro con la mano destra senza replicare. L’ingegnere uscì dal soggiorno dirigendosi verso l’ingresso. La borsa di pelle era poggiata sul pavimento accanto all’acquasantiera. Alessandro lo raggiunse. Aveva le mani in tasca. I capelli arruffati facevano da cornice ad un’espressione facciale tra l’imbronciato ed il furbesco.
- Non so dove andare... - disse il giovane.
- Perchè non te ne torni a casa...? - propose l’ingegnere.
- Fammi restare... - insistè Alessandro.
- Non posso... - continuò Alessio - Ho bisogno di rimanere da solo. -
- Ti prego... - supplicò il ragazzo - Non ti darò fastidio. Promesso... - Alessio rimase alcuni minuti in silenzio. Aprì la borsa. Ne estrasse alcuni documenti. Guardò l’orologio. Si passò nervosamente la mano tra i capelli.
- Perchè devi essere sempre così testardo...? - sbottò l’uomo.
- Ti prego... - ripetè lo studente appoggiandosi alla parete.
- D’accordo, d’accordo... - ripetè il padrone di casa in tono quasi seccato - ma devi rimanere in camera... -
- Ok.ok... - rispose il giovane - te lo prometto. - Il citofono squillò una sola volta. Alessio fece cenno al ragazzo di andare al piano di sopra. Attese che si fosse allontanato. Aprì il cancello automatico. Sbirciò nella telecamera. L’ospite entrò. Parcheggiò la berlina scura davanti alla porta del garage. Spense il motore. Aprì la portiera. Scese dall’auto. Ne frattempo Alessandro si guardava la scena da dietro la tenda della camera da letto. Il nuovo venuto era un uomo piuttosto anziano. Indossava un completo scuro, elegante. Era completamente calvo e di un’altezza imbarazzante. Si avvicinò alla porta della stanza. Sentì le voci provenienti dal piano di sotto. Erano frasi incomprensibili. Girò la maniglia. Provò a sporgere la testa nel corridoio. Alessio aveva ricevuto l’ospite in soggiorno. Stavano discutendo amichevolmente. Il tono era conciliante. La curiosità del ragazzo era incontenibile. Si avviò in direzione della scala. Si appoggiò al parapetto. Attese ancora qualche istante. Ancora non riusciva a comprendere il significato delle parole. Decise di scendere qualche gradino. Aveva bisogno di avvicinarsi il più possibile. Fu in quel momento che inciampò rotolando lungo i gradini senza riuscire a fermarsi. Si fermò ai piedi della scala con un tonfo sordo. Avvertì un dolore crescente alla base del cranio. Socchiuse gli occhi. Strinse i pugni nel disperato tentativo di resistere.
- Come ti senti...? - chiese lo sconosciuto. Il ragazzo aprì gli occhi. Si ritrovò sdraiato sul divano. Non riusciva a vedere nitidamente. Il faccione dell’uomo era a pochi centimetri dal suo viso.
- Mi fa male tutto... - rispose il ragazzo con un filo di voce.
- Sembrerebbe che non ci sia nulla di rotto... - continuò l’uomo.
- Dov’è Alessio...? - domandò il giovane.
- Sono qui...- rispose l’ingegnere.
- Non ti vedo... - insistè Alessandro.
- Potevi romperti l’osso del collo... - esclamò Alessio senza aggiungere altro.
- Mi dispiace... - aggiunse il giovane.
- Dobbiamo andare in ospedale... - continuò l’ospite.
- No, no, sto benissimo... - il ragazzo fece il gesto di mettersi seduto. Una sensazione di vertigini lo fece ricadere sul divano.
- Chiamo un’ambulanza... - disse l’ingegnere estraendo il cellulare dalla tasca della giacca.

continua...

Angela Colella


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