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Racconti ischitani (ragazzo di strada 21)

di junior - mercoledì 1 aprile 2009 - 5226 letture

Il ragazzo corse in strada. Reggeva il casco con la mano destra. L’ingegnere lo inseguiva a distanza. Sembrava adirato.
- Fermati...fermati... - gridò Alessio cercando di convincere il giovane a desistere. Si portò la mano al nodo della cravatta tentando di allentarlo. Alessandro si voltò con un movimento rotatorio del busto senza interrompere la fuga.
- Vattene via... - inveì - Non voglio più vederti. Mi hai stufato. Vattene. Vattene via... - Lo studente montò sul motorino parcheggiato in strada. Partì a velocità sostenuta. Alessio lo vide scomparire. Si fermò a riprendere fiato. Si piegò il busto in avanti appoggiando i palmi della mani sulle ginocchia. Rimase pochi secondi in quella posizione. Dopo si voltò in direzione del cancello. Si era richiuso dall’interno. Estrasse il telecomando dalla tasca della giacca. Si avviò a passo spedito in direzione dell’ingresso principale. Azionò il meccanismo di apertura. Raggiunse il garage. Salì in macchina. Accese il motore. Partì svoltando verso la strada statale 270. Era furioso. Sentiva un’arsura alla bocca. Non aveva più una sola goccia di saliva. Si passò la mano tra i capelli. Ripeteva spesso quel gesto quando era nervoso. Accelerò per raggiungere il ragazzo. Finalmente intravide Alessandro lungo un tratto della litoranea per Casamicciola Terme. Aveva decelerato. Procedeva a velocità normale. Stava parlando al cellulare senza cuffie. La figura di lui era elegante, slanciata. Sembrava fare corpo con il motociclo. I capelli allungati sulle spalle fuoriuscivano dal casco. Alessio decise di sorpassarlo. Accelerò superandolo di qualche metro. Quindi frenò bruscamente tagliandogli la strada. Il giovane intravide l’ostacolo. Cercò di evitarlo con una manovra azzardata. Perse l’equilibrio scivolando sull’asfalto. Fortunatamente la carreggiata era deserta in quel momento. Alessio scese dall’auto con calma. Ripassò la mano tra i capelli. Sfilò gli occhiali scuri deponendoli nella tasca della giacca. Si diresse verso il giovane.
- Ti sei fatto male...? - chiese piegandosi su Alessandro ancora dolorante a terra.
- Sei un bastardo... - rispose lo studente guardandolo negli occchi.
- E’ imprudente parlare al cellulare durante la guida...- aggiunse l’ingegnere aiutandolo a mettersi seduto - Fortuna che avevi il casco...-
- Prima era solo un sospetto...- ripetè lo studente - Ora ne sono certo. -
- Sei certo di cosa...? - chiese Alessio.
- Sei uno squilibrato... - aggiunse il ragazzo massaggiandosi la gamba destra - Ti dovrebbero internare. - L’uomo diede un’occhiata intorno. Gli automobilisti di passaggio si erano fermati. Stavano scendendo dalle macchine.
- Se mi lasci ti uccido... - mormorò l’ingegnere all’orecchio dell’amico.
- Non t’illudere... - disse Alessandro - Morirai prima di me. - Quindi abbassò gli occhi. Il dolore si stava attenuando.
- Va tutto bene...? - chiese una voce alle loro spalle. Alessio si voltò in direzione dell’automobilista.
- Solo qualche ammaccatura... - spiegò tranquillamente - Il ragazzo stava parlando al cellulare. Si è distratto. Ha perso l’equilibrio. - Due uomini sollevarono lo scooter da terra. Il mezzo non aveva subito grossi danni. Sembrava in grado di ripartire subito. Lo studente provò ad alzarsi. Rifiutò l’aiuto di Alessio con un gesto riluttante della mano. Appena in piedi fece una smorfia di dolore. I muscoli facciali si contrassero.
- Fa male...? - chiese l’ingegnere.
- No... - rispose seccato il ragazzo.
- Ti chiamo stasera... - continuò l’uomo sottovoce.
- Se ci provi non ti rispondo... - sbottò Alessandro salendo sul motorino.

Uno squillo sul telefonino gli annunciò l’arrivo di un messaggio. Guardò il display. La segretaria lo avvisava che doveva recarsi urgentemente allo studio. C’era un cliente. Lo stava aspettando da oltre un’ora. L’ingegnere risalì in macchina. Si diresse verso Ischia Porto. Abbassò il finestrino. La temperatura era gradevole. Lungo il ciglio dei marciapiedi erano spuntate delle campanelline gialle. Era delicate, graziose in cima al loro esile stelo di colore verde chiaro. Inspirò profondamente. Gli odori della primavera cominciavano ad impregnare l’aria. Aveva bisogno di rilassarsi. Era troppo teso. Il pensiero di Alessandro gli intorbida la mente. Stava diventando un’ossessione. Svoltò per entrare nel parcheggio. Si fermò. Spense il motore. Accese una sigaretta. Guardò l’orologio. Era in ritardo. Doveva sbrigarsi. Una sensazione di disagio lo assalì. Era una specie di presentimento. Alessandro aveva un altro uomo, o forse una donna. Voleva lasciarlo. Non avrebbe più potuto abbracciarlo. Stringerlo. Baciarlo. Sentire il suo calore. Mai più...Avvertiva una rabbia viscerale risalire dal profondo della sua anima. Non poteva permettere una cosa simile. No, non poteva succedere. Assolutamente. Alessandro non poteva lasciarlo. Non poteva. Il cellulare cominciò a squillare. Guardò il numero. Era Silvia.
- Pronto... - disse l’uomo - Ho capito. Sto arrivando. Parcheggio l’elicottero. -

continua...

Angela Colella


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