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L’Italia fuori dai Mondiali

Perdendo la semifinale di spareggio contro la Macedonia, la nazionale azzurra campione d’Europa non andrà in Qatar

di Piero Buscemi - venerdì 25 marzo 2022 - 4268 letture

Lo sport non dovrebbe mai mescolarsi con le vicende politiche e di attualità in genere. Sembra uno dei tanti ammoninenti che, come molte altre cose umane concepite per essere disattese a secondo della più o meno convenienza del momento.

Nella pratica l’esempio della estromissione degli atleti russi dalle varie discipline sportive internazionali, motivata dalla guerra, è proprio la conferma che lo sport e la politca vanno da sempre a braccetto. Un unico filo conduttore di pensiero e percezione su quanto stiamo vivendo, come se su questo argomento non si avesse diritto a ipotizzare una versione diversa o, sarebbe sufficiente, provare a farsi delle domande prima di accettare passivamente la versione ufficiale diramata a livello globale.

È una regola applicata e consolidata degli ultimi decenni. Vale per qualsiasi cosa possa coinvolgere direttamente o indirettamente l’essere umano e quindi l’opinione pubblica. Una sorta di livellamente cerebrale che dovrebbe, a detta degli esperti, creare una società uniformata che non deve porre domande, non deve analizzare, non deve arrivare a conclusioni che non siano in linea con il dogma di moda di un dato momento.

Quando poi si parla di calcio, si potrebbero sprecare pagine intere per esternare un personale parere su quanto riguarda l’attrazione principale che "aggrega" (le virgolette sono intenzionali e ognuno ha la libertà di interpretare il proprio personale retroscena) miliardi di persone nel mondo, quindi anche in Italia.

Vedere la nazionale di calcio vanificare la possibilità di recarsi in Qatar a novembre per disputare le fasi finali, a causa della sconfitta subita ieri sera a Palermo contro la Macedonia, ha lasciato una profonda delusione nei sostenitori degli azzurri. Qualsiasi considerazione o effetto collaterarle passa in secondo piano davanti a un insuccesso sportivo che riguardi in modo particolare il calcio. Un’attenzione distratta può in alcuni casi indurre qualcuno più sensibile a valutare certi aspetti legati a irregolarità o a violazioni di qualsiasi genere, come a un incidente di percorso da riporre nell’oblio il prima possibile.

Non stiamo parlando di risultati sportivi, si tratta di diritti umani violati e calpestati in nome dell’enfatizzazione all’ennesima potenza di una manifestazione sportiva, i Mondiali di calcio in Qatar appunto, come se morire all’interno di un cantiere di lavoro a causa di un incidente forse evitabile, o collassare senza vita per un eccessivo sfruttamento fosse un effetto collaterale da mettere in conto e inevitabile.

Stiamo parlando delle statistiche ufficiali diramate da tempo da Amnesty International che ci hanno informato come in Qatar, dal 2010 al 2019 sono morti 15.021 stranieri di ogni età e occupazione ma che le cause comunicate del decesso sono inattendibili.

Stiamo parlando di quel 71% di lavoratori migranti del Bangladesh deceduti in Qatar tra novembre 2016 e ottobre 2020, archiviati come vittime di "cause naturali", come la stessa Amnesty International ha ribadito.

Stiamo parlando di uno dei principali rischi per la salute dei lavoratori migranti in Qatar, ampiamente documentato quanto prevedibile, che è dato dall’esposizione a temperature estreme e a tassi elevati di umidità - come comunicato da Amnesty.

Amnesty International ci informa anche che nel 2019 il governo del Qatar ha commissionato uno studio al laboratorio greco FAME, dal quale è emerso che i lavoratori che avevano solo le protezioni minime previste dalla legge rischiavano assai di più di avere un colpo di calore rispetto a un gruppo di lavoratori impiegati nei progetti per i mondiali di calcio del 2022, che hanno normalmente standard più alti di protezione. Sempre nel 2019 uno studio condotto dalla rivista “Cardiology” ha trovato una correlazione tra caldo e decessi di lavoratori nepalesi in Qatar e ha concluso che “almeno 200 dei 571 decessi per problemi cardiovascolari dal 2009 al 2017 avrebbero potuto essere evitati”.

Sono dati che, non solo dovrebbero far riflettere su come quotidianamente giungiamo a conclusioni e giudizi sommari e deviati sulle vicende del mondo, allineandoci spesso ingenuamente più al fenomeno mediatico che al dietro le quinte che ogni fatto umano comporta, ma sono anche dati che sarebbero sufficienti per ipotizzare un boicottaggio da parte dei Paesi più sensibili, o presunti tali, sul rispetto dei diritti umani tra i quali non si possono escludere quelli dei lavoratori, sfruttati e addirittura deceduti, impegnati alla realizzazione e alla garanzia dello spettacolo del calcio, a qualsiasi costo e sacrificio.

Che il mondo sportivo italiano potesse sorprenderci con una decisione fuori dall’indottrinamento comune accettato da tutti, annunciando il boicottaggio dell’evento in Qatar per protesta e rispetto su quelle migliaia di morti innocenti, era un auspicio e un gesto da considerare nobile, se non coerente con le belle parole che spesso i nostri governanti spiattellano dalle aule parlamentari. Non ci ha sorpreso!

Ci ha pensato il sommo poeta a giustificare la follia e la contraddizione di milioni di Italiani inebriati e narcotizzati dal dio pallone. Il nostro Dante Alighieri, involontariamente, ci ha dato lo spunto per applicare la sua indiscutibile legge del contrappasso che ci sentiamo di collimare con l’eliminazione della nazionale dai mondiali. Una mera illusione di giustizia divina che, senza volerlo, immaginiamo abbia ristabilito un minimo di giustizia e di rispetto per la vita umana, non sacrificabile inutilmente, che sia una guerra o qualsiasi evento sportivo a placare le coscienze.

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Dante


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