Ipazia d’Alessandria

di Pina La Villa - venerdì 7 dicembre 2007 - 5342 letture

Ipazia D’Alessandria filosofa e scienziata del IV-V secolo d.C.

La vita di Ipazia cominciò ad essere scritta circa vent’anni dopo la sua morte, avvenuta per assassinio nel 415 dopo Cristo.

I primi ad occuparsi di lei furono due storici della Chiesa: Socrate Scolastico e Filostorgio. Ottant’anni dopo, Damascio di Damasco tornò a riproporre la sua biografia. Quando Socrate e Filostorgio scrissero le loro opere, molti dei responsabili della morte della filosofa erano ancora vivi: i due quindi rischiarono davvero grosso, accusando tutt’altro che velatamente Cirillo (allora Vescovo di Alessandria) di quel truce delitto. Filostorgio, in particolare, attesta che se i cristiani colti e ormai al margine dell’ortodossia vedevano di buon occhio Ipazia, altri cristiani invece non la tolleravano proprio e si scagliarono contro di lei fino ad ucciderla. Socrate ritorna con vigore sul tema dell’odio e della gelosia: "Ella giunse ad un tale grado di cultura, che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei. [...]. Per la magnifica libertà di parola ed azione, che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. Infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale. Per questo motivo, allora, l’invidia si armò contro di lei. Alcuni, dall’animo surriscaldato, guidati da un lettore di nome Pietro, si misero d’accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario: qui, strappatale la veste, la uccisero colpendola con i cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati questi pezzi al cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia di lei nel fuoco".

Diversi altri particolari cogliamo poi nella biografia che scrisse Damascio, cento anni dopo la morte della donna. "Una volta accadde che Cirillo, che era a capo della setta opposta, passando davanti alla casa di Ipazia, vedesse che vi era una gran ressa di fronte alle porte, confusione di uomini e di cavalli, gente che si avvicinava, che si allontanava, che ancora si accalcava, avendo chiesto cosa fosse quella moltitudine e di chi la casa presso la quale c’era quella confusione, si sentì rispondere da quelli del suo seguito che in quel momento veniva salutata la filosofa Ipazia e che era la sua casa. Saputo ciò, egli si rose a tal punto nell’anima che tramò la sua uccisione in modo che avvenisse al più presto, uccisione tra tutte la più empia".

Fu il padre Teone ad indirizzare Ipazia verso gli studi scientifici, come lui stesso ci tramanda,nell’intestazione del III libro del suo commento al Sistema matematico di Tolomeo: "Commento di Teone di Alessandria al terzo libro del Sistema matematico di Tolomeo. Edizione controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia".

Ancora Filostorgio e poi Suda, ci informano di interessanti scoperte da lei compiute a proposito del moto degli astri, scoperte che ella rese accessibili ai suoi contemporanei con un testo, intitolato "Canone astronomico".

Come nota Gemma Beretta (Ipazia d’Alessandria, Editori Riuniti): "Quando tracciava una nuova mappa del cielo, Ipazia stava indicando una traiettoria nuova - e insieme antichissima - per mezzo della quale gli uomini e le donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra senza soluzione di continuità e senza bisogno della mediazione del potere ecclesiastico [...]. Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé (l’intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell’aritmetica che, tenute l’una insieme all’altra, costituivano l’inflessibile canone di verità".

"Ipazia […] è maestra di filosofia neoplatonica, una disciplina dove convergevano anche studi di matematica e di geometria, al punto che la stessa Ipazia avrebbe inventato anche macchine come un astrolabio piatto, un idroscopio e un aerometro". ( "Roma al femminile", a cura di Augusto Franchetti, ed. Laterza)

I meriti di Ipazia furono molti. Secondo Socrate Scolastico e Damascio, con Ipazia si era finalmente realizzata nel mondo la mitica "politeia" in cui erano i filosofi a decidere le sorti della città. Ipazia fece ritornare ad Alessandria la filosofia.

Ipazia affiancava, dice Beretta, "ad un insegnamento esoterico un insegnamento pubblico, simile a quello dei sofisti moralizzatori del I secolo". Caratteristica di Ipazia fu dunque la generosità con cui tramandava il suo sapere a quanti stavano attorno a lei. Damascio riferisce che "la donna, gettatosi addosso il mantello e facendo le sue uscite in mezzo alla città, spiegava pubblicamente, a chiunque volesse ascoltarla, Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altri filosofo". "Poiché tale era la natura di Ipazia, era cioè pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei".

Con la morte di Ipazia, si potè considerare distrutta una delle più esemplari comunità scientifiche di ogni epoca. Quello che è strano però, è che nessuno, poi, si sia proclamato suo allievo. Nessuno filosofo si dichiarò suo erede. Probabilmente, ipotizza Beretta, i motivi vanno ricercati nel fatto che Cirillo, considerato dalle fonti principali il responsabile del suo assassinio, "detenne la carica di vescovo della città per i successivi 29 anni (egli, infatti, morì nel 444), nel corso dei quali divenne l’episcopo più potente e temuto di tutto l’impero d’Oriente".

Ma perché Cirillo odiava tanto Ipazia? Certo, l’invidia (phthonos) per la considerazione e la notorietà che questa donna aveva raggiunto nella sua città giocò un ruolo notevole. Ma le cause del rancore del vescovo di Alessandria contro la nostra filosofa hanno una radice ben più politica e religiosa.

Nel 391 dopo Cristo, Teodosio aveva proclamato il Cristianesimo religione di stato. Il clima sociale di Alessandria d’Egitto era , a cavallo fra quarto e quinto secolo, molto instabile. La comunità cristiana era la più forte e teneva a far valere questo suo potere.

Cirillo rappresentava il massimo del potere ecclesiastico, ma Ipazia era il fulcro della cultura, occupando la prestigiosa cattedra di filosofia: "Dopo la morte di suo padre ne aveva ereditato l’insegnamento," annota Ronchey (Roma al femminile, Laterza) "ed era un insegnamento estremamente illustre, poiché derivava dal grande neoplatonico Plotino. Le successioni dei professori di filosofia venivano registrate in città come la successione dei vescovi". Ma il vescovo cristiano doveva avere il monopolio della ’parrhesia’ (libertà di parola e di azione; ndr)" ha scritto Peter Brown, proponendo, per quanto riguarda Ipazia, un sillogismo molto chiaro: "Se nella fase di passaggio dal paganesimo al cristianesimo i compiti del filosofo e del vescovo vengono a sovrapporsi, che cosa fa il vescovo, se non eliminare il filosofo?".


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Ipazia d’Alessandria
28 dicembre 2008, di : Diego Corrientes |||||| Sito Web: Ipazia di Alessandria

"€per Pina La Villa spero ti faccia piacere la segnalazione diun post dedicato ad Ipazia sul mio blog. http://diegocorrientes.blogs.it. Cordialmente auguri Diego Corrientes"