Il quadro della settimana: “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Jan Van Eyck

Olio su tavola,
 cm 82,2 x 60. 1434.
 Ubicato nella National Gallery di Londra.

di Orazio Leotta - martedì 11 dicembre 2012 - 6420 letture

Van Eyck ci introduce nella casa di un ricco mercante di origine lucchese, Giovanni Arnolfini, e ci fa assistere alle sue nozze con Giovanna Cenami. Siamo così testimoni del nuovo, prestigioso status sociale che la facoltosa borghesia mercantile raggiunse nelle Fiandre nel corso del XV secolo. Quest’opera ne è infatti un documento prezioso: il committente non appartiene all’aristocrazia locale, è un mercante, per di più straniero, ma può farsi ritrarre dal rappresentante più prestigioso della scuola pittorica fiamminga. 22) Ritratto dei coniugi Arnolfini.jpg

Il pennello di Van Eyck si sofferma con minuzia sui particolari e rende con inaudita finezza tecnica le caratteristiche luminose e tattili degli oggetti conservati nella stanza. Pare dunque che il pittore assuma quasi il ruolo di un cronista, che riproduce scrupolosamente l’interno di una casa borghese del tempo (anche se il significato di molti degli oggetti rappresentati vanno al di là di un semplice “inventario d’arredamento” ma sono connessi all’evento che si sta celebrando). Il cane rappresenta l’impegno della fedeltà coniugale. La mela sul davanzale della finestra è un antico simbolo della Passione di Cristo (dunque ammonimento a vivere l’esperienza coniugale in sintonia con i principi della fede cristiana). La candela accesa sul candelabro (che con la sua poca luce non serve certo a illuminare l’ambiente) ricorda, anche in un momento gioioso come questo, la brevità dell’esistenza terrena. Infine il rosario appeso al muro rappresenta il dialogo quotidiano che i coniugi intrattengono con Dio.

Tornando all’arredamento in senso stretto, particolari come il candelabro o la finestra mostrano bene il virtuosismo pittorico con cui Van Eyck sapeva rendere il gioco dei riflessi luminosi sulle superfici. Un curioso particolare del dipinto è lo specchio appeso al muro: in esso si vedono riflessi gli sposi e davanti a loro altre due figure, vestite di blu e rosso, che assistono alla celebrazione. Molto probabilmente si tratta dello stesso Van Eyck, presente – a quanto pare – in funzione di testimone oculare alla cerimonia. La firma del pittore che sormonta lo specchio “Johannes de eyck fuit hic” (Jan van Eyck fu qui), dà un’ ulteriore conferma a questa ipotesi.

Jan Van Eyck nacque intorno al 1390 a Maaseik e morì a Bruges 1441.

Elogiato dai contemporanei come “il principe dei pittori del nostro secolo”, fu l’iniziatore della scuola fiamminga, ed uno dei grandi maestri della pittura gotica.

Jan van Eyck iniziò la sua carriera artistica eseguendo alcune miniature del Libro d’ore che probabilmente appartenne a Guglielmo di Baviera.

A questo periodo risalgono anche le sette pagine miniate delle Ore di Torino, di cui quattro andarono distrutte nell’incendio della biblioteca nazionale nel 1904, mentre le tre rimanenti si trovano tuttora nel Museo Civico di Torino.

Anche in questi primi lavori del pittore, è evidente il vivo interesse naturalistio che si esprime in delicate e vibranti rappresentazioni paesaggistiche.

Il pittore rimase all’Aia dal 1422 al 1424, al servizio di Giovanni di Baviera conte di Olanda.

Nel 1425 Jan Van Eyck passò a Lille al servizio del duca di Borgogna, Filippo il buono, del quale fu non solo pittore ufficiale, ma anche intimo amico, consigliere e agente segreto.

Si sa di due missioni all’estero, nel 1426 e nel 1429, quest’ultima in Portogallo per trattare il matrimonio della figlia del re con il duca e che determinò l’inizio della profonda influenza dell’arte fiamminga su quella Portoghese.

Jan Van Eyck nel 1430, ormai celebre pittore, si stabilì a Bruges dove lavorò con il fratello Hubert, perfezionando il suo senso della prospettiva che, a differenza della scuola di Rinascimento Italiano, che era impegnata in una ricerca artistica volta a suggerire la spazialità del dipinto per fondare insieme in uno spazio omogeneo, avvenimento e architettura, Van Eyck catturava la realtà concreta nelle sue esatte proporzioni, senza ricorrere apparentemente a calcoli matematici.

Lo stile di Jan van Eyck dedicandosi con tanta passione alla natura che conteneva gli avvenimenri dipinti, costituiva per la pittura fiamminga un notevole progresso, dato che fino a pochi decenni prima, sia il paesaggio sia l’architettura che includevano la storia sacra erano solo fondi schematici, simili a scene teatrali.

Le opere firmate che ci rimangono, circa una decina, includono il famoso Polittico di Gand (1432), I coniugi Arnolfini (1434, Londra, National Gallery), la Madonna del cancelliere Rolin ( 1433, Parigi, Louvre), la Madonna di Lucca (1436, Francoforte, Stadelsches Kunstinstitut), L’Annunciazione (1435), la scultorea Madonna del canonico van der Paele (1436) e per finire con la ritrattistica.

Anche in questa Jan Van Eyck rivoluzionò l’impianto tradizionale, portando l’attenzione tutta sul volto del modello, come è evidente in Timoteo, l’Uomo col turbante rosso, Jan de Leeuw, la moglie Margaretha van Eyck.

L’influenza dell’opera di Jan van Eyck fu vastissima, non solo in patria, ma anche in Italia, soprattutto attraverso Antonello da Messina, nella penisola Iberica tramite Dalmau e nell’area tedesca.

Jan van Eyck fu anche il perfezionatore della tecnica della pittura ad olio che gradualmente sostituì in Europa l’uso del colore a tempera.

(Biografia a cura del sito www.settemuse.it)


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