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Il “medico dei matti”: Franco Basaglia

Nel centenario della nascita di Franco Basaglia. Lui ha rappresentato un modo nuovo di guardare alla malattia e alla salute mentale, mettendo al centro il paziente e la sua umana identità.

di Massimo Stefano Russo - domenica 10 marzo 2024 - 840 letture

Il nome di Franco Basaglia, nato a Venezia nel quartiere di San Polo l’11 marzo 1924 di cui ricorre il centenario, si lega alla legge n. 180 del 1978 che ha portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici. Ma chi è, chi è stato Basaglia?

Basaglia ha rappresentato un modo nuovo di guardare alla malattia e alla salute mentale, mettendo al centro il paziente e la sua umana identità. Il pensiero di Basaglia, la sua storia intellettuale e politica, il suo gruppo di lavoro, di cui pochi ammettono l’importanza e riconoscono la necessità di trasmetterne l’opera, vanno studiati e intesi meglio, quale progetto dal forte impegno sociale e politico.

Basaglia rimane figura ingombrante per molti e c’è chi ritiene alcune sue espressioni, legate a un lessico marxista, datate. In un atteggiamento di singolare silenzio, una forma di censura o assenza di memoria, oggi la sua opera rischia di cadere nell’oblio, disattenti ai suoi scritti. Come interpretare l’avventura basagliana che, diffidenti verso un nuovo impianto teorico, inquieta?

Nel guardare con attenzione alla malattia mentale Basaglia rimase inorridito di come la si curava e di ciò che si viveva nelle istituzioni. Ha voluto attuare qualcosa di diverso, con strumenti nuovi. La formazione culturale di Basaglia mal si conciliava con le pratiche della contenzione di matrice autoritaria e concezione repressiva, attive nel sistema istituzionale. Evidenzierà l’assurdo e intollerabile dramma manicomiale, con l’immagine inquietante di uno spazio abbandonato non di rado alla confusione e allo sporco, con i malati che, nell’esprimere pensieri strani e distruttivi, capricciosi e imprevedibili, incutono spavento. Uno spettacolo sconcertante dove, eccitati in un insensato agitarsi, persino il futile arriva a essere cattivo e l’essere umano diventa vittima.

Tra tanta desolazione, grida e lamenti, dove il tutto è troppo spregevole, metterà in discussione l’impotenza strisciante, dinanzi a qualsiasi forma di potere. Forte della consapevolezza delle decisioni da prendere e condividere, tra pensieri e frasi brevi, adattati al tono degli ordini, senza boria, Basaglia si proporrà di procurare una libertà prima sconosciuta. Come “purificare l’aria” e organizzarsi al meglio dove regna il disprezzo, l’oppressione e l’asservimento, con la vita che perde di senso e significato?

Basaglia, richiama i legami associativi che saldano e congiungono: vuole far emergere in pieno una democrazia affermativa, orizzontale, immediata e privilegia la potenza alternativa al potere, l’immediatezza rispetto alla mediazione. Alla luce di un sapere pratico, tecnico-scientifico matura così, il sentirsi parte di un tutto che vuol comprendere, in una nuova prospettiva che allenta i vincoli istituzionali.

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Basaglia - A cosa serve il manicomio

Consapevole che ogni vita, ha un tratto costitutivamente istituzionale, ma di per sé è forma di vita, inseparabile dalle sue maniere e dal suo modo di essere, anche quando l’ansia e lo spavento si diffondono nei volti. Individua nel sapere che diventa potere esclusivo, un fine a sé che facilmente può soggiogare e tradire, in una sicurezza ingannevole.

Nel prendere in esame il modo di agire si sofferma sull’azione più che sulle norme. Assegna un ruolo essenziale alla facoltà immaginativa, dove la potenza della mente si somma al corpo. L’immaginazione che apre orizzonti diversi e fonda la vita può infondere tranquillità ai più inquieti: nella sicurezza del comando va espressa umana dignità. È importante che ogni pensiero, liberi di esprimere e dire i propri sentimenti, diventi esercizio immediato in funzione dell’agire, nell’essere insieme e formare una comunità fra chi cura e chi è curato. L’alleanza deve saper sciogliere le barriere e convertire in comunità che cura, per far sì che i luoghi di cura e i modi di cura si intreccino, per creare nella cura un ponte fra il paziente e il medico.

Nel chiedersi quali sentieri la psichiatria dovrebbe seguire, a Basaglia, da sognatore che sa sognare, la vita appare come una rivoluzione incessante e insaziabile che si illumina di istanti subitanei e imprevedibili. Senza amore, né interesse alcuno per il potere accademico freddamente l’abbandonerà per dedicare i suoi anni migliori al progetto di smantellare l’istituzione manicomiale, affidandosi alle riflessioni del pensiero, ma senza lasciarsi paralizzare dalle idee.

Tradurrà la sua straordinaria capacità immaginativa in creatività istituzionale a conferma della potenza dell’immaginazione nella prassi, in un incessante processo educativo di sé. Basaglia, nel condurre una battaglia culturale e civile contro lo scandalo dei manicomi e la psichiatria tradizionale, fa dell’apertura il motore e il vettore delle sue esperienze e rifiuta il ruolo di medico-custode-carceriere.

Nell’ospedale psichiatrico di Gorizia metterà in pratica un esperimento delicatissimo raccontato da Fabrizio Dentice su “L’espresso” del 3 marzo 1968 con un reportage titolato significativamente “Una Montessori per i matti”. Si trattava di rompere il silenzio e la solitudine per restituire la libertà all’umano, sin dalla comunicazione, con le parole che penetrano e scaldano il cuore di chi ascolta.

Basaglia, nel riconoscere gli esclusi, vuol dare agli ultimi la dignità di persona e interessato al cambiamento delle persone che vogliono libertà non a caso individua in “Se questo è un uomo” un alleato prezioso a sostegno della battaglia per chiudere i manicomi. Nello smascherare la neutralità presunta della scienza rompe schemi, ruoli, autorità e prefigura la “fantasia al potere”: le nuove aperture orientano azioni che si riveleranno cruciali.

A Gorizia Basaglia avvierà una nuova azione istituzionale e nel vivere le contraddizioni del sistema le gestisce. A proprio agio tra la confusione di voci e di volti, dove si rischia di perdersi nel nulla, abbandonati al divenire di un tempo indiscriminato, tra paura, fervore, rabbia, afflizione nulla risparmia. Senza pretesa di dominio, né di avere sempre ragione, fa acquisire nuove responsabilità. Decide una cesura, un taglio netto che diventa interrogazione itinerante verso il mondo manicomiale escluso, cancellato, estromesso dal discorso e consegnato al silenzio. Produce valori e cura. Col suo stile e il suo tipico andamento di pensiero attivo, dialogante, cerca di realizzare le possibilità che gli vengono offerte. Intacca le condizioni di vita e mette al centro dello studio l’essenza dei bisogni e le domande da approfondire.

Delinea una strategia complessa da intendere e assumere in prima persona e guarda alla fenomenologia come alternativa filosofica, in un lavoro di indagine che sviluppi le potenzialità. Il privilegio lo assegna alla percezione del vissuto, il “qui e ora” presente. Vuole dare volto e nome ai sentimenti, ai diritti, alle volontà e alle azioni dell’individuo. Si tratta di dare opportunità e restituire diritti. Se il disturbo mentale esprime un “problema” dove orientarsi, a partire dalla quotidianità è difficile, complicato, l’esperienza diretta deve coinvolgere sul campo tutti gli attori, in un assiduo confronto quotidiano, per ritrovare un filo, un orientamento, in un percorso arduo pieno di speranza.

Nel guardare al manicomio come luogo “della malattia mentale” il programma di cura il percorso di ripresa e l’emancipazione deve superare la separazione, l’assenza e il vuoto delle relazioni. Isolati e nascosti si ha la condanna al silenzio e alla incomunicabilità. Nel lottare per restituire i diritti Franco Basaglia coglie l’importanza di ascoltare, di dare la parola e riattivare i canali di comunicazione ritenuti impraticabili. Il linguaggio, la voce, lo sguardo permettono di accedere e confrontare con la realtà. Trieste, con Basaglia che ha chiaro il significato del suo “esperimento biologico e morale”, sarà la prima città al mondo ad abolire il manicomio.

Il malato mentale deve diventare persona, nel concretizzare risposte efficaci centrate sui suoi reali bisogni e affetti. Ancor più oggi, consapevoli dei propri diritti, vanno pretesi cure e trattamenti appropriati, nel richiedere di investire risorse umane e materiali sui servizi territoriali per farli funzionare meglio e bene.

L’utopia basagliana sprigiona una forza che nel distruggere si prefigge di salvare. Aperte le porte ognuno esibisce quanto prima veniva celato con cura: il dolore, la malinconia condivisa si trasforma, in gratitudine e speranza di salvezza. Una vita buona, esemplare, degna di ammirazione quella di Basaglia, per quello che ha attuato nel trattare i malati con cura e con amore, sottraendoli alla violenza, per dare una risposta alternativa e affermare un nuovo sapere. Un lavoro, sostenuto da rapporti di amicizia e amore che presenta una comunanza di interessi con altre voci e minoranze “soffocate”. Nel guardarsi dall’idealizzazione, senza cedere all’illusione del grande uomo che, col suo essere caloroso, può permettersi la freddezza della descrizione è necessario comprendere i dibattiti suscitati dalle sue azioni e l’impronta da lui lasciata, nel mantenere viva l’attenzione e l’autocritica.

La forza del progetto di Basaglia, la cui linea appare con chiarezza nel porre delle domande esistenziali, mette in discussione i rapporti di subordinazione fondati su ruoli ben separati, sottoposti all’autorità. Una militanza la sua che ripropone e riformula le sfide politiche a livello intellettuale. Avviare comunità di vita e di sopravvivenza, per sanare contraddizioni difficilmente risolvibili altrimenti. Nel far parlare chi tace, anche perché sopporta troppo la psichiatria diventa conoscenza in relazione e interazione col mondo che nella negoziazione trova la connessione col reale e si esprime attraverso il fare, in un coinvolgimento attivo. Nella negoziazione si trova la connessione con il mondo reale.

Esplorare l’istituzione manicomiale porta ad acquisire conoscenze, nel privilegiare l’etica di alcune virtù comportamentali e caratteriali, con al primo posto l’onestà e la lealtà come base e bene per un agire buono e autentico, così da elaborare buone azioni. Una conoscenza basata sul soggetto agente, nel confronto quotidiano con l’altro.

A Basaglia, nello stare sempre con la testa tra le nuvole interessano le vite interiori complesse, le percezioni sottili e prendersi cura del prossimo, ma soprattutto uscire dal labirinto infido e intricato dell’ospedale psichiatrico per riacquistare autonomia, con ampi margini di sovranità su sé stessi. Trovare risposte ai bisogni reali delle persone e alimentare un senso profondo di appartenenza, coniugato a un’estesa partecipazione, nel prendere coscienza delle proprie contraddizioni e di quelle della realtà in cui si vive.


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