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Educare gli educatori

Da cosa, o meglio, da chi dovrebbe iniziare il percorso educativo che dovrebbe creare una società migliore?

di Piero Buscemi - mercoledì 17 maggio 2023 - 1476 letture

Il titolo di questo articolo richiama la domanda che molti si pongono quando si tratta di valutare l’operato di coloro che dovrebbero rispettare le regole, o le leggi per essere più precisi, e coloro che avrebbero il compito di farle rispettare. Anche in quel caso la cronaca italiana e internazionale hanno dimostrato come i due ruoli finiscano spesso per confondersi e, ancora più assurdo, quando proprio i delegati a dare l’esempio ed essere da emuli della correttezza vivono più spesso dall’altra parte della barricata, scavalcando il confine della legalità. A dirla in breve, si può riassumere questo concetto con il quesito: chi controlla i controllori?

Frequentemente chi da qualche anno ha già impiegato il suo tempo a contare i capelli bianchi o quelli che sono rimasti, si ritrova a dialogare e a scambiare opinioni con coetanei cercando di comprendere o, azzardatamente, pretendendo di spiegare certi comportamenti discutibili e correggibili riscontrati nelle nuove generazioni.

Le teorie sull’educazione giovanile, ma possiamo anche spingerci fino a quella infantile e adolescenziale, essendo entrambe due fasi della vita che inevitabilmente condizionano e formano il modo di essere delle nuove generazioni, queste teorie appunto, oltre a spendere parole e a volte pretenziose certezze smentite dalla realtà del quotidiano, accendono la curiosità e la perplessità di chi, in veste di genitore, si trova ad affrontare il rapporto con i propri figli e le rilevazioni degli educandi, insegnanti o istruttori di attività sportive, altri genitori o semplici concittadine/i che vivono gli stessi problemi.

Sicuramente non esiste una regola unica e precisa che si possa applicare alla totalità dei casi. Non è plausibile per qualsiasi divagazione della vita, figurarsi quando si tratta di rapporti tra genitori e figli che, col succedersi delle generazioni, hanno creato un divario sempre più ampio e incolmabile.

Ci possiamo limitare a elencare delle supposizioni, più o meno vere e convincenti, ma con la consapevolezza che in qualsiasi momento possano essere smentite. Ci è capitato di ascoltare accuse ben determinate rivolte all’arroganza e una discutibile educazione che a varie età si manifestano. Confronti di pareri sintetizzano certi comportamenti da corregere attribuendo la causa all’avvento e alla diffusione del cellulare e di quanto sta dietro questo oggetto del desiderio, appagato anche in tenera età da parte dei genitori.

Appariremo banali, ma ribadiamo che chi ha inventato il telefonino forse non si sarebbe aspettato gli sviluppi e il suo maniacale utilizzo. Quando nel 1973 l’ingegnere Martin Cooper fece la prima telefonata il 3 aprile di quell’anno, come per tantissime altre creazioni della mente umana, furono in tanti ad affermare che fosse un’invenzione destinata a sparire in poco tempo. Sappiamo come è finita e cosa rappresenti ai giorni nostri.

Ridurre però il giudizio su certi comportamenti con l’utilizzo improprio di questo "mini elettrodomestico" potrebbe deviare e falsare l’analisi di questo problema sociale. Di sicuro è fin troppo frequente assistere a scene di educazione moderna con le quali la tranquillità e il controllo sul minore è affidato proprio al cellulare. Bambini che hanno appena mosso i primi passi e pronunciato le prime parole, abbagliati ed estraniati dal contesto sociale con lo sguardo catturato e assente sullo schermo a cristalli liquidi che rischia di liquefare anche il giovane cervello, sottoposto a quegli stimoli artefatti.

Con la crescita il fenomeno assume proporzioni inimmaginabili. Non possiamo affermare che, procrastinare l’utilizzo del telefonino, porterebbe a una situazione diversa perché altre componenti esterne e travianti stimolano atteggiamenti che recenti studi hanno riassunto in obesità, depressione, disturbi del comportamento e ansia. Ci limitiano a raccogliere pareri diversi e anche contrastanti che evidenziano come emergano esternazioni che, in questo si trovano tutti d’accordo, è necessario ridurre più che controllare l’utilizzo.

Ma, come il titolo appunto dell’articolo suggerisce, chi dovrebbe cominciare a relazionarsi con la vita dei giorni nostri privandosi dell’uso maniacale dei moderni sistemi di comunicazione, dei quali, il cellulare è diventato il caprio espiatorio che nasconde più profonde lacune educative dei nuovi educatori?

Alcuni genitori, che obbligatoriamente rientrano nella categoria degli educatori, ci hanno evidenziato come molti "colleghi" di questo difficilissimo ruolo sconoscano del tutto la vita privata e fuori delle mura di casa dei propri figli. Altri ci hanno messo davanti alla domanda, apparentemente banale, di come si possa pretendere un atteggiamento, meglio un affidamento, dei giovani alle precedenti generazioni se manca la necessaria comunicazione che passa soltanto attraverso un messaggio digitato da una tastiera che non obbliga una reale esternazione di contatto. Guardarsi negli occhi, ad esempio, che implica un altro tipo di approccio nelle relazioni sociali.

Già, a chi tocca educare gli educatori, se quest’ultimi sono i primi esempi scorretti che determinano le cattive abitudini e l’alienazione, o rifugio se si preferisce, in un mondo internauta dal quale, sempre più difficilmente si riesce a ritornare nella realtà?

Anche in questo caso, le parole spendibili sarebbero troppe. Troppe per un articolo, forse anche per un dossier. Mancherebbe sempre un concetto in più, un parere in più, un esempio in più. Auspichiamo soltanto che certe tracce che abbiamo voluto evidenziare siano sufficienti per riflettere su questo problema di contatto verbale, sempre più artefatto e affidato a "intelligenze artificiali" che rischiano di creare il pensiero futuro nei nostri cervelli che non hanno più voglia di immaginare un presente.


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