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Alta precarietà

Siracusa, un pezzo del patrimonio dell’Unesco, rischia di perdere anche la stazione ferroviaria. E con essa, anche 20 posti di lavoro.

di Piero Buscemi - martedì 8 aprile 2008 - 3248 letture

Il problema è sempre lo stesso. Lo stesso che, dalla rincorsa all’industrializzazione degli anni ’60, attanaglia studenti-disoccupati siciliani, tra una proposta a breve termine e sottilissime clausole contrattuali, veri requisiti di accesso al mondo del lavoro.

Anche i protagonisti sono sempre gli stessi. Chi si schiera dalla parte dell’offerta, in questo bizzarro mercato del lavoro e chi, senza troppe alternative, subisce ed accetta compromessi, oltrepassando il ruolo della domanda e consapevole, a monte, che se ci rinuncerà, la coda degli astanti alle sue spalle, è fin troppa lunga.

Un caso singolare, un altro che si va ad aggiungere agli altri, è rappresentato dalla assurda situazione che vedrebbe, nel prossimo futuro, l’eventuale chiusura dello scalo ferroviario di Siracusa. Una chiusura che, come d’uso in questi casi, determinerebbe inevitabilmente diversi tagli del personale in esubero: si parla di un numero non inferiore a 20.

Questa eventualità, tutt’altro che lontana da una tragica realtà, scaturisce dal giudizio di antieconomicità, riconosciuto al sito ferroviario aretuseo che, suffragato anche dai tempi medi di percorrenza dei convogli, si è trasformato negli anni in un servizio alquanto folcloristico che, solo la predisposizione dei turisti oltralpe verso l’avventura, ha motivato il suo utilizzo.

Siracusa rappresenta una voce passiva del bilancio della Trenitalia S.p.A., la società nata dalle ceneri della Ferrovia dello Stato, un altro fiore all’occhiello dell’azienda Italia, accantonato perché notevolmente appassito nei decenni.

Nel giugno del 2000, ci aveva provato prima il Celentano nazionale, seguito a ruota (?) da Tognazzi junior, a pubblicizzare questa nuova scommessa italiana, a fronte di una riorganizzazione del gruppo FS, sempre più rivolta verso l’Europa che, da lì a poco sarebbe diventata unita.

Trasformare un ente statale in privato, comporta sempre un sacrificio economico ed umano, dove l’umano è rappresentato dal taglio dei costi del personale. Quando qualche anno fa, il Direttore di Marketing Paolo Gagliardo sottolineò che in Italia, almeno 300 milioni di persone ogni anno percorreva in treno circa 75 km, forse lasciò sotto inteso che questi dati non contemplassero il sud Italia, ancor meno una città come Siracusa.

I segnali di quanto sopra esposto, si sono trasformati in realtà, quando già nel 2007 le tratte Siracusa-Roma e Torino-Siracusa erano sembrate superflue, nell’economicità della gestione Trenitalia. Si è potuto verificare che, un passeggero armato di pazienza e molto coraggio, decidesse di recarsi a Torino per il prossimo salone del libro, e decidesse di farlo in treno da Siracusa, sarebbe costretto a prendere un diretto per Messina (tempo di percorrenza non inferiore alle 2 ore e 40 minuti), traghettare a piedi con bagaglio a seguito, fino a Villa San Giovanni e proseguire per almeno altre 13 ore, raggiungendo così la meta. Con la modica cifra di 119 €, sola andata ovviamente.

A Siracusa, oltretutto, esiste una strana gestione del personale incaricato alla manutenzione dei convogli ferroviari. Gli addetti alla pulizia e alla sostituzione delle batterie e quant’altro soggetto ad usura, vengono assunti a tempo rigidamente determinato. Contratti che raramente superano i tre mesi, durante i quali, il lavoratore articolerà il suo orario in tre distinte fasce che contemplano le 24 ore.

Coloro soggetti al turno notturno, hanno la possibilità di godere di un giorno e mezzo di riposo. E’ solo una possibilità, perché nella realtà se, e capita spesso, la programmazione dei turni non coincide con le aspettative, lo stesso lavoratore può essere richiamato la notte successiva.

Un ricatto, neanche poi tanto occultato che, allo scadere dei tre mesi, offre una chance in più per l’eventuale rinnovo contrattuale. Qualcuno cede prima, aggiungendo l’errore di dimettersi per spossatezza psicologica. Questo, in base alla legge vigente, gli impedisce anche la possibilità di presentare domanda di disoccupazione all’Inps, indennità non prevista in caso di dimissione.

Con le novità comunicate da Trenitalia, caratterizzate dall’intenzione di chiudere lo scalo ferroviario a Siracusa, a parte qualche fermata obbligata dei treni regionali, si prospetta la madre di tutte le beffe, per almeno 20, e speriamo nell’assurdo che il numero non sia destinato a crescere, lavoratore precari, esasperati dall’incertezza e all’estorsione morale.

A chiudere il cerchio, da qualche mese sono stati avviati i lavori dello smantellamento della vecchia cinta ferroviaria che lascerà il posto ad una pista ciclabile, i cui risvolti e proiezioni sono ancora da definire. I lavori sono stati affidati in appalto e a seguito dei probabili licenziamenti (o dimissioni) citati, diventa difficile ipotizzare un loro eventuale utilizzo nel progetto.

I siracusani, notizia di questi giorni, non sono rimasti a guardare. Hanno organizzato una manifestazione, fissata per giorno 19 aprile, durante la quale, i partecipanti potranno esternare il loro dissenso. Ordine del giorno sarà: l’andamento discutibile della locale squadra di calcio, che milita in serie D, senza alcuna prospettiva di risalire verso le categorie di maggiore prestigio.

Riguardo la chiusura del sito ferroviario di Siracusa, ricordiamo ai nostri amministratori che è già operativo a Villarosa, vicino Enna, un Treno Museo presso la ex stazione di Villarosa, sito internet www.trenomuseovillarosa.com dal quale abbiamo tratto le foto, gestito dal suo storico capostazione Primo David, autore tra l’altro, dell’epitaffio adattabile anche per la città di Siracusa: “Si può andare alla stazione, anche senza prendere il treno”.


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