Sopravvivere al Coronavirus

In questo periodo di confusione globalizzata, vorremmo che venissero svelati i misteri d’Italia. Forse è chiedere troppo

di Piero Buscemi - domenica 12 aprile 2020 - 2185 letture

Non sappiamo quando realmente ne usciremo. Forse non sapremo mai neanche come ci siamo entrati. Unica certezza è che, credere o meno a esperti, politici, ospiti fissi in tv e quant’altro, qualsiasi provvedimento politico, dettato da indicazioni più o meno veritiere, ricadranno sulle nostre vite, senza distinzione. L’unica differenza, come al solito, la farà soltanto il potere d’acquisto delle nostre vite.

In questo periodo nel quale, in modo più enfatico che in situazioni di pseudo normalità, la distinzione tra il giusto e lo sbagliato, tra ciò che è credibile e ciò che è soltanto condiviso, tra il vero e il falso possibile sono soltanto pareri contrastanti che generano fazioni di rivendicazione di assolute verità, non rimane che affidarci al proprio istinto e alla propria sensibilità davanti alle priorità alle quali diamo valore per farci coinvolgere o rimanere asfittici spettatori.

Proprio in questa fase della nostra vita, a metà strada se accettare passivamente quanto siamo costretti a recepire da più fonti, non conta neanche più se attendibili, noi vogliamo rivolgere il nostro pensiero a persone che si trascinano da anni il peso di una verità negata. Dimenticata per un sentimento di rassegnazione che è l’unico che riesce ancora a sotterrare le lacrime, evaporate nel ricordo e in una rabbia sedata dal tempo inesorabile che scorre senza attimi di pausa, se non nel nostro diritto di sperare ancora.

Il nostro pensiero, davvero senza alcun motivo apparente, si è aggrappato ad una delle tante storie che non hanno ancora un epilogo. In televisione, oggi mentre famiglie improvvisano una normalità in un giorno di aggregazione proibita, la festa della rinascita per ogni popolo e ogni credenza di questo variegato mondo, hanno ispirato la nostra sensibilità verso uno dei tanti misteri italiani irrisolti.

Un volto che ha scavato nel nostro animo grazie ad una trasmissione che ha riportato per un attimo in vita un grande giornalista italiano. Quell’Enzo Biagi, più volte ricordato in momenti di falsa rivendicazione del diritto di cronaca. Riposto nel dimenticatoio o nella critica affrettata, quando il potere occulto chiama all’adunanza dell’appiattimento informativo, quello che non deve fare mai domande scomode ed accettare in silenzio un pensiero condiviso. Anche se sbagliato.

Quell’omino con gli occhiali, icona di un’immagine di altri tempi. Di un giornalismo dimenticato del quale non saremo mai degni, ci ha riportato attraverso la messa in onda di una sua vecchia trasmissione la figura di Emanuela Orlandi. Una figlia di questa Italia che, impunemente, ci permettiamo di invidiare per non aver vissuto la criticabile cronologia degli eventi che si sono impossessati delle nostre vite da sopravvissuti in trentasette anni dalla sua scomparsa.

In questo giorno di distrazione, mentre l’unico pensiero è imbandire una tavola, nonostante un peso etico ed un destino messo in dubbio dalla paura, noi vogliamo ricordare la ragazzina di quindici anni scomparsa nel 1983. Il 22 giugno si potrà lasciare spazio a tutti quelli che, per un dovere di cronaca che non pretende un’esposizione eccessiva né un coinvolgimento diretto, coperti da troppi anni di verità sviate, tra sorrisi forzati, parole di speranza e richiami ad una fratellanza che non ha più neanche importanza se comincia a sfuggirci da qualsiasi logica. Quel giorno lasceremo la parola ad altri.

Oggi ce la prendiamo noi, chiedendo scusa ai protagonisti diretti di questa storia. Oggi la facciamo diventare nostra, questa storia senza chiusa, che sia almeno consolatrice per chi da anni ha affrontato un’indifferenza che ha indirizzato la famiglia ad un più saggio atteggiamento a rinunciare a farsi ulteriori domande.

Noi vogliamo vestire i panni di chi, anche oggi in un giorno ipocrita di festa da assecondare ad ogni costo, dei frantumatori del quieto vivere. Dei rinunciatari alla lista degli invitati alla mensa. Vogliamo vestire il ruolo di fratello, sorella, madre, padre. Amico di un destino che solo una enorme esternazione di menefreghismo, potrebbe illuderci di rinnegare.

E come un biblico rinnego siamo disposti anche noi a barattare trenta sporchi denari in cambio di una "vera" verità che ci restituisca un barlume di identità umana da rivendicare. Un’occasione che ci consenta di riscattare un’esistenza passiva votata al consenso di massa per credere che anche su questa terra ci possa coesistere la speranza di una giustizia.

Buona Pasqua, dolce volto di una figlia o di una sorella adottata nelle nostre apatiche essenze. Buona Pasqua, Emanuela. Buona Pasqua a chiunque mantiene lotta ancora per la verità.

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