Silenzi e azzittimenti
Le strade vuote a Milano durante la pandemia imprimevano senso terrore, ben diverso da quello di sano intervallo durante l’estate. Come per uno spartito in bianco l’interpretazione può sembrare una soltanto ma il silenzio è uno specchio che riflette causalità differenti.
Esistono silenzi socialmente automatizzati (come nei luoghi di culto) e altri che si creano spontaneamente in circostanze di imbarazzo, raccoglimento o anche soddisfazione come mentre si apprezza il cibo, si ammira un paesaggio ecc.
Ai silenzi che vengono rispettati per tradizione, o frutto di emozioni condivise, si aggiungono quelli indotti alla persona, ovvero azzittimenti, attraverso forme di omertà, repressione, ricatto o anche impossibilità di esprimersi poiché si è già in ascolto: differentemente dalla vista, cui ci si può sottrarre, ovunque c’è un suono e qualcuno è presente, qualcuno ascolta: pensiamo a quante conversazioni altrui e contenuti radiofonici condividiamo ogni giorno in religioso silenzio.
Nell’immaginario collettivo si continua a considerare il silenzio uno stile di vita, un orientamento ideologico, e spesso colui che lo rincorre un povero di spirito, bacchettone, intollerante così come si esprimono in proposito cantanti e personaggi dello spettacolo: evidentemente non si rendono conto di quante situazioni di mutismo monacale e difficoltà d’interazione creano ogni volta che i loro show e brani vengono trasmessi là dove ci si trova casualmente (durante una pausa pranzo o caffè, in giro per impegni ecc). Anche chi zittito a causa di un ascolto continuo avrebbe qualcosa da dire, delle emozioni da esternare, un po’ come quegli scolari emarginati in una classe caotica a causa del loro silenzio.
I rumori dell’intrattenimento e della comunicazione sono più invasivi rispetto al sordo ronzio di una macchina, illimitati nel tempo perché differentemente da quelli di un cantiere agiscono anche di notte. E sarebbero anche i più facili da contenere perché se la musica è necessaria in una discoteca non lo è in un negozio e tanto meno in uno studio medico. A dispetto della loro inutilità questi suoni coinvolgono in grande numero e ricoprono ampi spazi attraverso un rapporto impari tra chi li trasmette e chi li riceve: pensiamo a quante poche persone occorrono per decidere la sonorizzazione di un bar, di un parrucchiere, rispetto a quante poi la dovranno subire: in silenzio! O a come in occasione di un rave party non autorizzato, un solo altoparlante, collegato a un generatore diesel, riesce a sonorizzare un’intera area extra urbana obbligando gli abitanti a tacere.
- Milano deserta
Considerato che un silenzio totale non esiste perché qualche rumore di fondo c’è sempre, sarebbe bene distinguere i silenzi socialmente assimilati e spontanei, dagli azzittimenti. E sarebbe bene anche uscire da una concezione del silenzio ascetica, che rasenta la trascendenza (pur riconoscendo l’influenza di questi aspetti nelle creazioni da sempre di grandi artisti e letterati). Quando si lamenta la mancanza di silenzio nella vita di ogni giorno si esprime banalmente un disagio da rumore: desiderare il silenzio per la maggior parte significa poter dormire di notte, rendere sul lavoro, nello studio, per la commessa di un negozio di vestiario evitare il mal di testa (... nulla di mistico!).
Del resto, la delimitazione tra una situazione di silenzio socialmente acquisito, spontaneo, o indotto attraverso un ascolto coatto, già è debole: una sola persona che nella sala breakfast di un hotel telefona, o ascolta i suoi notiziari in vivavoce, è sufficiente a zittire i presenti. La sonorizzazione dal basso, attraverso il cliente per mezzo di tecnologie smart sempre più capaci, è particolarmente inquietante perché cancella ogni confine acustico tra luoghi pubblici e privati, di intrattenimento e non: confini già resi ambigui dalla sonorizzazione centralizzata da parte di gestori ed esercenti attraverso televisioni, impianti stereo e altoparlanti nei luoghi in cui si vende, si consumano beni, si offrono servizi non proprio di intrattenimento.
Ma noi non dobbiamo restare in silenzio! Chiediamo all’esercente di spegnere la televisione o per lo meno ridurne l’audio. E perché non far segno, o offrire un auricolare, al cliente che sta tacitando gli altri con le sue tecnologie? Al di là degli esiti è pur sempre un agire, che potrebbe anche diventare virale ...questa volta a scopo benefico!
Questo articolo è stato pubblicato anche su Fana.one.
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