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“La gente pulita non dimentica i suoi morti”

È morto con la barba lunga. Lui aveva giurato che si sarebbe tagliata la barba quando sarebbero stati trovati i killer mafiosi dei suoi cari uccisi. Un articolo di Daniela Musumeci (Pressenza)

di Redazione - martedì 23 aprile 2024 - 525 letture

“La gente pulita non dimentica i suoi morti”. Così ripeteva Vincenzo Agostino, un esempio e uno sprone costante per tutti noi, anno dopo anno fedelmente e testardamente presente a tutti i cortei, a tutte le manifestazioni non solo antimafia ma anche antifasciste o comunque di presidio della democrazia, dell’uguaglianza e della solidarietà.

La nuvola bianca della sua testa, la sua corporatura imponente, il suo dolcissimo limpidissimo sguardo azzurro e – dal 1989 fino al 2019, anno della sua morte – la gentile minuta figura di sua moglie, Augusta Schiera, anch’ella immancabilmente assidua, si distinguevano sempre nelle prime file, dei cordoni come dei posti a sedere nei dibattiti, e ci davano coraggio, ci riprendevano senza rimprovero con il loro semplice essere lì, ancora in piazza, quando noi eravamo tentati di mollare.

Avevano trasformato, Vincenzo e Augusta, il loro dolore composto in tenacia. E quella barba e quei meravigliosi capelli bianchi, che Vincenzo avrebbe tagliato solo se avesse ottenuto giustizia per suo figlio – cioè non ancora nel suo ultimo giorno di vita, domenica 21 aprile – erano ormai noti in tutta Italia, perché lui girava per tutte le scuole della Repubblica a raccontare la storia di Nino e sollecitare all’impegno le coscienze dei giovani.

Antonino Agostino, insieme alla giovane sposa Ida Castelluccio, incinta di pochi mesi, era stato ucciso la sera del 5 agosto 1989, mentre tornava a casa sul suo scooter sul lungomare di Villagrazia di Carini. «Agostino è morto perché faceva il poliziotto» avrebbe poi affermato il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, e perché stava indagando sui rapporti tra mafia, esponenti della Polizia di Stato e servizi segreti. Alcuni documenti scomparvero da casa sua senza essere mai più ritrovati.

Dopo 32 anni, il giudice dell’udienza preliminare Montalto ha inflitto in primo grado l’ergastolo a Nino Madonia per duplice omicidio aggravato. L’altro presunto colpevole è [Giovanni Aiello], membro della Squadra Mobile sotto Bruno Contrada e congedato dalla Polizia nel ’77. Detto “faccia di mostro” per una cicatrice da colpo d’arma da fuoco che gli sfregiava il viso, faceva probabilmente da cerniera tra mafie e servizi ed era vicino a Gladio e Stay Behind. Nel 2016 Vincenzo Agostino lo riconobbe come l’uomo butterato che aveva cercato del figlio poco prima del suo omicidio. Sarebbe morto d’infarto l’anno dopo (fonte: Quotidiano di Sicilia on line)

Eroi loro malgrado, padre e figlio, eroine silenziose madre e moglie; «maledetta la terra che ha bisogno d’eroi» inveiva Brecht. Ma questa terra è la nostra terra e qui ci tocca stare e, siccome vogliamo essere gente pulita, non dimenticheremo i nostri morti e ne tramanderemo memoria con la serena determinazione che da loro abbiamo appreso.


L’articolo di Daniela Musumeci è stato diffuso da Pressenza. Errata corrige: siamo intervenuti sostituendo il riferimento presente nell’articolo originario con quello di Giovanni Aiello, che a noi risulta essere il nominativo corretto.



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