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Rileggere Kropotkin, contro il pessimismo antropologico

Rileggere Kropotkin può essere un modo per congedarsi dal pessimismo antropologico che rende muti e docilmente disperati.

di Salvatore A. Bravo - mercoledì 7 agosto 2024 - 360 letture

Turisti del pensiero

La temporalità storica è stata sostituita con i tempi d’investimento. La progettualità è dimensione che ha trovato il suo succedaneo nei “comandamenti liberisti”. L’uomo occidentale è divenuto “sterile calcolatore che non crea e non pensa”, gli è concesso, talvolta, essere solo “turista del pensiero”: pensare è esperienza da festival della filosofia o da libro per la sola estate. Pensare è parte dell’offerta mercantile da comprare sul mercato; il “pensare è così rigorosamente sterilizzato” dai dubbi.

Tutto è dato per acquisito, per il “turista del pensiero”, pertanto l’adattamento alla barbarie dell’economicismo liberal è inevitabile. L’individualismo senza pensiero è il marchio che nella psiche produce la normalità della violenza, la cui colpa ricade sul singolo scisso dalla totalità sociale.

In questo declino caratterizzato da violenza e da indifferenza etica pienamente realizzate rileggere gli anarchici con il loro socialismo libertario è uno delle possibilità per affermare il riorientamento gestaltico con cui emanciparsi dalla “necro-temporalità del capitalismo”. Le sole analisi economiche con cui si sottopone a critica il “capitalismo totale” non sono sufficienti, necessitiamo di un processo rielaborativo che ci apra orizzonti di possibilità; confrontarsi con le esperienze del socialismo libertario è già un passo verso il futuro, poiché ci si disancora dal pessimismo antropologico del liberismo e dalla sola critica per pensare il “mondo nuovo”. Rileggere Kropotkin può essere un modo per congedarsi dal pessimismo antropologico che rende muti e docilmente disperati.

La Comune

Pëtr Alekseevič Kropotkin pone in discussione in modo radicale lo Stato. Ripensare lo Stato è indispensabile; il capitalismo libera ha istituito lo Stato al servizio delle oligarchie; in Oriente regna il capitalismo di Stato, in entrambi i casi libertà e partecipazione sono inibiti. Per Pëtr Alekseevič Kropotkin solo il governo dal basso può essere il motore motivazionale della difesa della rivoluzione e delle sue conquiste. La rivoluzione per delega verso organismi distanti dal popolo non può che favorire la morte della politica per passività e inattività reale. La Comune di Parigi nel 1871 fu esperienza breve, ma essa dimostrò che un’altra politica è possibile. Rivoluzione è diretta gestione del potere legislativo e controllo dell’esecutivo.

La rivoluzione vive nel corpo del popolo, altrimenti è solo “paradigma del cielo”. La Comune di Parigi del 1871 e la gestione anarchica della terra e dell’economia nel 1936 - 1937 in Catalogna, Aragona, Andalusia e nella comunità valenciana, durante la Guerra civile spagnola, sono due episodi che dimostrano che l’impossibile è possibile. La Comune del futuro dovrà pensare l’esperienza e gli errori del passato per sublimarli in forza progettuale razionale sostenuta dal pensiero forte - veritativo:

“Ma la prima preoccupazione del Comune del diciannovesimo secolo non sarà quella di porre fine alle disuguaglianze sociali? di impadronirsi di tutto il capitale sociale accumulato nel suo seno e di metterlo a disposizione di coloro che vogliono servirsene, per produrre e aumentare il benessere generale? La sua prima cura non sarà quella di spezzare la forza del capitale e di rendere per sempre impossibile la creazione dell’aristocrazia che originò la caduta del comune del medioevo? Andrà a prendere come alleati il vescovo e il monaco? Infine, imiterà quegli avi che cercavano nel Comune solo la creazione di uno Stato nello Stato? che, abolendo il potere del signore o del re, non sapevano fare di meglio che ricostituire, fin nei minuti particolari, sempre il medesimo potere, dimenticando che questo potere, pure essendo limitato alle mura della città, avrebbe però conservato ancora i vizi del suo modello? I proletari del nostro secolo, imiteranno forse quei fiorentini che, pur abolendo i titoli nobiliari o facendoli portare come marchio di infamia, lasciavano nascere nel contempo la nuova aristocrazia dell’alta borsa? Faranno infine come gli artigiani, che, arrivati al Palazzo civico, devotamente imitavano i loro predecessori e ricostituivano la scala di quei poteri che avevano rovesciato? Cambieranno dunque solo gli uomini senza toccare le istituzioni? Certamente no. La Comune del diciannovesimo secolo, forte della sua esperienza, farà meglio. Sarà comune non solamente di nome. Non sarà unicamente comunalista, ma comunista; rivoluzionaria in politica, lo sarà pure nelle questioni di produzione e di scambio. Non sopprimerà lo Stato per poi ricostituirlo, ma molte Comuni daranno l’esempio, abolendo il governo di procura e astenendosi dal confidare la loro sovranità alle sorprese dello scrutinio” [1].

La federazione delle Comuni oltrepasserà col rigore etico e paideutico i campanilismi competitivi veicolati dal capitalismo. La quantità troverà nella misura il suo limite e il suo senso etico. Il valore di scambio e il denaro nel loro gigantismo febbrile sono l’espressione della quantità senza misura e dunque senza qualità. Si pensi alle grandi opere del nostro tempo e al comitato d’affari che li gestisce.

Con la federazione dei Comuni la qualità orienterà la quantità verso la soddisfazione dei reali bisogni. La misura sarà data dall’autogoverno. La politica gestirà l’economia e i Comuni federati saranno la casa degli uomini e delle donne. La Comune porrà fine allo stato di guerra perenne del capitalismo. Guerra è parola che deriva dall’alto tedesco werran, ovvero mischia, e in senso metaforico, indica la confusione ideologica ed etica che regna nello stato di guerra continua. Con la Comune terminerà la competizione-mischia e la “malvagità del bene”, quest’ultima al tempo di P- Kropotkin si presentava nel suffragio universale manipolato e nella libertà di stampa prezzolata. Il potere è faglia che taglia in due la collettività, pone in essere tensioni e contraddizioni non concettualizzate. Con il comunismo libertario il “potere” sarà esperienza del passato nel quale gli esseri umani sono stati asserviti a logiche irrazionali e innaturali:

“Ancora ai giorni nostri, lo spirito di campanile potrebbe eccitare tante gelosie fra due Comuni vicini, impedire la loro alleanza diretta e accendere anche lotte fratricide. Ma se queste gelosie possono effettivamente impedire la federazione diretta di questi due Comuni, è per mezzo dei grandi centri che questa federazione si stabilirà. Oggi, due piccoli municipi vicini non hanno spesso nulla che li unisca direttamente: le poche relazioni che mantengono, servono piuttosto a fare nascere conflitti che a stringere legami di solidarietà. Ma tutti e due hanno già un centro comune con il quale sono in frequenti relazioni, senza il quale non potrebbero esistere; e malgrado tutte le gelosie di campanile, si vedranno costretti all’unione per mezzo della grande città, dove si forniscono e dove portano i loro prodotti; ciascun di essi dovrà fare parte della medesima federazione, per mantenere le relazioni con questo focolaio di richiamo e unirsi attorno a esso. E nondimeno questo centro, anche volendolo, non potrebbe assumere una preponderanza dannosa sulle Comuni che lo circondano. Grazie alla infinita varietà dei bisogni dell’industria e del commercio, tutti i luoghi abitati hanno già parecchi centri i quali si riannodano e, a misura che i loro bisogni si svilupperanno, essi si riannoderanno a nuovi centri adatti a soddisfare le nuove necessità. I nostri bisogni sono così vari, nascono con tale rapidità, che ben presto una sola federazione non basterà per soddisfarli tutti. La Comune sentirà dunque la necessità di stringere altre alleanze, di entrare in un’altra federazione. Membro di un gruppo per l’acquisto delle sue derrate alimentari, la Comune dovrà farsi membro di un secondo gruppo per ottenere altri oggetti necessari, per esempio, i metalli, e poi ancora di un terzo o di un quarto gruppo per le stoffe e le opere d’arte. Prendete un atlante economico di qualsiasi Paese e vedrete che non esistono frontiere economiche: le zone di produzione e di scambio dei diversi prodotti si penetrano mutuamente, si avviluppano, si sovrappongono. Così le federazioni di Comuni, se seguissero il loro libero sviluppo, verrebbero presto ad avvilupparsi, incrociarsi, sovrapporsi, formando una rete ben più compatta, “una e indivisibile”, di quella dei gruppi statali riuniti come le verghe in fascio attorno alla scure del littore. Così, ripetiamolo, coloro che vengono a dirci che le Comuni, una volta liberate dalla tutela dello Stato, cozzeranno fra loro e con guerre intestine si distruggeranno a vicenda, dimenticano una cosa: cioè il nesso intimo già esistente fra le diverse località, grazie ai centri di gravitazione industriale e commerciale, grazie alla moltitudine di questi centri e alle incessanti relazioni. Essi non si rappresentano ciò che era il medioevo con le sue città chiuse, con le sue carovane costrette a trascinarsi su strade difficili, sorvegliate dai signori briganti; essi dimenticano queste correnti di uomini, di merci, di lettere, di telegrammi, di idee, di affezioni che circolano nelle nostre città come le acque di un fiume dalla sorgente perenne: non hanno idea precisa della differenza fra le due epoche che cercano di paragonare” [2].

Pëtr Alekseevič Kropotkin è parte della storia eroica della filosofia, poiché ha abbandonato privilegi e agi di classe per testimoniare che la “coscienza infelice” può vincere ogni resistenza e determinismo ambientale. La quantità non può compensare il deficit di qualità. Il filosofo russo nel suo viaggio in Siberia racconta della sua ammirazione per i popoli più semplici che dimostrano con la loro essenziale felicità, quanto il dogma dell’abbondanza non risponda ai reali bisogni umani. Il capitalismo si è impossessato della storia e l’ha modificata per farne il triste trofeo con cui inoculare nei popoli il pessimismo e le passioni tristi. Liberare la storia dall’oppressione interpretativa del capitalismo è fondamentale, in quanto in essa è celata la verità che il capitale e i privilegi di classe occultano:

“I cinque anni da me trascorsi in Siberia mi furono una vera rivelazione della vita e del carattere umano. Io mi trovai a contatto con uomini di tutte le classi, le migliori e le peggiori; quelle che stanno al sommo della società e quelle che vegetano al basso – i vagabondi e i così detti criminali incorreggibili. Ebbi ampia opportunità di vedere gli usi e le abitudini dei contadini nella loro vita giornaliera, ed una più grande facilità di apprezzare quanto poco può loro essere utile l’amministrazione dello Stato, anche se fosse animato da ottime intenzioni. Finalmente i miei lunghi viaggi, durante i quali io traversai cinquantamila miglia su carri, su piroscafi, in barca, ma specialmente a cavallo, ebbero un meraviglioso effetto nel rinforzare la mia salute. Essi mi insegnarono anche quanto sono piccoli i reali bisogni dell’uomo, non appena egli è uscito dal cerchio incantato della civiltà convenzionale” [3].

L’anarchico russo nel suo viaggio siberiano constatò che si è liberi, se si soddisfano i bisogni reali rispondenti alla natura umana. Per ribaltare il relativismo etico consustanziale alla crematistica è necessario riappropriarsi della verità sulla natura umana con cui valutare la Totalità sociale ed elaborare nuove prospettive storiche; nulla è più rivoluzionario di ciò in un’epoca che pare immobile, malgrado tragedie inaudite che si consumano quotidianamente.

La rivoluzione smaschera e ricongiunge ciò che appare naturalizzato. Il giudizio valutativo è processo che trasforma l’astratto in concreto, ovvero riporta ciò che è separato (astratto) alla sua unità di senso (concreto). In tale percorso di approfondimento critico-veritativo , il soggetto umano mette in atto la rivoluzione anarchica, in quanto riconquista con il concetto e con la prassi il principio di realtà.

Il potere con i suoi orpelli e con i suoi slogan è svelato mediante la pratica della ragione filosofica. Pëtr Alekseevič Kropotkin ci riporta alla verità della lotta che non conosce “feticci” ma solo il pensiero-prassi radicale. Il capitalismo ha il suo cominciamento con il “non essere”, poiché la merce posta al centro del processo di plusvalore nega l’essere, ovvero la natura umana solidale e comunitaria. Il materialismo è eroso dalla contraddizione massima, deve consumare-negare per estendersi in modo illimitato. Ciò che è prodotto deve diventare, niente, affinché il ciclo produttivo possa perpetuarsi. Il capitale è l’effetto del niente e nel contempo il suo tragico sostegno. La trasformazione del denaro in capitale è reso reale mediante l’incorporamento dell’essere umano e dei viventi negli automatismi del capitale.

La Volontà di potenza è volontà di nullificare. Pëtr Alekseevič Kropotktin ribalta la logica della nichilismo crematistico. Riparte dalla natura umana, la quale è solidale, poiché l’essere umano è ontologicamente limitato, per cui solo nell’unità comunitaria si può ritrovare il telos politico ed etico che la sussunzione reale ha saccheggiato con i processi di reificazione.

Nel nostro tempo necessitiamo della forza etica del pensiero radicale per avviare una nuova stagione di impegno politico e morale, in quanto la penetrazione capillare del modo di pensare capitalistico è diventato la mordacchia della rivoluzione.

[1] ëtr Kropotkin, Parole di un ribelle, edizioni Anarchismo, Trieste 2012, Capitolo: La Comune.

[2] Ibidem.

[3] Pëtr Alekseevič Kropotkin, Memorie di un rivoluzionario, liberliber, 2021, pag. 220


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