Processi di omologazione

Per tornare ad essere diversi e liberi bisogna sottrarsi con la politica alla gravità della forza che sussume e devitalizza. A tutto questo dobbiamo dire il nostro “no” e testimoniarlo con la prassi.
L’omologazione è violenza. Il capitalismo per sua fondazione e produzione produce in serie merci e desideri. L’omologazione è pianificazione finalizzata a consolidare i bilanci del mercato. Il neoliberismo esalta l’individualità e si autorappresenta come il difensore delle libere soggettività, in realtà i proclami ideologici si infrangono contro la cruda realtà quotidiana. Le differenze sono etichette che sono poste ad indicare “particolarità” personali o di gruppo che devono essere accolte per poi procedere alla loro inclusione all’interno del mercato. Si pianifica l’omologazione inclusiva in più tempi: si sollecita l’identificazione delle differenze e la loro definizione.
Lo Stato-mercato si pone in difesa delle stesse fina a farsi garante della loro espressione, nel contempo le differenze sono orientate ad essere integrate nel mercato. L’inclusione vero slogan del capitalismo neoliberale ripetuto in modo ossessivo e compulsivo nei media e nelle istituzioni è il velo di Maya del capitale. Si presenta ai sudditi con le parole suadenti dell’inclusione. Le parole devono disorientare al punto da far percepire la realtà con gli occhiali rosa dell’integrazione e della liberazione da paure e da pregiudizi. Non pochi, specie tra i giovani, pensano che l’Eden sia tra di noi, vivono nell’orizzonte di un tempo in cui ogni piacere e differenza trovano la loro fatale accoglienza scevra da giudizi e costrizioni.
Le differenze, malgrado il sogno, si ribaltano in omologazione con l’appiattimento dei desideri. Ciascuno può essere, fare, amare come vuole purché non tradisca il suo dovere: contribuire alla finanza e al mercato. A tal fine le differenze sono oggetto di un elaborato processo di neutralizzazione dell’indole personale. Si valorizzano le predisposizioni personali funzionali al mercato e sono scoraggiate le passioni disfunzionali. Le passioni di tipo comunitario o disinteressato sono oggetto di riorientamento verso più saldi e solidi obiettivi. Il pubblico disprezzo verso ciò che si vive per amore disinteressato è oggetto del pubblico ridicolo, si pone dinanzi al “diverso”, quanto perderebbe in termini monetari e di rilevanza sociale se seguitasse nelle sue inutili passioni. L’inquietudine è strategia vincente, si fa pressione con la paura, si sventolano i dati che mostrano che talune scelte conducono alla miseria. Si pensi all’orientamento scolastico e universitario in modo continuativo si orienta mostrando i pericoli di scelte che ignorano il mercato.
Non secondario è il filtraggio delle informazioni, dei messaggi e delle immagini, essi sono orientati verso orizzonti monetari e di consumo. Il questo clima il “diverso” diventa eguale agli altri. Si spoglia della sua indole per diventare una imprecisa creatura nella quale il mercato soffia i desideri legittimi con le parole del sistema. Le differenze in tale contesto sono solo etichette: uomini, donne, persone con diverso orientamento affettivo, migranti, giovani e vecchi sono mossi dai medesimi desideri.
Il mercato offre le sue soluzioni ai desideri omologati e le merci possono fluire in modo barocco tra le fantasmagorie inoculate. L’omologazione non è più vista, anzi si vive in una realtà alterata, poiché si è convinti che le differenze dopo i secoli bui del “perbenismo borghese” sono finalmente libere. La caverna dell’oppressione, si pensa, è sta squarciata e le differenze possono sciamare liberamente. La contraddizione svela la verità: le violenze e l’infelicità sono incontenibili. Nel regno dell’Eden si soffre e si consumano psicofarmaci. Le differenze vivono in lotta perenne, perché desiderano “il medesimo”, “Homo homini lupus” la via che portava al Paradiso è lastricata dagli ululati della conflittualità competitiva generalizzata. La lotta di tutti contro tutti diventa in tal modo la normalità del dolore e della fatica quotidiana. L’omologazione fa aumentare in modo esponenziale la solitudine e la tensione sociale.
L’individualità e le differenze, squarciato il velo di Maya, si mostrano essere miti ideologici e se si orienta lo sguardo nella e sulla realtà non è difficile constatare che al di là delle etichette le individualità seriali con relativi desideri sono lo sgabello del dominio. Per uscire dalla caverna è necessario leggere “il sottosuolo del capitalismo”, in quanto a livello percettivo anche le differenze più impensabili sono visibili, ma se si guarda oltre il fenomeno non si può non scorgere l’omologazione dei desideri che divorano le differenze fino a renderle manichini da esposizione per le vetrine del capitale. Le parole di Simon Weil ben esprimono la logica della forza in cui le differenze soccombono:
“La forza rende chiunque le è sottomesso pari a una cosa. Esercitata fino in fondo fa dell’uomo una cosa nel senso più letterale del termine, poiché lo rende cadavere” [1].
Per tornare ad essere diversi e liberi bisogna sottrarsi con la politica alla gravità della forza che sussume e devitalizza. A tutto questo dobbiamo dire il nostro “no” e testimoniarlo con la prassi.
[1] Simon Weil, L’llliade il poema della forza, Asterios editore, Trieste, 2021, pp. 39 40
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