Morto il presidente del Gabon
Domenica 7 Giugno, la versione online di Le Point, e successivamente l’AFP (Agenzia France Presse), annunciava la morte di Omar Bongo, il più fedele alleato di Parigi in Africa.
Dopo tanto tergiversare, le autorità gabonesi hanno dovuto annunciare il decesso del 73enne presidente Omar Bongo Ondimba, al potere dal 1967. Ricoverato dall’inizio di maggio in una clinica di Barcellona soffriva di un tumore all’intestino. Durante il suo ricovero in ospedale, il governo ha tenuto segreto lo stato di salute del Capo di Stato con la più lunga permanenza alla guida di un paese africano.
Domenica 7 Giugno, la versione online di Le Point, e successivamente l’AFP (Agenzia France Presse), annunciava la morte di Omar Bongo, il più fedele alleato di Parigi in Africa. Ma nel corso della mattinata, il Primo Ministro gabonese affermava, invece, che il presidente era "ben vivo", smentendo formalmente questa informazione, prima di essere a sua volta smentito. Infatti alcune ore più tardi, i mass media spagnoli, il quotidiano La Vanguardia e l’agenzia Europa Press confermavano il decesso di Bongo.
A questo punto, lunedì 8 Giugno, il primo ministro del Gabon si è trovato costretto ad ammettere la scomparsa dell’inamovibile presidente. Sempre Domenica 7 Giugno, l’annuncio da parte dei mass media francesi della morte del presidente Bongo Ondimba aveva causato forti tensioni tra Parigi e Libreville. Lunedì mattina, l’ambasciatore della Francia nella capitale gabonese, Jean-Didier Roisin, è stato convocato presso il ministero degli affari esteri, dove gli veniva trasmessa una protesta verbale.
Da diversi mesi, il potere gabonese accusa i giornalisti francesi di condurre una campagna di denigrazione sistematica nei confronti del presidente deceduto. Le relazioni franco-gabonesi si sono anche deteriorate a causa dell’affare detto dei "biens mal acquis": molte querele sono state presentate da ONG contro tre presidenti africani, fra cui Omar Bongo, accusati di aver acquisito un vasto patrimonio immobiliare sottraendo fondi pubblici. Parigi ha insistito ribadendo che la giustizia ed i mass media sono indipendenti, ma la tensione non si è allentata. Il clan Bongo che accusa l’ Eliseo di fare il doppio gioco presentando il vecchio Presidente come un amico, da una parte, e non proibendo alla Giustizia ed ai media, dall’altra, di gettare un’ombra sulla sua reputazione, ha preferito trasferirlo in una clinica spagnola piuttosto che in Francia.
La confusione è stata alimentata tramite l’esistenza di “una fonte vicina al governo francese” che, nella serata di Domenica 7 Giugno, ha confermato all’ AFP (Agenzia France Presse) il decesso del capo di Stato africano. Prima della sua elezione all’Eliseo, Nicolas Sarkozy aveva promesso di porre fine ai “réseaux parallèles” che perdurano nelle relazioni con le ex colonie francesi sul continente nero. Ma, come hanno bene evidenziato Antoine Glaser e Stephen Smith nel loro ultimo libro, l’Eliseo si appoggia da una parte ad un gruppo di consulenti africani diretti da Bruno Joubert (ex Servizio Africa dell’Eliseo) e dall’altra a personaggi vicini al segretario generale dell’Eliseo, Claude Guéant, fra cui, vi è l’ avvocato Robert Bourgi, molto vicino alla presidenza gabonese.
Nella serata di lunedì 8 Giugno, l’ex giudice anti-corruzione francese Eva Joly ha rotto il coro dei sostenitori del presidente affermando che se Ondimba "aveva ben servito gli interessi della Francia e di alcuni uomini politici francesi (in modo particolare grazie alla manna del petrolio), non aveva però avuto a cuore il benessere dei suoi concittadini”. La stessa Joly, neoeletta per Europe ecologie al Parlamento europeo ha denunciato su Canal+: “Il Gabon, ha un PIL (prodotto interno lordo) uguale al Portogallo, però costruisce solo cinque chilometri di strade all’anno e ha un tasso di mortalità infantile fra i più alti al mondo. La manna petrolifera non è servita ai gabonesi, è piuttosto servita a noi francesi”.
“La Francia ha un grande debito verso il Gabon per aver mantenuto al potere durante tutti quest’anni il sig. Bongo", ha aggiunto l’ex magistrato, che ha istruito la pratica per l’affare Elf, sociètà petrolifera con ramificazioni in Gabon. La gestione di Bongo era al limite della dittatura poiché nel 1968 introdusse il monopartitismo fino al 1990. In seguito ad una serie di pressioni politiche da parte della popolazione che chiedeva una maggior partecipazione democratica, egli si trovò costretto a ripristinare il multipartitismo. Si è mantenuto al potere, elezione dopo elezione, malgrado le proteste dei suoi oppositori contro le irregolarità dei vari scrutini, la corruzione e il nepotismo.
Non esitò a cambiare il nome della sua città natale Lewai in Bongoville, in suo onore, seguendo il modello del megalomane Felix Houphouet Boigny (primo Presidente della Costa d’Avorio) che tolse il merito di capitale politica ed amministrativa ad Abidjan (rimasta capitale economica e commerciale) a favore del proprio villaggio nativo, Yamoussoukro, per poi costruirvi una riproduzione della basilica di San Pietro. Credo sia un male comune di molti presidenti africani, quell’abitudine a rimanere al potere per più di due mandati e possibilmente fino alla morte, in barba alla democrazia. Per citarne alcuni: Bongo Ondimba (Gabon dal 1967 alla morte nel 2009), Felix Houphouet Boigny (Costa d’Avorio dal 1960 alla morte nel 1993), Julius Nyérere (Tanzania dal 1964 al 1985), il dittatore Robert Mugabe (Zimbabwe dal 1980 ad oggi), Paul Biya (Camerun dal 1982 ad oggi dove vige un sistema chiamato democratura ossia mezza democrazia, mezza dittatura), Idriss Déby Itno (Ciad dal 1990 ad oggi), Repubblica Democratica del Congo, ex-Zaire (Mobutu dal 1965 al 1997), Egitto (Hosni Moubarak dal 1981 ad oggi), Libia (Muammar Gheddafi (dal 1969 ad oggi), Tunisia (Ben Ali dal 1987 ad oggi), Burkina Faso (Blaise Compaoré dal 1987 ad oggi), Guinea-Conakry (Sekou Touré dal 1958 fino alla morte nel 1984 e Lansana Conté dal 1984 fino alla morte nel 2008), Liberia (William Tubman dal 1944 al 1971), Mali (Moussa Traoré dal 1968 al 1991), e Togo (Gnassingbé Eyadema dal 1967 fino alla morte nel 2005; Faure, figlio di quest’ultimo, ignorando che la Costituzione preveda che debba essere il Presidente dell’Assemblea Nazionale ad assumere l’interim ed indire le elezioni, s’insedia come Presidente della Repubblica. Alcuni mesi dopo, vengono organizzati delle consultazioni elettorali ed ovviamente vince Faure con l’aiuto e l’appoggio del proprio governo e dell’esercito).
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