Lettera al mio insegnante
Affinché non rimanga l’ennesima emozione non detta per paura di scoprirsi, di aprire uno spiraglio del proprio io, ho deciso di scrivere e comunicare l’amore profondo e ideale...
di
Beatrice
- mercoledì 10 gennaio 2007
- 10576 letture
Affinché non rimanga l’ennesima emozione non detta per paura di scoprirsi,
di aprire uno spiraglio del proprio io, ho deciso di scrivere e comunicare
l’amore profondo e ideale che mi ha legato all’immagine di quell’uomo che mi fu insegnante,
maestro e guida.
Negli anni in cui ho avuto il privilegio e l’occasione di averlo come insegnante, non
sono riuscita a trasmettere l’importanza che aveva nella mia vita.
Sono passati dieci anni dall’ultima volta che il suo sguardo ha incontrato il mio, lasciandomi senza la forza di dire una parola, un saluto, un grazie. Forse ingenuamente ho sempre creduto che eravamo al di sopra delle parole e che le nostre comunicazioni erano segrete e impercettibili e così profondamente intense.
Non so perché, ma accade più spesso di quanto non si immagini, di non riuscire a dire quello che provi alle persone a cui più tieni: riflettendo sugli abbandoni che mi hanno lasciato un vuoto inguaribile nella vita, ho davanti l’immagine di mio padre che sulla porta di un ospedale mi saluta per l’ultima volta mentre mi avvio all’ascensore.
È un momento impresso indelebilmente nel mio animo quello in cui mi voltai per il saluto e con leggerezza, quasi distrattamente, pensai che era l’ultimo: fu un presentimento, uno di quei pochi che nella vita ti fanno per un istante brevissimo veggente del tuo destino.
Riflettere, cercare di frammentare la tua vita, istante per istante, pezzetto per pezzetto per capire il percorso fatto e la strada che hai davanti, frutto di quell’“insieme” che fin qui ha creato questo quadro incompleto, abbozzato; tutto questo ti fa decidere di non bloccarti ai semplici ricordi per lasciarli lì se pensi che qualcosa andava fatto o detto.
Credo che la cosa più difficile nella vita di ognuno sia conquistarsi un posto, un angolino in questa esistenza materiale, che lo faccia sentire bene con sé stesso e con gli altri. Spesso l’impresa più incredibile diventa quella di capire l’unicità e l’importanza che è racchiusa dentro l’essere umano; quella unicità che se compresa davvero ci appagherebbe solo del sentirci vivi, di esistere. Per questa ragione è giusto che nulla si lasci al caso, alla superficialità, perché ad ogni causa segue un effetto ed un semplice gesto o parola che sia, ha un eco eterno negli effetti che scatena.
Dico tutto ciò perché ho compreso attraverso questo ragionamento esposto in breve, quanto sia fondamentale comunicare e agire, poiché anche una semplice nostra parola o gesto possono lasciare un segno incancellabile e profondo nella vita di qualcun altro.
Non ho detto mai al mio insegnante che è stato la mia forza, il mio punto focale, il mio stimolo ad andare avanti in quegli anni di liceo.
Tutti sanno che tragedia si attraversa in quell’età di transizione che è l’adolescenza, in cui cerchi di capire i tuoi mille dubbi e combatti per accettare tutto ciò che ti circonda in bene e in male. Stai per saltare l’ostacolo, stai per uscire dalla porta e rischi proprio in questo punto di perdere i riferimenti per andare avanti.
Non mi sono mai semplificata la vita: la mia indole è la mia condanna e la mia forza. Ancora prima che ne fossi pienamente cosciente, lui mi fece comprendere quanto il mio carattere avrebbe inciso nel mio percorso di vita. Cosi è stato. Ho stampate nella mente tutte le frasi, i piccoli gesti che mi hanno comunicato che non ero sola.
Il mio insegnante non è stato sempre apprezzato e capito dagli allievi; difficile comprendere il suo modo di fare e di apparire. Mi sono sentita, devo dire forse con un po’ di presunzione, privilegiata nel captare quanto fosse prezioso il suo modo di comunicare e di insegnare.
Il compito di un buon insegnante e l’obiettivo finale dovrebbe essere quello di far amare la disciplina insegnata ai propri alunni: io ho amato, al di là che fosse nelle mie inclinazioni, le ore passate a studiare quella materia.
Ringrazio di questo la genuinità e il calore delle sue lezioni, che hanno dato omaggio alla sua disciplina.
Grazie della fiducia, della stima e dell’approvazione che mi ha mostrato!
Sono passati dieci anni dall’ultima volta che il suo sguardo ha incontrato il mio, lasciandomi senza la forza di dire una parola, un saluto, un grazie. Forse ingenuamente ho sempre creduto che eravamo al di sopra delle parole e che le nostre comunicazioni erano segrete e impercettibili e così profondamente intense.
Non so perché, ma accade più spesso di quanto non si immagini, di non riuscire a dire quello che provi alle persone a cui più tieni: riflettendo sugli abbandoni che mi hanno lasciato un vuoto inguaribile nella vita, ho davanti l’immagine di mio padre che sulla porta di un ospedale mi saluta per l’ultima volta mentre mi avvio all’ascensore.
È un momento impresso indelebilmente nel mio animo quello in cui mi voltai per il saluto e con leggerezza, quasi distrattamente, pensai che era l’ultimo: fu un presentimento, uno di quei pochi che nella vita ti fanno per un istante brevissimo veggente del tuo destino.
Riflettere, cercare di frammentare la tua vita, istante per istante, pezzetto per pezzetto per capire il percorso fatto e la strada che hai davanti, frutto di quell’“insieme” che fin qui ha creato questo quadro incompleto, abbozzato; tutto questo ti fa decidere di non bloccarti ai semplici ricordi per lasciarli lì se pensi che qualcosa andava fatto o detto.
Credo che la cosa più difficile nella vita di ognuno sia conquistarsi un posto, un angolino in questa esistenza materiale, che lo faccia sentire bene con sé stesso e con gli altri. Spesso l’impresa più incredibile diventa quella di capire l’unicità e l’importanza che è racchiusa dentro l’essere umano; quella unicità che se compresa davvero ci appagherebbe solo del sentirci vivi, di esistere. Per questa ragione è giusto che nulla si lasci al caso, alla superficialità, perché ad ogni causa segue un effetto ed un semplice gesto o parola che sia, ha un eco eterno negli effetti che scatena.
Dico tutto ciò perché ho compreso attraverso questo ragionamento esposto in breve, quanto sia fondamentale comunicare e agire, poiché anche una semplice nostra parola o gesto possono lasciare un segno incancellabile e profondo nella vita di qualcun altro.
Non ho detto mai al mio insegnante che è stato la mia forza, il mio punto focale, il mio stimolo ad andare avanti in quegli anni di liceo.
Tutti sanno che tragedia si attraversa in quell’età di transizione che è l’adolescenza, in cui cerchi di capire i tuoi mille dubbi e combatti per accettare tutto ciò che ti circonda in bene e in male. Stai per saltare l’ostacolo, stai per uscire dalla porta e rischi proprio in questo punto di perdere i riferimenti per andare avanti.
Non mi sono mai semplificata la vita: la mia indole è la mia condanna e la mia forza. Ancora prima che ne fossi pienamente cosciente, lui mi fece comprendere quanto il mio carattere avrebbe inciso nel mio percorso di vita. Cosi è stato. Ho stampate nella mente tutte le frasi, i piccoli gesti che mi hanno comunicato che non ero sola.
Il mio insegnante non è stato sempre apprezzato e capito dagli allievi; difficile comprendere il suo modo di fare e di apparire. Mi sono sentita, devo dire forse con un po’ di presunzione, privilegiata nel captare quanto fosse prezioso il suo modo di comunicare e di insegnare.
Il compito di un buon insegnante e l’obiettivo finale dovrebbe essere quello di far amare la disciplina insegnata ai propri alunni: io ho amato, al di là che fosse nelle mie inclinazioni, le ore passate a studiare quella materia.
Ringrazio di questo la genuinità e il calore delle sue lezioni, che hanno dato omaggio alla sua disciplina.
Grazie della fiducia, della stima e dell’approvazione che mi ha mostrato!
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